«Buona fortuna» augura Fausto Bertinotti a qualche compagno che lo saluta all'Hard Rock Cafè. Sono circa le 20 e il pomeriggio appena passato sembra lontanissimo. Al cafè preferito dai turisti americani, nel locale che per un giorno si è trasformato in sala stampa della Sinistra Arcobaleno, apposta per aspettare l'esito delle urne, l'atmosfera è funerea (proprio così, perchè negarlo?). Lo è alle 20, quando il candidato premier arriva dai giornalisti. Prima, nel pomeriggio appunto, nonostante i magri risultati esibiti da exit poll e proiezioni sul Senato, il clima non era allegro ma nemmeno catastrofico. Le proiezioni della Camera (al momento in cui scriviamo la Sinistra Arcobaleno non raggiunge il quorum necessario per eleggere deputati, il 4 per cento) seminano il panico. Il «buona fortuna» di Bertinotti se lo augurano con gli occhi un po' tutti gli addetti stampa, i tecnici: chi lavora con la sinistra perchè ci crede e in un attimo vi vede scaraventato nell'angolo, potenzialmente extraparlamentare. «Sapevamo che volevano eliminarci e con noi eliminare il legame tra problemi sociali e politica, ma mai avremmo pensato a un risultato del genere: hanno usato il napalm?». E' la riflessione che va per la maggiore all'Hard Rock Cafè. Si pensa al futuro. Tutto da costruire.Bertinotti non ha dubbi sulla necessità di andare avanti sul cammino della Sinistra Arcobaleno. Con lui, il segretario del Prc Franco Giordano: «La sconfitta è innegabile. Si è determinata una fortissima polarizzazione e una astensione dal voto. Purtroppo è il sistema americano che rischia di prendere campo in questo paese, un sistema fondato su due forze politiche, che hanno fatto l'en plein, e sulla disaffezione al voto». E c'è anche l'autocritica: il soggetto unitario della sinistra andava «costruito prima e meglio - dice Giordano - Oggi pazientemente dobbiamo ricostruirlo nella società, perchè questa è l'unica possibilità per contrastare il processo di americanizzazione, che vorrebbe far sparire tutte le voci critiche rispetto al capitalismo attuale». Alfonso Gianni, dirigente del Prc, spiega la sua «idea personale: lanciare subito un appello per una costituente della sinistra, contare insomma chi ci sta, nei partiti e nella società». Il momento è storico, continua l'ex sottosegretario: «In Italia la sinistra sociale è sempre stata forte e ha sempre sofferto nelle istituzioni. C'è stata anche la conventio ad excludendum contro i comunisti. Ora, questo voto cambia tutto: non c'è più una forza di sinistra in Parlamento, è inedito». Convinta di non abbandonare il progetto anche Titti Di Salvo di Sd: «Deve andare avanti anche se si perdono dei pezzi. Il dato è negativo - prosegue - in Parlamento avremo una solida maggioranza di Berlusconi e la Lega: nessuno può stare tranquillo». «Il paese è nelle mani di Bossi», si preoccupa Giovanni Russo Spena del Prc. «La nostra sconfitta è uno shock per il Paese», dice Gennaro Migliore. Per Cesare Salvi di Sd la sinistra è apparsa come un «cartello elettorale», ora bisogna «riaprire un ragionamento con il Partito socialista per ricostruire una sinistra moderna e innovatrice». Il leader Verde Alfonso Pecoraro Scanio annuncia il «congresso straordinario» del partito. «Campagna elettorale troppo ancorata al passato: va aperta una riflessione», si limita a dire Angelo Bonelli dei Verdi. Il Pdci parla poco nel giorno della disfatta, ma lascia trapelare tra le agenzie di stampa che la scelta di non presentarsi con gli altri partners di sinistra all'Hard Rock Cafè è consapevole. Insomma, si smarca limitandosi a ripetere, per voce di Sgobio, il solito refrain sulla falce e martello: «Non c'era nel simbolo e questo ci ha penalizzato». Claudio Grassi di Essere Comunisti chiede «subito il congresso del Prc», Leonardo Masella dell'Ernesto addossa le colpe a Bertinotti («Ha distrutto la sinistra»), Ramon Mantovani del Prc dice che «bisogna ripartire da Rifondazione». Ma in realtà, di fronte a un risultato così "ghettizzante", si dissolvono (almeno ieri, oggi vedremo) gli intenti battaglieri dei più scettici sul soggetto unitario a sinistra. «Se non c'è margine, non c'è margine per nessuno - fa notare il Verde Paolo Cento - Dove vanno gli scettici? Non c'è spazio per tornare indietro: si vuole essere più marginali di così? Va ricostruito l'insediamento sociale della sinistra». Sulla sconfitta riflette molto il governatore pugliese Nichi Vendola. Rassicura sulla sua regione: «Il voto non apre una crisi in Puglia». Fa chiarezza: «Il tema che abbiamo di fronte non è quello del leader, ma di ricostruire un'area». Detto questo, «la proporzione della sconfitta è tale che un gruppo dirigente, nel quale mi colloco, deve assumersene la responsabilità senza cercare capri espiatori», ragiona il governatore. Si è compiuta la «fuoriuscita dal '900», non ci sono «comunisti, socialisti in Parlamento». Un vero e proprio «terremoto politico e non ce ne siamo accorti. Non c'è enclave, nulla, nessuna regione che abbia tenuto. Siamo stati percepiti come un residuo privo di profilo programmatico e progettuale rispetto alla configurazione del bipolarismo. Penso che l'errore fondamentale sia stato non aver percepito la profondità di tale rischio». Adesso «la salvezza della sinistra è l'opera cui siamo chiamati: bisogna far convergere tutte le forze che non sono disponibili a seppellire l'esperienza storica della sinistra politica in Italia. E' il momento in cui bisogna darsi grande coraggio, grande determinazione per riprendere a ricostruire una rete».
15/04/2008
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