domenica 10 febbraio 2008

La Fabbrica dell'Arcobaleno

La Fabbrica dell'Arcobaleno

Forum promosso da Hirpinia Link(e) sulla città di Avellino.
Costruiamo una rete di idee e di soggetti capaci di ripensare il tema del cambiamento per il capoluogo irpino. Connettere bisogni e desideri all'idea della trasformazione, nella sincerità di una riflessione fuori dalle attuali geometrie della politica e del palazzo.
Cominciamo a pensare insieme al "dopogalasso"...
Invia il tuo contributo a: hirpinialinke@yahoo.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

La fabbrica dell'arcobaleno...

Car* compagn* niente può essere più complesso... Produrre l'arcobaleno significa connettere tutti gli elementi vitali... Acqua, aria, terra... Quelli che abitualmente chiamiamo e difendiamo come "beni comuni"... L'arcobaleno, poi, politicamente ci riporta alle tante bandiere della pace che, negli anni passati hanno colorato il movimento e, così diffusamente, le nostre città... L'arcobaleno, poi, applicato all'idea stessa di città diventa la necessità di un cambiamento in una connessione tra bisogni, sogni e desiderti... Non è facile ma, da qualche parte, bisogna pur partire...
Sperando possa essere utile alla nostra riflessione allego un pezzo che nelle settimane passate ha trovato pubblicazione sulle pagine di buongiorno irpinia...
Cari saluti.
G.

"E’ da settimane che per il Comune di Avellino si parla di verifica politica, di toto assessori e di nuove nomine che, senza coraggio, dovranno riprodurre, nello schema della squadra di governo, il bilancino dei rapporti di forza e di peso specifico delle componenti interne al Pd irpino. A sinistra, in una magia tutta aggettivante, si comincia a parlare di centrosinistra alternativo per il 2009.
Mi piacerebbe, invece, che si cominciasse finalmente a parlare di “dopo” Galasso per una alternativa di città; in quanto ritengo possibile poter rappresentare uno scenario d’innovazione rispetto a ciò che c’è, la città, appunto, e non, invece, rispetto ad una cosa che non esiste come il centrosinistra ad Avellino, nella consapevolezza che, a reggere le sorti del capoluogo irpino non c’è una coalizione di governo costruita sul rapporto tra il centro e la sinistra ma un sostanziale monocolore di un Pd di marca neo-democristiana entro cui il ruolo della sinistra si è risolto, esclusivamente, mediante una cessione di quote di sovranità al vecchio partito del fiorellino.
A sfogliare l’opuscolo del PICA, che presentando il pregio di una ricostruzione virtuale di una Avellino “second life”, si avverte la sensazione di essere proiettati altrove, lontano, lontano dalla città che conosciamo, in un altro posto entro cui un “avatar”, un cittadino, appunto,di questa “second life”, non ha bisogno di sopravvivere agli umori del “palazzo” coltivando piccoli spazi, quasi degli interstizi, di resistenza ove poter a malapena testimoniare, per un’intera comunità, la possibilità di una cittadinanza di tutt’altro tipo.
Ma, qui, nella sola Avellino che conosciamo, è di resistenza che, invece, si tratta, cioè di tanti piccoli segmenti di esistenza urbana che ancora non riescono, consapevolmente, a comporsi in maniera sistemica per farsi alternativa collettiva e praticabile.
Il centrosinistra delle passate amministrazioni, in parte, aveva favorito, se non la partecipazione alle scelte di governo, almeno l’esistenza di una possibilità e di una speranza di cambiamento tali da determinare l’idea di una cittadinanza più compiuta e, quindi, meglio capace di tenere assieme il “palazzo” a quelle spinte che, al di fuori degli interessi, volevano produrre innovazione, partecipazione e cambiamento.
Con il governo Galasso siamo giunti ad un restringimento di campo nei termini della praticabilità, e, solo puramente formale, resta l’enunciazione, sempre nell’opuscolo del Progetto Integrato Città di Avellino, del “corretto canone di continuità con il passato” specie se riferito all’idea di città presente dentro l’architettura politica ed istituzionale che ha costruito il finanziamento di tanti interventi nel capoluogo irpino, mentre, più saldo e più volgare appare il rapporto con quell’idea di città frutto della “mutazione antropologica”, per dirla con il pasoliniano processo alla Dc, dei governi del dopoterremoto.
Galasso scrive di voler “restituire la città ai cittadini”, ma qual è la città di Galasso? Quella governata insieme ai campioni delle aste fallimentari, quella di qualche fetta di territorio offerta dal PUC a qualche impresa, quella dei mille ingranaggi del consenso elettorale o quella, in riferimento alle città senza passato raccontate da Albert Camus, che, colpevolmente, “da principio” ti “immobilizza”, ti “priva di domande e per finire” ti “assopisce nella vita di tutti i giorni”?
Lo scenario non è dei migliori la troppa politica, quella colpevole di aver deciso troppo di tutto, non ha permesso il crescere ed il consolidarsi di una classe dirigente diffusa, quella delle professioni, quella del sindacato e del lavoro, capace di uscire da una visione soggiacente e subordinata al potere politico ed anche oggi, che il cinghiale ha abbandonato la selva, con la perdita di peso specifico del potere dell’Irpinia sullo scacchiere della politica nazionale ci ritroviamo proiettati in una fase di pericolosa normalizzazione del nostro territorio rispetto al resto della Campania e del Mezzogiorno sia nei livelli di potere istituzionale e sia negli interessi più o meno occulti dei poteri criminali.
Le serrande di alcuni esercizi commerciali saltate in queste notti, i roghi in alcuni cantieri, la preoccupazione su come i fondi europei 2007/09 saranno spesi, i ribassi nelle gare per i lavori pubblici ci testimoniano la fine di un’Irpinia vista come un’anomala enclave nel resto del martoriato territorio campano in cui la camorra, se c’era, direbbe, purtroppo, ancora qualcuno, al più era qui per riciclare danaro in qualche attività marginale rispetto al sistema Irpinia.
Oggi le cose sono cambiate e certi “affari” hanno bisogno di un nuovo controllo del territorio ed è per questa via che l’Irpinia diventa nuova frontiera per la criminalità organizzata e nuovo terreno di conquista. Tutto ciò, ecco il vero dramma, senza alcuna capacità d’indignazione e d’intervento di quella che, altrove, un tempo, veniva chiamata classe dirigente, borghesia illuminata o, oggi, ceto medio riflessivo o, comunque, senza l’allarme di quei pezzi e di quelle parti di un tessuto sociale consapevole e capace non più solo di resistere ma di segnalare alcune delle priorità sull’agenda di una politica che, ancora molto di tutto questo nega".

Generoso Bruno*



*Responsabile -PRC Campania- della SINISTRA EUROPEA