Di quello che sta accadendo dentro Rifondazione, della conta interna al CPN, dell’iconolatria e dell’iconoclastia della falce e martello che saranno usate per semplificare lo schema del congresso di luglio poco m’interessa. Ciò che temo e ciò che m’interessa, quindi, sono i prossimi più che probabili cinque anni di governo Berlusconi. Temo l'impianto valoriale su cui il centrodestra è plasmato ed ancor di più mi spaventa la fotografia del paese venuta fuori con questo voto. Percepisco quel portato valoriale come socialmente e culturalmente dominante e, quindi, in grado di permeare, ma forse è già successo, una parte non irrilevante dell'attuale opposizione parlamentare. So, solamente, che chi è solo lo sarà di più, chi ha poca voce ne avrà ancora meno. So che finanche i nostri corpi, immagino, avranno meno valore in un paese in cui ogni giorno qualcuno crepa sul posto di lavoro, mentre un altro ragazzo, dalle nostre terre, deciderà di partire verso un ipotetico altrove dal profumo di futuro. Avranno meno valore i corpi delle donne la cui ultima parola potrà valere sempre meno perché a vincere, volendo usare le parole di Pasolini, è stato il paese sporco su quello pulito, il paese disonesto su quello onesto, il paese idiota su quello intelligente, il paese ignorante su quello colto, il paese consumistico su quello umanistico. Ma forse, da tempo, non siamo più ciò che crediamo di essere: non così colti, non così intelligenti, non così puliti e forse neppure così onesti, almeno, viste le reazioni alla sconfitta, verso noi stessi. La sinistra ha perso, molti lo stanno dicendo, ma, temo che saranno molti di più coloro che, in un futuro non molto lontano, s’accorgeranno, assieme ad essa, d’essere stati sconfitti. Quelli trascorsi al governo sono stati due anni non esaltanti. Un lungo primo tempo di un film sui sacrifici e sul risanamento dal biglietto troppo caro già visto troppe volte specialmente dal lavoro dipendente. C’eravamo proposti di agire quei punti del programma de l’Unione - lotta alla precarietà, lavoro, nuovi diritti, la pace e le nuove guerre – insieme con i movimenti e con quei pezzi di società che con la sinistra, negli anni del precedente governo Berlusconi, s’erano interrogate. Centoquaranta, tra deputati e senatori, non sono bastati, in questi quasi due anni, a far da argine alle ingerenze di Confindustria e della CEI nell’agenda politica del governo Prodi. Oggi, è stata la sinistra a pagare la distanza mediatica che Veltroni ha voluto guadagnare in campagna elettorale dal precedente governo ed è, ancora, la sinistra che paga il prezzo della torsione verso il bipartitismo che sempre Veltroni impone alla politica italiana agendo sulle viscere di un popolo, quello della sinistra, che oltre a percepire la politica in maniera bipolare è, diversamente dal leader del Pd, fortemente antiberlusconiano. Gioco facile, poi, il richiamo al voto utile. Per la sinistra è stata dura, durissima, fatale, la stretta della tenaglia “unità – radicalità” che da prima del ’98 si porta appresso. Cioè, contemporaneamente, i nostri stessi interlocutori ci chiedevano di essere unitari prima tra le forze della sinistra, con l’arcobaleno, tra mille limiti, l’abbiamo fatto, e, poi, del centrosinistra, Veltroni non ha voluto, ma anche, ecco che tornano le nuove congiunzioni dell’impossibile, “radicali” nelle politiche da determinare per i ceti ed i gruppi sociali di riferimento.
Oggi la sinistra politica non è in parlamento. L’Italia pacificata descritta da Veltroni a Spello non esiste. Tolta di mezzo la sinistra, Montezemolo chiede, adesso, la testa dei sindacati. Lo fa, proprio, agendo quel “patto tra produttori” che Veltroni con le candidature di Boccuzzi, l’operaio, e di Calearo, il capo di Federmeccanica, aveva rappresentato nelle liste del Pd. E’ dal ’97 che sappiamo che il voto degli operai della Fiom di Brescia, sempre con maggiore insistenza, guarda alla Lega. Purtroppo, non scopriamo una novità. Come non è una novità, quando in Irpinia, dove la Fiom è spesso minoranza, pur non essendoci crisi o vertenza di fabbrica che non abbia visto la presenza di Rifondazione al fianco dei lavoratori, scopriamo di non essere sostenuti in maniera soddisfacente da quel voto perché, troppo spesso, l’accesso al lavoro è mediato dalla politica o filtrato dai sindacati, quelli maggioritari nelle RSU o comunque filo-padronali, col risultato che una fetta ampia di quelle lavoratrici e di quei lavoratori risponde, sul voto, a tutt’un’altra chiamata. Eppur bisognerà esserci. Bisognerà costruire la sinistra proprio a partire da un contatto nuovo con le vertenze sociali dei territori. Si dovrà ricominciare, da chi vorrà esserci, da chi potrà esserci, ed il nostro cammino, ancora una volta, sarà quello più lungo. La sinistra, come un Cristo della post-modernità, avrà bisogno di stimmate e di nuove ferite sul costato a testimoniare la condivisione delle sofferenze e delle speranze di un popolo che per riconoscersi vorrà toccare quelle piaghe e quelle carni che, solo allora, percepirà come autentiche. Ricominciamo dal basso, da quei luoghi che durante i giorni di questa campagna elettorale, comunque, abbiamo provato ad attraversare. E’ lì che bisognerà essere perché è da quei posti che arriveranno le vecchie e le nuove domande. E, solo se ci saremo, potremo offrire, nuovamente, la nostra risposta.
Generoso Bruno
Oggi la sinistra politica non è in parlamento. L’Italia pacificata descritta da Veltroni a Spello non esiste. Tolta di mezzo la sinistra, Montezemolo chiede, adesso, la testa dei sindacati. Lo fa, proprio, agendo quel “patto tra produttori” che Veltroni con le candidature di Boccuzzi, l’operaio, e di Calearo, il capo di Federmeccanica, aveva rappresentato nelle liste del Pd. E’ dal ’97 che sappiamo che il voto degli operai della Fiom di Brescia, sempre con maggiore insistenza, guarda alla Lega. Purtroppo, non scopriamo una novità. Come non è una novità, quando in Irpinia, dove la Fiom è spesso minoranza, pur non essendoci crisi o vertenza di fabbrica che non abbia visto la presenza di Rifondazione al fianco dei lavoratori, scopriamo di non essere sostenuti in maniera soddisfacente da quel voto perché, troppo spesso, l’accesso al lavoro è mediato dalla politica o filtrato dai sindacati, quelli maggioritari nelle RSU o comunque filo-padronali, col risultato che una fetta ampia di quelle lavoratrici e di quei lavoratori risponde, sul voto, a tutt’un’altra chiamata. Eppur bisognerà esserci. Bisognerà costruire la sinistra proprio a partire da un contatto nuovo con le vertenze sociali dei territori. Si dovrà ricominciare, da chi vorrà esserci, da chi potrà esserci, ed il nostro cammino, ancora una volta, sarà quello più lungo. La sinistra, come un Cristo della post-modernità, avrà bisogno di stimmate e di nuove ferite sul costato a testimoniare la condivisione delle sofferenze e delle speranze di un popolo che per riconoscersi vorrà toccare quelle piaghe e quelle carni che, solo allora, percepirà come autentiche. Ricominciamo dal basso, da quei luoghi che durante i giorni di questa campagna elettorale, comunque, abbiamo provato ad attraversare. E’ lì che bisognerà essere perché è da quei posti che arriveranno le vecchie e le nuove domande. E, solo se ci saremo, potremo offrire, nuovamente, la nostra risposta.
Generoso Bruno
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