1 novembre ore 10 manifestazione indetta dalla II circoscrizione e dai cittadini di Borgo Ferrovia e di Pianodardine sulla bonifica dall'amianto degli stabilimenti dell'ex-Isochimica.
Concentamento a Borgo Ferrovia presso la chiesa di S.Francesco e prosecuzione fino allo stabilimento dell'Ex-Isochimica.
Generoso Bruno: Ex-Isochimica, c'è una città che non delega sulla salute.
"Utile e necessario, in questa fase, il coinvolgimento e l'attenzione popolare su scelte che riguardano, così da vicino, la vita di un quartiere e dei suoi cittadini.
Tante volte dai banchi del consiglio comunale, da Rifondazione Comunista e dalla Sinistra, sono stati prodotti interventi per favorire sia la bonifica - da effettuare in sicurezza come se, per la pericolosità dei materiali e dei veleni lì sepolti, si trattasse di una discarica - e sia riguardanti lo screening ed il controllo sanitario degli ex-dipendenti dell'Isochimica, delle loro famiglie e dei residenti di Borgo Ferrovia. Contribuendo, così, in più di una circostanza, affinchè il Comune di Avellino - amministrazione Di Nunno - evitasse, senza le opportune garanzie d'intervento nella bonifica, l'avvio di procedure di riconversione dell'area. In questi anni, in altre sedi, inascoltato, ho avuto modo di esprimere dei dubbi riguardo l'affidabilità, ai fini della bonifica, dei soggetti indicati, negli ultimi giri, dal walzer giudiziario. Non condivido lo scarso coinvolgimento dell' amministrazione comunale riguardo i destini dell'area dell' ex-Isochimica quasi come se le scelte dei Tribunali e degli Organi del fallimento, da sole, potessero garantire la salute dei residenti e le scelte relative al futuro di un territorio. Domani sarà importate esserci per testimoniare l'esistenza di una città che non delega ma che vuole essere partecipe delle scelte".
Generoso Bruno - Prc/Se - Segreteria Provinciale
venerdì 31 ottobre 2008
Il pane e le rose, appunti sulla crisi della Sinistra.
di Gennaro M. Imbriano
Cosa ci fa -mi chiedo- Rifondazione Comunista a vendere il pane?
Mi interrogo se è così che si riparte dal basso-a sinistra. Soprattutto se è giusto che sia questa la nostra principale campagna d’autunno nel pieno di una imponente crisi economica, mentre monta l’Onda delle proteste studentesche. Oppure se non si tratta, invece, dell’ennesimo segnale di un Partito che, al di là delle apparenze, si allontana sempre più dalla società e dalla comprensione dei processi che la attraversano, incapace di intercettare i sogni i bisogni e i desideri che la abitano.
C’è da riflettere seriamente se, mentre il Prc è impegnato nei mercati a fare la concorrenza alla social card del Ministro Tremonti, è il movimento degli studenti che mette a fuoco la vera questione politica che oggi abbiamo davanti nel nostro Paese.
Con lo slogan “la vostra crisi non la paghiamo”, si evidenzia efficacemente la contraddizione che vive la politica del Governo delle destre: da una parte i tagli alla scuola e alla ricerca,e più in generale allo stato sociale, dall’altra il pronto soccorso ai bilanci in rosso di banche e speculatori finanziari. La destra l’ha capito perfettamente: non arrivano per caso i consigli di Cossiga a Maroni, le minacce di Berlusconi e i gravissimi episodi di Piazza Navona.
Sono stati gli studenti, con le loro mobilitazioni, una volta che la crisi e la recessione hanno consentito di infrangere i tabù del liberismo, a porre una domanda eminentemente politica: “quale intervento pubblico?”.
Lo hanno scritto, nei giorni scorsi, anche Rossanda e Bertinotti: “la sinistra scompare se di fronte alla più grossa crisi del capitalismo non sa che cosa proporre”.
È proprio così. Va fatta vivere su questo punto la riflessione e l’iniziativa della sinistra.
Sono stati i ceti sociali più deboli -lavoratori, precari, disoccupati, pensionati- a pagare il prezzo più alto delle politiche neoliberiste in questi vent’anni di lacrime e sangue inaugurati da Reagan e Thatcher. Lo afferma l’Ocse, con particolare riferimento all’Italia, il Paese in cui sono più aumentate le diseguaglianze. Ed è su quegli stessi soggetti che ora Berlusconi e Tremonti vorrebbero scaricare il peso terribile della crisi.
Di fronte a questo, fare la guerra dei prezzi al panettiere dietro l’angolo è, nel migliore dei casi, riduttivo. La sinistra, invece, dovrebbe ragionare sulla crisi della finanza e dell’economia, mettendo in campo proposte politiche e conflitti sul contenimento dei prezzi ma soprattutto sull’aumento degli stipendi e della domanda aggregata, su un nuovo intervento pubblico nell’economia e nel Mezzogiorno, su un moderno welfare che contrasti vecchie povertà e nuove esclusioni.
Il nostro posto, dunque, è innanzitutto davanti a scuole e università, e anche nei mercati e nelle tante periferie, per far vivere questioni con un forte potenziale egemonico, provando ad aggregare ciò che il capitale scompone e disarticola ogni giorno. Non solo difesa della scuola, ma anche una campagna, una mobilitazione per l’introduzione del reddito di cittadinanza.
Finanche il Parlamento Europeo, quasi all’unanimità, lo scorso 9 ottobre, ha approvato una risoluzione presentata dalla deputata della Linke, Gabriele Zimmer, in cui si invitano “gli Stati membri a definire meccanismi di reddito garantito”.
È questo uno dei terreni che in prospettiva può unire le rivendicazioni degli studenti e dei precari, dei lavoratori e dei disoccupati. Non solo una lotta per il reddito ma anche per casa, istruzione, cultura, socialità. Non solo il pane, quindi, ma anche le rose!
Penso sia decisivo e prioritario per la sinistra il tentativo di ricomporre una società frantumata, attraversata sempre di più dalla paura e dalle solitudini, in cui trovano terreno fertile le destre e le guerre tra poveri.
Cosa ci fa -mi chiedo- Rifondazione Comunista a vendere il pane?
Mi interrogo se è così che si riparte dal basso-a sinistra. Soprattutto se è giusto che sia questa la nostra principale campagna d’autunno nel pieno di una imponente crisi economica, mentre monta l’Onda delle proteste studentesche. Oppure se non si tratta, invece, dell’ennesimo segnale di un Partito che, al di là delle apparenze, si allontana sempre più dalla società e dalla comprensione dei processi che la attraversano, incapace di intercettare i sogni i bisogni e i desideri che la abitano.
C’è da riflettere seriamente se, mentre il Prc è impegnato nei mercati a fare la concorrenza alla social card del Ministro Tremonti, è il movimento degli studenti che mette a fuoco la vera questione politica che oggi abbiamo davanti nel nostro Paese.
Con lo slogan “la vostra crisi non la paghiamo”, si evidenzia efficacemente la contraddizione che vive la politica del Governo delle destre: da una parte i tagli alla scuola e alla ricerca,e più in generale allo stato sociale, dall’altra il pronto soccorso ai bilanci in rosso di banche e speculatori finanziari. La destra l’ha capito perfettamente: non arrivano per caso i consigli di Cossiga a Maroni, le minacce di Berlusconi e i gravissimi episodi di Piazza Navona.
Sono stati gli studenti, con le loro mobilitazioni, una volta che la crisi e la recessione hanno consentito di infrangere i tabù del liberismo, a porre una domanda eminentemente politica: “quale intervento pubblico?”.
Lo hanno scritto, nei giorni scorsi, anche Rossanda e Bertinotti: “la sinistra scompare se di fronte alla più grossa crisi del capitalismo non sa che cosa proporre”.
È proprio così. Va fatta vivere su questo punto la riflessione e l’iniziativa della sinistra.
Sono stati i ceti sociali più deboli -lavoratori, precari, disoccupati, pensionati- a pagare il prezzo più alto delle politiche neoliberiste in questi vent’anni di lacrime e sangue inaugurati da Reagan e Thatcher. Lo afferma l’Ocse, con particolare riferimento all’Italia, il Paese in cui sono più aumentate le diseguaglianze. Ed è su quegli stessi soggetti che ora Berlusconi e Tremonti vorrebbero scaricare il peso terribile della crisi.
Di fronte a questo, fare la guerra dei prezzi al panettiere dietro l’angolo è, nel migliore dei casi, riduttivo. La sinistra, invece, dovrebbe ragionare sulla crisi della finanza e dell’economia, mettendo in campo proposte politiche e conflitti sul contenimento dei prezzi ma soprattutto sull’aumento degli stipendi e della domanda aggregata, su un nuovo intervento pubblico nell’economia e nel Mezzogiorno, su un moderno welfare che contrasti vecchie povertà e nuove esclusioni.
Il nostro posto, dunque, è innanzitutto davanti a scuole e università, e anche nei mercati e nelle tante periferie, per far vivere questioni con un forte potenziale egemonico, provando ad aggregare ciò che il capitale scompone e disarticola ogni giorno. Non solo difesa della scuola, ma anche una campagna, una mobilitazione per l’introduzione del reddito di cittadinanza.
Finanche il Parlamento Europeo, quasi all’unanimità, lo scorso 9 ottobre, ha approvato una risoluzione presentata dalla deputata della Linke, Gabriele Zimmer, in cui si invitano “gli Stati membri a definire meccanismi di reddito garantito”.
È questo uno dei terreni che in prospettiva può unire le rivendicazioni degli studenti e dei precari, dei lavoratori e dei disoccupati. Non solo una lotta per il reddito ma anche per casa, istruzione, cultura, socialità. Non solo il pane, quindi, ma anche le rose!
Penso sia decisivo e prioritario per la sinistra il tentativo di ricomporre una società frantumata, attraversata sempre di più dalla paura e dalle solitudini, in cui trovano terreno fertile le destre e le guerre tra poveri.
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Lettera ad una studentessa.
di Nichi Vendola - Liberazione
Non hai un solo nome, sei un soggetto plurimo, sei una moltitudine, sei maschile e femminile. Eppure voglio scriverti pensandoti come un singolo, anzi come una singola.
Si, come una studentessa: e non certo per pelosa galanteria, ma perché la "cosa" che incarni è così poco militarizzata e gerarchizzata che mi offre una declinazione al "femminile" dei pensieri che mi ispiri.
E dunque, cara studentessa anti-Gelmini: ti spio, ti annuso, provo a decifrare il tuo lessico, cerco di indovinare i tuoi gusti e le tue passioni. Hai la faccia anche della mia piccola Ida, che è andata al suo battesimo con la piazza con la serietà con cui ci si presenta ad un esame scolastico. Il suo primo corteo. Mi sono imposto, per una questione di igiene politica, di non fare paragoni (il 68, il 77, l '85, la pantera): quei paragoni che dicono molto della nostra vecchiezza e poco della giovinezza di chi compone le forme nuove della ribellione al potere. Ho cercato di non sovrapporre la mia epopea, la mia biografia, la mia ideologia, al corpo sociale che tu rappresenti, al processo culturale che tu costruisci, alla radicale contraddizione che tu fai esplodere con la fantasia e il sarcasmo dei tuoi codici comunicativi e della tua contro-informazione. Tu sei, seppure ancora appesa a più fili di adolescenza, una domanda matura e irriducibile di democrazia: e hai capito che per non essere ridotta alla volgarità del tele-voto e della pubblicità, la democrazia non può che vivere e rigenerarsi nel rapporto con le culture, nella socializzazione dei saperi critici, nella ri-tessitura quotidiana delle reti di incivilimento e dei nodi di convivialità. La scuola è il fondamento di ogni democrazia. Lo è quando insegna ai bimbi delle elementari l'elementare rispetto per ogni essere umano: precetto che forse evaporerebbe in qualche istituto scolastico di rito padano. Lo è quando riannoda i fazzoletti della memoria storica e tramanda narrazioni, saperi e valori. Lo è anche quando la scuola fuoriesce da sé, straripa nel conflitto politico-sociale, invade la piazza, trasferisce la cattedra sul marciapiede, proietta le proprie attitudini pedagogiche sui territori, rompe la separatezza dei suoi microcosmi e investe con domande di senso l'intera società. Dimmi che scuola hai e ti dirò che società sei. C'è chi immagina, anzi c'è chi vuole apparati della formazione che preparino alla precarietà esistenziale e produttiva: e dunque servono scuole e università dequalificate.
Le classi dirigenti (forse è più appropriato dire "classi dominanti") si riproducono invece per partenogenesi, ben protette in quei laboratori della clonazione sociale che sono scuole e università private.
Cara studentessa, queste cose tu le hai scoperte con semplicità, le hai spiegate alla tua famiglia, le hai narrate con compostezza nelle assemblee, hai rivendicato la tua centralità (la centralità della pubblica istruzione) contro chi "cogliendo l'attimo" dell'egemonia berlusconiana voleva e vuole di colpo annullare un secolo di battaglia delle idee, di esperienze gigantesche di riorganizzazione sociale e scolastica: hai ben compreso che la Gelmini non è folclore, ma è il punto più insidioso dell'offensiva della destra, è una sorta di don Lorenzo Milani rovesciato, è l'apologia di un "piccolo mondo antico" abitato da voti in condotta e grembiulini monocromatici dietro la cui scenografia ottocentesca si muove la modernità barbarica del mercato: che non ha bisogna di individui colti, e liberi perché padroni delle conoscenze, ma ha bisogno di piccole libertà in forma di merce per individui ammaestrati alla competizione e diseducati alla cooperazione.
Carissima studentessa, la lezione più importante che ho appreso studiando le vicende del secolo in cui sono nato è che l'obbedienza non è una virtù assoluta. Se è ossequio ad un potere cieco, ad un codice violento, ad un paradigma di morte, allora bisogna ribellarsi, allora bisogna scegliere le virtù civiche della disobbedienza. Non si può obbedire alla politica del cinismo affaristico e classista. Al contrario, dobbiamo cercare la politica che ci aiuta ad essere la forza ostetrica che fa nascere il futuro.
Volevo ringraziarti perché, spiandoti e annusandoti, non ho pensato: questa qui è dalla mia parte. Ho pensato che la mia parte (stavo per dire il mio partito) è nello spazio riempito dai tuoi gesti, dalle tue parole, dalla forza inaudita di tutte le tue libertà.
Non hai un solo nome, sei un soggetto plurimo, sei una moltitudine, sei maschile e femminile. Eppure voglio scriverti pensandoti come un singolo, anzi come una singola.
Si, come una studentessa: e non certo per pelosa galanteria, ma perché la "cosa" che incarni è così poco militarizzata e gerarchizzata che mi offre una declinazione al "femminile" dei pensieri che mi ispiri.
E dunque, cara studentessa anti-Gelmini: ti spio, ti annuso, provo a decifrare il tuo lessico, cerco di indovinare i tuoi gusti e le tue passioni. Hai la faccia anche della mia piccola Ida, che è andata al suo battesimo con la piazza con la serietà con cui ci si presenta ad un esame scolastico. Il suo primo corteo. Mi sono imposto, per una questione di igiene politica, di non fare paragoni (il 68, il 77, l '85, la pantera): quei paragoni che dicono molto della nostra vecchiezza e poco della giovinezza di chi compone le forme nuove della ribellione al potere. Ho cercato di non sovrapporre la mia epopea, la mia biografia, la mia ideologia, al corpo sociale che tu rappresenti, al processo culturale che tu costruisci, alla radicale contraddizione che tu fai esplodere con la fantasia e il sarcasmo dei tuoi codici comunicativi e della tua contro-informazione. Tu sei, seppure ancora appesa a più fili di adolescenza, una domanda matura e irriducibile di democrazia: e hai capito che per non essere ridotta alla volgarità del tele-voto e della pubblicità, la democrazia non può che vivere e rigenerarsi nel rapporto con le culture, nella socializzazione dei saperi critici, nella ri-tessitura quotidiana delle reti di incivilimento e dei nodi di convivialità. La scuola è il fondamento di ogni democrazia. Lo è quando insegna ai bimbi delle elementari l'elementare rispetto per ogni essere umano: precetto che forse evaporerebbe in qualche istituto scolastico di rito padano. Lo è quando riannoda i fazzoletti della memoria storica e tramanda narrazioni, saperi e valori. Lo è anche quando la scuola fuoriesce da sé, straripa nel conflitto politico-sociale, invade la piazza, trasferisce la cattedra sul marciapiede, proietta le proprie attitudini pedagogiche sui territori, rompe la separatezza dei suoi microcosmi e investe con domande di senso l'intera società. Dimmi che scuola hai e ti dirò che società sei. C'è chi immagina, anzi c'è chi vuole apparati della formazione che preparino alla precarietà esistenziale e produttiva: e dunque servono scuole e università dequalificate.
Le classi dirigenti (forse è più appropriato dire "classi dominanti") si riproducono invece per partenogenesi, ben protette in quei laboratori della clonazione sociale che sono scuole e università private.
Cara studentessa, queste cose tu le hai scoperte con semplicità, le hai spiegate alla tua famiglia, le hai narrate con compostezza nelle assemblee, hai rivendicato la tua centralità (la centralità della pubblica istruzione) contro chi "cogliendo l'attimo" dell'egemonia berlusconiana voleva e vuole di colpo annullare un secolo di battaglia delle idee, di esperienze gigantesche di riorganizzazione sociale e scolastica: hai ben compreso che la Gelmini non è folclore, ma è il punto più insidioso dell'offensiva della destra, è una sorta di don Lorenzo Milani rovesciato, è l'apologia di un "piccolo mondo antico" abitato da voti in condotta e grembiulini monocromatici dietro la cui scenografia ottocentesca si muove la modernità barbarica del mercato: che non ha bisogna di individui colti, e liberi perché padroni delle conoscenze, ma ha bisogno di piccole libertà in forma di merce per individui ammaestrati alla competizione e diseducati alla cooperazione.
Carissima studentessa, la lezione più importante che ho appreso studiando le vicende del secolo in cui sono nato è che l'obbedienza non è una virtù assoluta. Se è ossequio ad un potere cieco, ad un codice violento, ad un paradigma di morte, allora bisogna ribellarsi, allora bisogna scegliere le virtù civiche della disobbedienza. Non si può obbedire alla politica del cinismo affaristico e classista. Al contrario, dobbiamo cercare la politica che ci aiuta ad essere la forza ostetrica che fa nascere il futuro.
Volevo ringraziarti perché, spiandoti e annusandoti, non ho pensato: questa qui è dalla mia parte. Ho pensato che la mia parte (stavo per dire il mio partito) è nello spazio riempito dai tuoi gesti, dalle tue parole, dalla forza inaudita di tutte le tue libertà.
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martedì 28 ottobre 2008
L'Italia si scopre egoista: Parità negata.
Il Corriere della Sera grida all'emergenza e pubblica il rapporto del Viminale secondo il quale nel secondo semestre del 2007 in Italia sono stati commessi 308 omicidi.
Il 9,5% per mano della criminalità organizzata, il 39,7% da delinquenti comuni, il 21,9% per dissidi familiari o per motivi passionali.
Nel primo semestre del 2008, mentre l'indice dei delitti diminuisce di 10 punti aumenta la percentuale degli omicidi compiuti in famiglia che sale al 24,7%; insomma un delitto su quattro è avvenuto tra le mura domestiche. Il rapporto specifica che nella maggioranza dei casi è il coniuge, il convivente o il fidanzato ad uccidere la propria compagna.
In Italia si muore o meglio le donne muoiono più per mano dei propri compagni o ex compagni che per cancro.
Lo Stato risulta essere incapace, nonostante un Ministero per le pari opportunità, di garantire alle donne lavori dignitosi e servizi adeguati che permettano loro di essere indipendenti anche economicamente, di crescere con tranquillità i loro figli e di liberarsi dal padre-padrone di turno. Discriminate, vessate quando vogliono diventare madri, le donne italiane sono in Europa quelle che meno di tutte hanno un lavoro, tanto che Bruxelles ha imposto all'Italia che il 10% dei suoi fondi sia destinato alla realizzazione di una vera parità.
Quanta parte della spesa pubblica va alle donne?
Quante delle leggi a tutela della parità sono poi effettivamente applicate?
A questo si aggiungono le difficoltà strutturali della società italiana: il 73% del lavoro familiare cade sulle spalle delle donne, la rete dei servizi per la prima infanzia è scarsa (solo il 10% dei bambini va all'asilo nido) e c'è poca flessibilità nei posti di lavoro. Il risultato finale è che una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio. E mentre tutti, compresi i politici, parlano ormai del ruolo fondamentale che le donne dovrebbero svolgere in ogni settore, anche in politica, le opportunità sono pari solo nel titolo del Ministero, quello con la Ministra tanto carina.
Un Paese egoista, come l'Italia, ha trasformato il nostro ruolo e le nostre capacità in veri e propri ammortizzatori sociali. Gli uomini che non hanno "la predisposizione a curare gli altri" fanno gli straordinari e anche carriera, le donne devono ancora aspettare. E di strada da fare ce n´è ancora tanta.
Componenti Segreteria provinciale Prc:
Cinzia Spiniello - coordinatrice area “Rifondazione per la Sinistra”
Rossella Iacobucci- responsabile diritti civili e questione di genere
Maria Grazia Valentino-responsabile enti locali e mezzogiorno
Giuseppina Buscaino-responsabile politiche sociali e solidarietà
Il 9,5% per mano della criminalità organizzata, il 39,7% da delinquenti comuni, il 21,9% per dissidi familiari o per motivi passionali.
Nel primo semestre del 2008, mentre l'indice dei delitti diminuisce di 10 punti aumenta la percentuale degli omicidi compiuti in famiglia che sale al 24,7%; insomma un delitto su quattro è avvenuto tra le mura domestiche. Il rapporto specifica che nella maggioranza dei casi è il coniuge, il convivente o il fidanzato ad uccidere la propria compagna.
In Italia si muore o meglio le donne muoiono più per mano dei propri compagni o ex compagni che per cancro.
Lo Stato risulta essere incapace, nonostante un Ministero per le pari opportunità, di garantire alle donne lavori dignitosi e servizi adeguati che permettano loro di essere indipendenti anche economicamente, di crescere con tranquillità i loro figli e di liberarsi dal padre-padrone di turno. Discriminate, vessate quando vogliono diventare madri, le donne italiane sono in Europa quelle che meno di tutte hanno un lavoro, tanto che Bruxelles ha imposto all'Italia che il 10% dei suoi fondi sia destinato alla realizzazione di una vera parità.
Quanta parte della spesa pubblica va alle donne?
Quante delle leggi a tutela della parità sono poi effettivamente applicate?
A questo si aggiungono le difficoltà strutturali della società italiana: il 73% del lavoro familiare cade sulle spalle delle donne, la rete dei servizi per la prima infanzia è scarsa (solo il 10% dei bambini va all'asilo nido) e c'è poca flessibilità nei posti di lavoro. Il risultato finale è che una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio. E mentre tutti, compresi i politici, parlano ormai del ruolo fondamentale che le donne dovrebbero svolgere in ogni settore, anche in politica, le opportunità sono pari solo nel titolo del Ministero, quello con la Ministra tanto carina.
Un Paese egoista, come l'Italia, ha trasformato il nostro ruolo e le nostre capacità in veri e propri ammortizzatori sociali. Gli uomini che non hanno "la predisposizione a curare gli altri" fanno gli straordinari e anche carriera, le donne devono ancora aspettare. E di strada da fare ce n´è ancora tanta.
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Cinzia Spiniello - coordinatrice area “Rifondazione per la Sinistra”
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venerdì 24 ottobre 2008
Verso gli Stati generali della scuola e lo sciopero del 30 ottobre.
Lunedì 27, ore 18.00, Scuola Media F.Solimena, Avellino.
Dopo le centinaia di manifestazioni che si sono svolte e continuano ad attraversare ogni giorno le nostre città, anche ad Avellino e in provincia, l’incontro di lunedì sarà un importante momento di ascolto e di confronto tra il mondo della scuola, le associazioni sindacali e i livelli istituzionali, per ribadire un no convinto a quello che è a tutti gli effetti un colpo mortale alla scuola pubblica, ma anche per concordare interventi utili alla difesa del diritto allo studio.
L’iniziativa vedrà la partecipazione di: Gennaro Imbriano – Segretario Provinciale Rifondazione Comunista; Carlo De Vincentis –Segretario provinciale CGIL Scuola; Gerardo Cipriano – Segretario provinciale CISL Scuola; Antonio Doria – Segretario provinciale UIL Scuola; Claudia Iandolo –Docente, scrittrice; Francesco Pennella –Giovani Comunisti/e; Pasquale Di Domenico –Unione degli Studenti; Maria Grazia Valentino –Segreteria regionale Rifondazione Comunista; on. Teresa Armato –Deputata PD; sen. Enzo De Luca –Senatore PD.
Sono stati invitati i sindaci dei comuni irpini in cui si rischia la chiusura delle scuole primarie: Chianche, Tufo, Torrioni, Greci, Montaguto, Sant’Angelo a Scala, Parolise, Sorbo Serpico, Cairano.
Le conclusioni saranno affidate all’Assessore regionale all’Istruzione Corrado Gabriele .
Dopo le centinaia di manifestazioni che si sono svolte e continuano ad attraversare ogni giorno le nostre città, anche ad Avellino e in provincia, l’incontro di lunedì sarà un importante momento di ascolto e di confronto tra il mondo della scuola, le associazioni sindacali e i livelli istituzionali, per ribadire un no convinto a quello che è a tutti gli effetti un colpo mortale alla scuola pubblica, ma anche per concordare interventi utili alla difesa del diritto allo studio.
L’iniziativa vedrà la partecipazione di: Gennaro Imbriano – Segretario Provinciale Rifondazione Comunista; Carlo De Vincentis –Segretario provinciale CGIL Scuola; Gerardo Cipriano – Segretario provinciale CISL Scuola; Antonio Doria – Segretario provinciale UIL Scuola; Claudia Iandolo –Docente, scrittrice; Francesco Pennella –Giovani Comunisti/e; Pasquale Di Domenico –Unione degli Studenti; Maria Grazia Valentino –Segreteria regionale Rifondazione Comunista; on. Teresa Armato –Deputata PD; sen. Enzo De Luca –Senatore PD.
Sono stati invitati i sindaci dei comuni irpini in cui si rischia la chiusura delle scuole primarie: Chianche, Tufo, Torrioni, Greci, Montaguto, Sant’Angelo a Scala, Parolise, Sorbo Serpico, Cairano.
Le conclusioni saranno affidate all’Assessore regionale all’Istruzione Corrado Gabriele .
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Prc/Se: Ecco la nuova Segreteria provinciale.
Gennaro M. Imbriano, Segretario Provinciale del Prc-Se;
Antonio Di Ninno, Presidente del Comitato Politico Provinciale;
Pompilio Albanese, Tesoriere, Responsabile Organizzazione;
Cinzia Spinello, Responsabile Sinistra, movimenti, Pace;
Maria Grazia Valentino, Responsabile Enti Locali e Mezzogiorno;
Generoso Bruno, Responsabile Comunicazione, Innovazione, Inchiesta;
Agostino Pelullo, Responsabile Ambiente, territorio e beni comuni;
Nando Todino, Responsabile Lavoro e economia;
Andrea Canonico, Responsabile Conoscenza e Scuola;
Rossella Iacobucci, Responsabile Diritti Civili e Questione di genere;
Giuseppina Buscaino, Responsabile Politiche Sociali e Solidarietà.
Invitati permanenti:
Francesco Pennella, Coordinatore provinciale Giovani Comunisti;
Francesco Melillo, Coordinatore Circoli Area urbana di Avellino e bassa Irpinia;
Lello Masucci, Coordinatore Circoli Valle Ufita;
Antonio Caputo, Coordinatore Circoli Alta Irpinia
Antonio Di Ninno, Presidente del Comitato Politico Provinciale;
Pompilio Albanese, Tesoriere, Responsabile Organizzazione;
Cinzia Spinello, Responsabile Sinistra, movimenti, Pace;
Maria Grazia Valentino, Responsabile Enti Locali e Mezzogiorno;
Generoso Bruno, Responsabile Comunicazione, Innovazione, Inchiesta;
Agostino Pelullo, Responsabile Ambiente, territorio e beni comuni;
Nando Todino, Responsabile Lavoro e economia;
Andrea Canonico, Responsabile Conoscenza e Scuola;
Rossella Iacobucci, Responsabile Diritti Civili e Questione di genere;
Giuseppina Buscaino, Responsabile Politiche Sociali e Solidarietà.
Invitati permanenti:
Francesco Pennella, Coordinatore provinciale Giovani Comunisti;
Francesco Melillo, Coordinatore Circoli Area urbana di Avellino e bassa Irpinia;
Lello Masucci, Coordinatore Circoli Valle Ufita;
Antonio Caputo, Coordinatore Circoli Alta Irpinia
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Rifondazione, in Irpinia: " Costruire il confronto per l'alternativa".
Nel giro di pochi mesi il Governo Berlusconi ha mostrato il suo vero volto classista, razzista e populista.
Dallo smantellamento della scuola pubblica fino ai tagli agli enti locali, dall’attacco all’autonomia della Magistratura alla crociata securitaria lanciata contro i povericristi, dalla proposta di stravolgere la legge elettorale per le europee fino al tentativo di ridimensionare il ruolo del contratto collettivo nazionale e dunque del Sindacato. E poi la gestione dell’emergenza rifiuti, condotta manu militari, che vede l’Irpinia fortemente penalizzata. E ancora, una riforma federalista imposta dall’alto, che mette in competizione il Nord contro il Sud e mina il principio di uguaglianza tra i cittadini.
E, come se non bastasse, sulle risposte messe in campo contro la crisi finanziaria ed economica, il Governo si scopre statalista e keynesiano verso le banche e gli speculatori finanziari, ma continua a proporre ricette liberiste per lo stato sociale, a partire dai tagli alla scuola e alla sanità che colpiscono in particolare le aree interne e i piccoli comuni.
Per le famiglie, i precari e i disoccupati ci si limita ad alimentare l’inquietudine sociale, la paura del diverso e dell’altro.
E in questo quadro difficile sta anche l’Irpinia.
Qui dobbiamo impedire, in queste settimane, lo scempio della megadiscarica sul Formicoso. Ma dobbiamo anche stare al fianco dei movimenti, a partire dalla scuola e dagli studenti, sapendo che lì vivono gli anticorpi al Berlusconismo, e consapevoli che da lì la sinistra deve ripartire. Non a caso la Polizia carica i cortei studenteschi e il Governo minaccia di sgomberare le scuole e le università occupate.
Di fronte a tutto questo, le forze democratiche e progressiste hanno il dovere di evitare, anche in Irpinia, la vittoria del PdL alle prossime amministrative. È un tentativo difficile ma bisogna provarci, perché la costruzione di argini al regime delle destre passa anche da un nuovo governo del Mezzogiorno e degli enti locali.
Non serve l’ennesimo cartello elettorale e la riproposizione delle vecchie liturgie del centro-sinistra: saremmo destinati alla sconfitta. E sarebbe un errore pensare di continuare a riprodurre lo schema logoro di una politica che mette al centro la geometria del potere e il risiko delle poltrone negli enti. Quel modello è fallito clamorosamente in questi anni, quando la politica ha perso la capacità e la voglia di indicare un progetto alto e altro per la nostre gente, quando ci siamo affannati a costruire assemblaggi elettorali e non coalizioni politiche.
Occorre invece una vera coalizione politica che indichi un orizzonte e avanzi un “Progetto per l’Irpinia”. Oggi la vera questione, decisiva e preliminare, è verificare se ci sono le condizioni politico-programmatiche per costruire un’alleanza e quale Progetto condiviso si avanza per l’Irpinia. Poi, eventualmente, si potrà valutare chi incarna al meglio, con la sua storia politica amministrativa e personale, quel progetto.
Un progetto che parli di un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile e di un lavoro di qualità; politiche a difesa dei servizi pubblici e dell’acqua; iniziative per fermare l’emigrazione dei giovani e lo spopolamento dei nostri paesi; pratiche di legalità e moralità nella pubblica amministrazione che possano arrestare l’infiltrazione e l’espansione della camorra; una moderna e sostenibile gestione dei rifiuti, con un forte ruolo pubblico; grande attenzione per rispondere alle vecchie e nuove povertà che vanno diffondendosi; utilizzo virtuoso dei fondi europei.
È su questo terreno, quello del progetto e dell’egemonia, che si colloca la sfida tra il centro e la sinistra, tra moderati e radicali. Una sfida che da Sinistra vogliamo far vivere senza marginalità e subalternità alcuna.
Ma il ritardo fin qui accumulato è enorme e non abbiamo più molto tempo.
Per questo è indispensabile, qui ed ora, il rilancio di un serio confronto politico e programmatico tra le forze democratiche e di sinistra, a partire dalla Provincia e dal Comune Capoluogo.
Le forze di centro-sinistra possono vincere solo se sapranno essere una reale e concreta alternativa non solo alle destre ma alla vecchia politica, solo se sapranno aprire una stagione di confronto e partecipazione con le comunità e i territori.
Cpf - Prc/Se
Ordine del Giorno del 22/10/2008
Proposto da Gennaro M. Imbriano
Approvato con soli 2 voti contrari
Dallo smantellamento della scuola pubblica fino ai tagli agli enti locali, dall’attacco all’autonomia della Magistratura alla crociata securitaria lanciata contro i povericristi, dalla proposta di stravolgere la legge elettorale per le europee fino al tentativo di ridimensionare il ruolo del contratto collettivo nazionale e dunque del Sindacato. E poi la gestione dell’emergenza rifiuti, condotta manu militari, che vede l’Irpinia fortemente penalizzata. E ancora, una riforma federalista imposta dall’alto, che mette in competizione il Nord contro il Sud e mina il principio di uguaglianza tra i cittadini.
E, come se non bastasse, sulle risposte messe in campo contro la crisi finanziaria ed economica, il Governo si scopre statalista e keynesiano verso le banche e gli speculatori finanziari, ma continua a proporre ricette liberiste per lo stato sociale, a partire dai tagli alla scuola e alla sanità che colpiscono in particolare le aree interne e i piccoli comuni.
Per le famiglie, i precari e i disoccupati ci si limita ad alimentare l’inquietudine sociale, la paura del diverso e dell’altro.
E in questo quadro difficile sta anche l’Irpinia.
Qui dobbiamo impedire, in queste settimane, lo scempio della megadiscarica sul Formicoso. Ma dobbiamo anche stare al fianco dei movimenti, a partire dalla scuola e dagli studenti, sapendo che lì vivono gli anticorpi al Berlusconismo, e consapevoli che da lì la sinistra deve ripartire. Non a caso la Polizia carica i cortei studenteschi e il Governo minaccia di sgomberare le scuole e le università occupate.
Di fronte a tutto questo, le forze democratiche e progressiste hanno il dovere di evitare, anche in Irpinia, la vittoria del PdL alle prossime amministrative. È un tentativo difficile ma bisogna provarci, perché la costruzione di argini al regime delle destre passa anche da un nuovo governo del Mezzogiorno e degli enti locali.
Non serve l’ennesimo cartello elettorale e la riproposizione delle vecchie liturgie del centro-sinistra: saremmo destinati alla sconfitta. E sarebbe un errore pensare di continuare a riprodurre lo schema logoro di una politica che mette al centro la geometria del potere e il risiko delle poltrone negli enti. Quel modello è fallito clamorosamente in questi anni, quando la politica ha perso la capacità e la voglia di indicare un progetto alto e altro per la nostre gente, quando ci siamo affannati a costruire assemblaggi elettorali e non coalizioni politiche.
Occorre invece una vera coalizione politica che indichi un orizzonte e avanzi un “Progetto per l’Irpinia”. Oggi la vera questione, decisiva e preliminare, è verificare se ci sono le condizioni politico-programmatiche per costruire un’alleanza e quale Progetto condiviso si avanza per l’Irpinia. Poi, eventualmente, si potrà valutare chi incarna al meglio, con la sua storia politica amministrativa e personale, quel progetto.
Un progetto che parli di un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile e di un lavoro di qualità; politiche a difesa dei servizi pubblici e dell’acqua; iniziative per fermare l’emigrazione dei giovani e lo spopolamento dei nostri paesi; pratiche di legalità e moralità nella pubblica amministrazione che possano arrestare l’infiltrazione e l’espansione della camorra; una moderna e sostenibile gestione dei rifiuti, con un forte ruolo pubblico; grande attenzione per rispondere alle vecchie e nuove povertà che vanno diffondendosi; utilizzo virtuoso dei fondi europei.
È su questo terreno, quello del progetto e dell’egemonia, che si colloca la sfida tra il centro e la sinistra, tra moderati e radicali. Una sfida che da Sinistra vogliamo far vivere senza marginalità e subalternità alcuna.
Ma il ritardo fin qui accumulato è enorme e non abbiamo più molto tempo.
Per questo è indispensabile, qui ed ora, il rilancio di un serio confronto politico e programmatico tra le forze democratiche e di sinistra, a partire dalla Provincia e dal Comune Capoluogo.
Le forze di centro-sinistra possono vincere solo se sapranno essere una reale e concreta alternativa non solo alle destre ma alla vecchia politica, solo se sapranno aprire una stagione di confronto e partecipazione con le comunità e i territori.
Cpf - Prc/Se
Ordine del Giorno del 22/10/2008
Proposto da Gennaro M. Imbriano
Approvato con soli 2 voti contrari
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lunedì 20 ottobre 2008
Rompere i recinti.
Lettera di Michele De Palma a Piero Sansonetti.
Caro Piero,
penso che tu abbia ragione a dire che dobbiamo andare "oltre". Del resto Liberazione è uno spazio pubblico delle persone di sinistra, fondamentale per andare "oltre" se stesso e le proprie convinzioni per provare a essere, sentirsi utili. Ma per il nostro tempo è scelta molto impopolare e controcorrente sfidare le certezze che cementano la comunità perché vengono avvertite come un pericolo che insinua il dubbio e il dubbio è nemico del "serrate le fila compagni!".
Scriverti questa lettera, so già che mi costerà "sassate" e polemiche, ma in questo momento qualsiasi conformismo, mediazione, compromesso è un attentato non solo al futuro della sinistra, ma all'idea che le cose possano cambiare. Eppure, vedi Piero, le chiacchiere in direzione, comitato politico, sono mute dinnanzi alle manifestazioni di ieri e a quelle in programma nei prossimi giorni. È impressionante la radicalità matura, molecolare, moltitudinaria che sta ri-animando il senso stesso della politica, senza che i "politici" se ne accorgano. L'opposizione con la "O" grande e roboante della sinistra è sentita come la "H", la mutina, la chiamavano i miei maestri a scuola. E leggendo e rileggendo gli articoli che alcuni dirigenti del mio Partito, scrivono sul nostro giornale mi viene da impazzire.
Caro Piero, tu non sei in direzione nazionale, ma nel corso dell'ultima, mentre noi, noi tutti discutevamo delle nostre beghe, in tutta Italia scendevano in piazza centinaia di migliaia di studenti medi e noi, come se nulla fosse: neanche una parola, se non fosse per un intervento in chiusura di una giovane comunista. L'opposizione alla sfida per l'egemonia della destra nella società (do you remember Gramsci?) è sbocciato nelle assemblee con migliaia di studenti e docenti, come ieri nell'università di Palermo e non nel balbettio da cretinismo parlamentare del Pd o nell'ostentazione identitaria delle sinistre. Non siamo dinnanzi solo ad una opposizione alla riforma, ma a un tentativo di ri-presa di coscienza più generale della crisi che investe la scuola, università e quindi la nostra stessa civiltà.
"Noi la crisi non la paghiamo" è l'urlo e il virus di contaminazione che allude da subito solidarietà con una crisi generale. E invece dalle nostre parti si sente dire che: "tra la borsa di Milano e la busta della spesa noi scegliamo di occuparci dell'ultima". Ma come? Bisogna essere a "Crozza Italia" per non capire la relazione. La potenza che gli studenti e i ricercatori precari hanno cominciato a muovere, supera i confini detentivi e disciplinari delle mura universitarie e scolastiche, cerca contaminazioni come un virus che si insinua nei centri di ricerca e sviluppa "senso" e "simbolico". Riattraversano la metropoli nel suo complesso e intercettano lo sfruttamento delle filiere produttive cognitive e materiali, (dalla ricerca commissionata dai privati alla consegna in motorino della pizza la sera). Le parole della sinistra sono più povere di quelle degli studenti. Noi non possiamo scegliere la strada del populismo, perché questo significherebbe rompere con una nuova generazione e farsi fregare dalla destra nelle periferie. Il conflitto che si è aperto in questi giorni è anche la possibilità di una alfabetizzazione, di una rottura della semplificazione del lessico mediatico e politico imposto dalla egemonia della destra, è una occasione per la sinistra non di cercare consensi, ma le parole, provando ad ascoltare e mettendo a disposizione quello che ha per far vivere uno spazio pubblico di opposizione innanzitutto alla cultura delle destre. I saperi e la loro trasmissione sono i codici e i geni della matrice. Del resto, cosa sono se non l'assalto delle destre al pubblico, al '68, alla scuola e all'università e infine al contratto nazionale di lavoro? Non è solo la vendetta ma un investimento sul futuro. Intervenire sul Dna di una società da modificare geneticamente attraverso azioni semplificative, disciplinari (il grembiule), segregative (classi separate per i migranti). E qui nasce una domanda cruciale: la sinistra è all'altezza della sfida?
Avendo letto alcuni articoli pubblicati in questi giorni dopo la manifestazione dell'11 penso di no, viste le lenti deformanti dell'obbligata felicità da "orgoglio rosso" post corteo. Sì, è vero, eravamo in tanti, più del previsto, ma confesso che nonostante i numeri la manifestazione mi ha fatto sentire più solo del giorno prima. Pensavo fosse solo una mia sensazione, percezione, ma col passare delle ore mentre sfilavamo per le strade di Roma e nei giorni seguenti nelle discussioni con chi c'era e chi no, è diventata una "connessione sentimentale", una "verità" inconfessabile per opportunità politica. Premetto che la mia riflessione prescinde dalle torsioni e tensioni identitarie. Ho visto migliaia di bandiere, forse lo stesso numero del 20 ottobre, ma mi si permetta di dire con onestà, con un numero inferiore di partecipanti. Sembra di passare dalle "belle bandiere" alla "guerra delle bandiere" che contagia tutti. Contagia e non contamina. Sì, perché eravamo abituati alla parola contaminazione: con-fusione di storie personali e organizzazioni, eravamo abituati agli attraversamenti, mescolamenti, di diversi colori. Il 20 ottobre, qualcuno può obiettare era ugualmente tinto solo di rosso, ma la differenza con l'11 è che un corteo monocromatico era stranamente segmentato. Bastoncini di frammenti di identità di partito. Ogni spezzone aveva la sua verità comunista da esibire contro. Una specie di sfida cromatica a chi è più rosso, col rischio del sotto la bandiera niente. Mi spiego meglio. Quelle bandiere sono stracci rossi che possono essere raccolti per terra da un bambino immigrato che rischia la segregazione razziale in una classe ad hoc? Sono stracci rossi che operai precari possono raccogliere per battersi per il contratto? So di fare una critica pesante, che ovviamente è rivolta innanzitutto a me stesso, ma penso che la manifestazione dell'11 non fosse conflittuale. Questo non significa che non ci fosse rabbia, passione e la voglia di dire dopo tante sconfitte: ci sono, esisto! Ma nel tempo in cui siamo tra crisi sociale e economica, di passioni tristi e cultura xenofoba, omofobica e sessista non possiamo accontentarci. Le destre al governo continuano ad alimentare la guerra civile, la frammentazione per segmenti omogenei: il nostro problema oggi è rompere i recinti. Spiazzare l'avversario. Rompere le solitudini, come quella di Roberto Saviano, emblema di una generazione del sud che magari ci prova e viene lasciata sola. Ho abbracciato tante compagne e compagni in quella manifestazione e sono contento del fatto che sui numeri abbiamo vinto, ma posso dire senza essere accusato di disfattismo che il nostro problema è andare oltre? "Oltre" parola eretica in questo periodo nei nostri paraggi, per me una ossessione per rompere la solitudine dei comunisti e della sinistra. Rischiamo l'autismo. Rischiamo di parlare tra di noi anche in un corteo. Rischiamo di continuare a non essere sentiti utili. Insomma non si è prima comunisti e poi donne, giovani, precari, immigrati. È esattamente il contrario. Per questo penso che il nostro problema sia come le opposizioni (dagli studenti agli insegnati, passando per i migranti fino ai precari), possano trovare uno spazio pubblico condiviso. Porre un problema generale, mi verrebbe da dire di civiltà e di umanità visto quello che sta accadendo nel mondo. Essere capaci di alzare lo sguardo oltre le nostre bandiere. Sono questi i motivi per cui, caro Piero, ti ho scritto questa lettera. Perché non voglio partecipare alla liturgia della nostra beatificazione, visto che siamo ancora vivi. Forse un aneddoto può spiegare più di mille parole. Il giorno prima del corteo ho provato a convincere un operaio in pensione del bergamasco a non partire da Roma e a prendere parte alla manifestazione. La sua risposta caustica è stata "non ho bisogno di andare a una manifestazione per dire che esisto, io lo so già".
Liberazione - 18/10/2008
Caro Piero,
penso che tu abbia ragione a dire che dobbiamo andare "oltre". Del resto Liberazione è uno spazio pubblico delle persone di sinistra, fondamentale per andare "oltre" se stesso e le proprie convinzioni per provare a essere, sentirsi utili. Ma per il nostro tempo è scelta molto impopolare e controcorrente sfidare le certezze che cementano la comunità perché vengono avvertite come un pericolo che insinua il dubbio e il dubbio è nemico del "serrate le fila compagni!".
Scriverti questa lettera, so già che mi costerà "sassate" e polemiche, ma in questo momento qualsiasi conformismo, mediazione, compromesso è un attentato non solo al futuro della sinistra, ma all'idea che le cose possano cambiare. Eppure, vedi Piero, le chiacchiere in direzione, comitato politico, sono mute dinnanzi alle manifestazioni di ieri e a quelle in programma nei prossimi giorni. È impressionante la radicalità matura, molecolare, moltitudinaria che sta ri-animando il senso stesso della politica, senza che i "politici" se ne accorgano. L'opposizione con la "O" grande e roboante della sinistra è sentita come la "H", la mutina, la chiamavano i miei maestri a scuola. E leggendo e rileggendo gli articoli che alcuni dirigenti del mio Partito, scrivono sul nostro giornale mi viene da impazzire.
Caro Piero, tu non sei in direzione nazionale, ma nel corso dell'ultima, mentre noi, noi tutti discutevamo delle nostre beghe, in tutta Italia scendevano in piazza centinaia di migliaia di studenti medi e noi, come se nulla fosse: neanche una parola, se non fosse per un intervento in chiusura di una giovane comunista. L'opposizione alla sfida per l'egemonia della destra nella società (do you remember Gramsci?) è sbocciato nelle assemblee con migliaia di studenti e docenti, come ieri nell'università di Palermo e non nel balbettio da cretinismo parlamentare del Pd o nell'ostentazione identitaria delle sinistre. Non siamo dinnanzi solo ad una opposizione alla riforma, ma a un tentativo di ri-presa di coscienza più generale della crisi che investe la scuola, università e quindi la nostra stessa civiltà.
"Noi la crisi non la paghiamo" è l'urlo e il virus di contaminazione che allude da subito solidarietà con una crisi generale. E invece dalle nostre parti si sente dire che: "tra la borsa di Milano e la busta della spesa noi scegliamo di occuparci dell'ultima". Ma come? Bisogna essere a "Crozza Italia" per non capire la relazione. La potenza che gli studenti e i ricercatori precari hanno cominciato a muovere, supera i confini detentivi e disciplinari delle mura universitarie e scolastiche, cerca contaminazioni come un virus che si insinua nei centri di ricerca e sviluppa "senso" e "simbolico". Riattraversano la metropoli nel suo complesso e intercettano lo sfruttamento delle filiere produttive cognitive e materiali, (dalla ricerca commissionata dai privati alla consegna in motorino della pizza la sera). Le parole della sinistra sono più povere di quelle degli studenti. Noi non possiamo scegliere la strada del populismo, perché questo significherebbe rompere con una nuova generazione e farsi fregare dalla destra nelle periferie. Il conflitto che si è aperto in questi giorni è anche la possibilità di una alfabetizzazione, di una rottura della semplificazione del lessico mediatico e politico imposto dalla egemonia della destra, è una occasione per la sinistra non di cercare consensi, ma le parole, provando ad ascoltare e mettendo a disposizione quello che ha per far vivere uno spazio pubblico di opposizione innanzitutto alla cultura delle destre. I saperi e la loro trasmissione sono i codici e i geni della matrice. Del resto, cosa sono se non l'assalto delle destre al pubblico, al '68, alla scuola e all'università e infine al contratto nazionale di lavoro? Non è solo la vendetta ma un investimento sul futuro. Intervenire sul Dna di una società da modificare geneticamente attraverso azioni semplificative, disciplinari (il grembiule), segregative (classi separate per i migranti). E qui nasce una domanda cruciale: la sinistra è all'altezza della sfida?
Avendo letto alcuni articoli pubblicati in questi giorni dopo la manifestazione dell'11 penso di no, viste le lenti deformanti dell'obbligata felicità da "orgoglio rosso" post corteo. Sì, è vero, eravamo in tanti, più del previsto, ma confesso che nonostante i numeri la manifestazione mi ha fatto sentire più solo del giorno prima. Pensavo fosse solo una mia sensazione, percezione, ma col passare delle ore mentre sfilavamo per le strade di Roma e nei giorni seguenti nelle discussioni con chi c'era e chi no, è diventata una "connessione sentimentale", una "verità" inconfessabile per opportunità politica. Premetto che la mia riflessione prescinde dalle torsioni e tensioni identitarie. Ho visto migliaia di bandiere, forse lo stesso numero del 20 ottobre, ma mi si permetta di dire con onestà, con un numero inferiore di partecipanti. Sembra di passare dalle "belle bandiere" alla "guerra delle bandiere" che contagia tutti. Contagia e non contamina. Sì, perché eravamo abituati alla parola contaminazione: con-fusione di storie personali e organizzazioni, eravamo abituati agli attraversamenti, mescolamenti, di diversi colori. Il 20 ottobre, qualcuno può obiettare era ugualmente tinto solo di rosso, ma la differenza con l'11 è che un corteo monocromatico era stranamente segmentato. Bastoncini di frammenti di identità di partito. Ogni spezzone aveva la sua verità comunista da esibire contro. Una specie di sfida cromatica a chi è più rosso, col rischio del sotto la bandiera niente. Mi spiego meglio. Quelle bandiere sono stracci rossi che possono essere raccolti per terra da un bambino immigrato che rischia la segregazione razziale in una classe ad hoc? Sono stracci rossi che operai precari possono raccogliere per battersi per il contratto? So di fare una critica pesante, che ovviamente è rivolta innanzitutto a me stesso, ma penso che la manifestazione dell'11 non fosse conflittuale. Questo non significa che non ci fosse rabbia, passione e la voglia di dire dopo tante sconfitte: ci sono, esisto! Ma nel tempo in cui siamo tra crisi sociale e economica, di passioni tristi e cultura xenofoba, omofobica e sessista non possiamo accontentarci. Le destre al governo continuano ad alimentare la guerra civile, la frammentazione per segmenti omogenei: il nostro problema oggi è rompere i recinti. Spiazzare l'avversario. Rompere le solitudini, come quella di Roberto Saviano, emblema di una generazione del sud che magari ci prova e viene lasciata sola. Ho abbracciato tante compagne e compagni in quella manifestazione e sono contento del fatto che sui numeri abbiamo vinto, ma posso dire senza essere accusato di disfattismo che il nostro problema è andare oltre? "Oltre" parola eretica in questo periodo nei nostri paraggi, per me una ossessione per rompere la solitudine dei comunisti e della sinistra. Rischiamo l'autismo. Rischiamo di parlare tra di noi anche in un corteo. Rischiamo di continuare a non essere sentiti utili. Insomma non si è prima comunisti e poi donne, giovani, precari, immigrati. È esattamente il contrario. Per questo penso che il nostro problema sia come le opposizioni (dagli studenti agli insegnati, passando per i migranti fino ai precari), possano trovare uno spazio pubblico condiviso. Porre un problema generale, mi verrebbe da dire di civiltà e di umanità visto quello che sta accadendo nel mondo. Essere capaci di alzare lo sguardo oltre le nostre bandiere. Sono questi i motivi per cui, caro Piero, ti ho scritto questa lettera. Perché non voglio partecipare alla liturgia della nostra beatificazione, visto che siamo ancora vivi. Forse un aneddoto può spiegare più di mille parole. Il giorno prima del corteo ho provato a convincere un operaio in pensione del bergamasco a non partire da Roma e a prendere parte alla manifestazione. La sua risposta caustica è stata "non ho bisogno di andare a una manifestazione per dire che esisto, io lo so già".
Liberazione - 18/10/2008
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domenica 19 ottobre 2008
In difesa del diritto allo studio e contro la chiusura delle scuole nei piccoli comuni.
di Maria Grazia Valentino
Una riforma contro il futuro quella presentata dalla ministra Gelmini, contro cui ieri sono scese nelle piazze italiane 500mila persone tra studenti, insegnanti e genitori, accomunati da un’unica grande preoccupazione: la distruzione della scuola pubblica, dalla primaria all’università.
8 miliardi di euro da risparmiare con la soppressione di 87 mila e 400 cattedre, 44 mila e 500 posti di personale ATA da decurtare, 100 mila docenti precari senza più un lavoro: sono queste le cifre di quei tagli che per la Gelmini e Tremonti sono ingiustificabili sprechi della scuola pubblica italiana. Intanto si rispolverano i grembiulini, l'alzabandiera, il voto in condotta, il maestro unico e le classi differenziate per i migranti, facendoci ritornare in mente periodi bui della nostra storia. Come se non bastasse, nascosto in un decreto sulle spese sanitarie, arriva agli enti locali il provvedimento sul ridimensionamento della rete scolastica. Entro il 30 novembre prossimo, il Governo impone alle regioni di procedere all’accorpamento degli istituti scolastici con meno di 500 alunni, mentre si vorrebbero chiudere 4200 scuole con meno di 50 alunni.
Rischiano così di trovarsi senza scuola i bambini di tanti piccoli comuni, spesso montani. Il 10% delle soppressioni riguarderà la Campania. E in Irpinia rischiano di essere cancellate le scuole di Cairano, Chianche, Greci, Montaguto, Parolise, Sant’Angelo a Scala, Sorbo Serpico, Tufo e Torrioni. Qui i genitori dei bambini in età scolare dovranno accompagnare i loro figli nel plesso scolastico del comune più vicino se vogliono garantire loro “il diritto allo studio”.
Ancora una volta la scure dei tagli del governo Berlusconi colpisce, mettendoli realmente in ginocchio, i piccoli centri che, a partire dalla scuola e passando per la sanità, non saranno più in grado di garantire ai loro cittadini i servizi essenziali per un vivere civile. E allora l’emigrazione, lo spopolamento, la desertificazione potranno essere di qui a breve la condizione di normalità a cui saranno condannati tanti, se non la maggior parte dei comuni della nostra provincia.
Perciò è proprio a cominciare dalla controriforma della scuola che occorre contrastare il Governo Berlusconi. Lo faremo chiedendo all’Assessore regionale Corrado Gabriele di intraprendere in tutte le sedi ogni iniziativa utile alla difesa del diritto allo studio. E lo dovremo fare anche scendendo in piazza per lo sciopero generale del prossimo 30 ottobre. Perché la scuola è fabbrica di futuro e di democrazia.
Una riforma contro il futuro quella presentata dalla ministra Gelmini, contro cui ieri sono scese nelle piazze italiane 500mila persone tra studenti, insegnanti e genitori, accomunati da un’unica grande preoccupazione: la distruzione della scuola pubblica, dalla primaria all’università.
8 miliardi di euro da risparmiare con la soppressione di 87 mila e 400 cattedre, 44 mila e 500 posti di personale ATA da decurtare, 100 mila docenti precari senza più un lavoro: sono queste le cifre di quei tagli che per la Gelmini e Tremonti sono ingiustificabili sprechi della scuola pubblica italiana. Intanto si rispolverano i grembiulini, l'alzabandiera, il voto in condotta, il maestro unico e le classi differenziate per i migranti, facendoci ritornare in mente periodi bui della nostra storia. Come se non bastasse, nascosto in un decreto sulle spese sanitarie, arriva agli enti locali il provvedimento sul ridimensionamento della rete scolastica. Entro il 30 novembre prossimo, il Governo impone alle regioni di procedere all’accorpamento degli istituti scolastici con meno di 500 alunni, mentre si vorrebbero chiudere 4200 scuole con meno di 50 alunni.
Rischiano così di trovarsi senza scuola i bambini di tanti piccoli comuni, spesso montani. Il 10% delle soppressioni riguarderà la Campania. E in Irpinia rischiano di essere cancellate le scuole di Cairano, Chianche, Greci, Montaguto, Parolise, Sant’Angelo a Scala, Sorbo Serpico, Tufo e Torrioni. Qui i genitori dei bambini in età scolare dovranno accompagnare i loro figli nel plesso scolastico del comune più vicino se vogliono garantire loro “il diritto allo studio”.
Ancora una volta la scure dei tagli del governo Berlusconi colpisce, mettendoli realmente in ginocchio, i piccoli centri che, a partire dalla scuola e passando per la sanità, non saranno più in grado di garantire ai loro cittadini i servizi essenziali per un vivere civile. E allora l’emigrazione, lo spopolamento, la desertificazione potranno essere di qui a breve la condizione di normalità a cui saranno condannati tanti, se non la maggior parte dei comuni della nostra provincia.
Perciò è proprio a cominciare dalla controriforma della scuola che occorre contrastare il Governo Berlusconi. Lo faremo chiedendo all’Assessore regionale Corrado Gabriele di intraprendere in tutte le sedi ogni iniziativa utile alla difesa del diritto allo studio. E lo dovremo fare anche scendendo in piazza per lo sciopero generale del prossimo 30 ottobre. Perché la scuola è fabbrica di futuro e di democrazia.
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LA PRIMAVERA DELLA SCUOLA.
di Cinzia Spiniello- Coordinatrice Area “Rifondazione per la Sinistra”
Siamo oramai in autunno, ma per la scuola italiana è Primavera, un'aria ottobrina così dolce e delicata non si sentiva da tanto tempo. É l'aria della ribellione che pervade studenti, docenti e genitori che a gran voce reclamano il diritto allo studio come diritto inalienabile dello Stato italiano.
La scuola pubblica non è in svendita, questo è il messaggio essenziale che viene inviato alla ministra della Pubblica Istruzione. Questa riforma non potrà essere accettata da chi opera e lavora nella scuola, nessun Paese che si definisce democratico e civile penserebbe di effettuare tagli alla formazione dei propri cittadini. Ma evidentemente questo Paese ha oramai veramente poco di” democratico e civile”. Cosa c'è di civile nel proporre classi differenziate dove relegare i bambini immigrati? Cosa c'è di democratico nello sfasciare il sistema pubblico della scuola elementare riducendo il personale docente e attribuendo alle classi il “maestro unico”? Per non parlare dei tagli alle Università e alla ricerca. Sono proprio la formazione e la ricerca le fonti alle quali lo Stato, sopratutto nella crisi mondiale del capitalismo, dovrebbe attingere per la propria rinascita e sviluppo
Il dubbio legittimo che ci assale e ci fa rabbrividire è che questo Governo miri ad uno smantellamento di se stesso, ad un imbarbarimento della società nella visione di un controllo totale delle menti in nome dell'osannata sicurezza. Ma di fronte a quella che definiremmo una delle peggiori riforme scolastiche degli ultimi venti anni senza il timore di poter essere smentiti, ecco che nasce e cresce la protesta collettiva. Finalmente! Era ora che in Italia qualcuno alzasse la testa, che dicesse: io non ci sto! Noi diciamo: noi non ci stiamo! E chi se non i giovani possono reclamare il diritto alla vita? Certo dalle nostre parti l'aria impiegherà un po' più di tempo ad arrivare, ma la speranza è che anche in quest'Irpinia martoriata da una classe politica che ha pensato troppo a se stessa e poco agli Irpini, nasca e cresca la protesta, la speranza ci dice che se circa duemila persone sfilano in un corteo ben organizzato per le vie del capoluogo in difesa del calcio locale allora le stesse persone e molte altre ancora possano sfilare in difesa di questa terra sia quando si tratta di creare una mega discarica sul Formicoso sia quando una ministra qualsiasi decide di tagliare i fondi per la scuola pubblica. Tra le tante frasi che abbiamo letto in questi giorni, scritte su lenzuoli appesi ai muri e ai balconi delle scuole, c'è ne una che ci ha colpito particolarmente e che giriamo ai ragazzi dell'Irpinia, la frase dice testualmente: SIAMO COSI' GIOVANI CHE NON POSSIAMO PIU' ASPETTARE.
Siamo oramai in autunno, ma per la scuola italiana è Primavera, un'aria ottobrina così dolce e delicata non si sentiva da tanto tempo. É l'aria della ribellione che pervade studenti, docenti e genitori che a gran voce reclamano il diritto allo studio come diritto inalienabile dello Stato italiano.
La scuola pubblica non è in svendita, questo è il messaggio essenziale che viene inviato alla ministra della Pubblica Istruzione. Questa riforma non potrà essere accettata da chi opera e lavora nella scuola, nessun Paese che si definisce democratico e civile penserebbe di effettuare tagli alla formazione dei propri cittadini. Ma evidentemente questo Paese ha oramai veramente poco di” democratico e civile”. Cosa c'è di civile nel proporre classi differenziate dove relegare i bambini immigrati? Cosa c'è di democratico nello sfasciare il sistema pubblico della scuola elementare riducendo il personale docente e attribuendo alle classi il “maestro unico”? Per non parlare dei tagli alle Università e alla ricerca. Sono proprio la formazione e la ricerca le fonti alle quali lo Stato, sopratutto nella crisi mondiale del capitalismo, dovrebbe attingere per la propria rinascita e sviluppo
Il dubbio legittimo che ci assale e ci fa rabbrividire è che questo Governo miri ad uno smantellamento di se stesso, ad un imbarbarimento della società nella visione di un controllo totale delle menti in nome dell'osannata sicurezza. Ma di fronte a quella che definiremmo una delle peggiori riforme scolastiche degli ultimi venti anni senza il timore di poter essere smentiti, ecco che nasce e cresce la protesta collettiva. Finalmente! Era ora che in Italia qualcuno alzasse la testa, che dicesse: io non ci sto! Noi diciamo: noi non ci stiamo! E chi se non i giovani possono reclamare il diritto alla vita? Certo dalle nostre parti l'aria impiegherà un po' più di tempo ad arrivare, ma la speranza è che anche in quest'Irpinia martoriata da una classe politica che ha pensato troppo a se stessa e poco agli Irpini, nasca e cresca la protesta, la speranza ci dice che se circa duemila persone sfilano in un corteo ben organizzato per le vie del capoluogo in difesa del calcio locale allora le stesse persone e molte altre ancora possano sfilare in difesa di questa terra sia quando si tratta di creare una mega discarica sul Formicoso sia quando una ministra qualsiasi decide di tagliare i fondi per la scuola pubblica. Tra le tante frasi che abbiamo letto in questi giorni, scritte su lenzuoli appesi ai muri e ai balconi delle scuole, c'è ne una che ci ha colpito particolarmente e che giriamo ai ragazzi dell'Irpinia, la frase dice testualmente: SIAMO COSI' GIOVANI CHE NON POSSIAMO PIU' ASPETTARE.
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sabato 18 ottobre 2008
venerdì 17 ottobre 2008
Costruire un’alternativa alle destre e alla vecchia politica.
di Gennaro M. Imbriano
Grande la confusione sotto il cielo. Ma la situazione, per il centro-sinistra irpino, non è affatto eccellente. Non trovo parole migliori di queste per descrivere la condizione in cui si è avviato il confronto.
Partire dai nomi, o addirittura dalla loro imposizione, è una scelta che umilia la politica e rischia di rendere inutile qualsiasi confronto. Anche perché, come tutti sanno, il giudizio del Prc sulle amministrazioni Galasso e De Simone non è certamente positivo.
C’è di che stare preoccupati, dunque, se, di fronte ad un’unica e sola riunione dei Segretari provinciali, tutto rischia di ridursi ai nomi da indicare per la poltrona più alta di Provincia e Comune capoluogo.
Questa è la solita vecchia, sbagliata, abitudine.
E invece la vera questione, a mio avviso assolutamente decisiva e preliminare, è verificare se ci sono le condizioni politico-programmatiche per costruire un’alleanza e quale Progetto condiviso si avanza per l’Irpinia. Poi, eventualmente, si potrà valutare chi incarna al meglio, con la sua storia politica amministrativa e personale, quel progetto.
Passa da qui, ne sono convinto, la prima vera rottura col passato, col vecchio centro-sinistra che ha conosciuto l’Irpinia.
I Partiti non possono pensare di continuare a riprodurre lo schema logoro di una politica che mette al centro la geometria del potere e il risiko delle poltrone negli enti.
Quel modello lì è fallito clamorosamente in questi anni, quando la politica ha perso la capacità e la voglia di indicare un progetto alto e altro per la nostre gente, quando ci siamo affannati a costruire assemblaggi elettorali e non coalizioni politiche. E quando l’amministrazione perde la bussola del progetto, si espone alla degenerazione della politica e della morale.
Non è in questo modo che si può costruire un argine alle destre nel nostro Paese; eppure ce n’è assoluto e urgente bisogno, con un Governo che vuol fare dell’Irpinia una pattumiera, che cancella la questione meridionale, che aggredisce i diritti civili e restringe gli spazi democratici. Con un Berlusconi che vuole smantellare la scuola pubblica e il contratto collettivo di lavoro, che non affronta la precarietà dei giovani, che è statalista con le grandi banche e liberista con lavoratori e famiglie.
Ma soprattutto non è in questo modo che si può costruire una credibile alternativa alle destre in Irpinia. Quelle destre che con sempre più spregiudicatezza si aprono al confronto con l’Udc di Pionati e con i Popolari di De Mita e, così, si preparano a costruire una potente corazzata elettorale.
Non possiamo pensare di contrapporre cartello elettorale a cartello elettorale, saremmo sconfitti.
E non si possono riproporre stanche liturgie e vecchie alchimie politiciste, saremmo travolti. L’altro punto di rottura col vecchio centro-sinistra passa da qui, dal coraggio di infrangere l’autoreferenzialità dei partiti e dei governi e di aprire i processi e le scelte politiche alla partecipazione popolare.
Ma il ritardo fin qui accumulato è enorme e non abbiamo più molto tempo.
Per questo è indispensabile, qui ed ora, il rilancio di un serio confronto politico e programmatico tra le forze democratiche e progressiste.
È su questo terreno, quello del progetto e dell’egemonia, che si colloca la sfida tra il centro e la sinistra, tra moderati e radicali. Misuriamoci e verifichiamo se è possibile avanzare un “Progetto per l’Irpinia”.
Un progetto che parli di un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile e di lavoro di qualità; di politiche a difesa dei servizi pubblici e dell’acqua; di iniziative per fermare l’emigrazione dei giovani e lo spopolamento dei nostri paesi; di pratiche di legalità e moralità nella pubblica amministrazione; di una moderna e sostenibile gestione dei rifiuti; di attenzione e risposte alle vecchie e nuove povertà che vanno diffondendosi.
Le forze di centro-sinistra, ne sono convinto, possono vincere solo se sapranno essere una reale e concreta alternativa non solo alle destre ma alla vecchia politica.
Grande la confusione sotto il cielo. Ma la situazione, per il centro-sinistra irpino, non è affatto eccellente. Non trovo parole migliori di queste per descrivere la condizione in cui si è avviato il confronto.
Partire dai nomi, o addirittura dalla loro imposizione, è una scelta che umilia la politica e rischia di rendere inutile qualsiasi confronto. Anche perché, come tutti sanno, il giudizio del Prc sulle amministrazioni Galasso e De Simone non è certamente positivo.
C’è di che stare preoccupati, dunque, se, di fronte ad un’unica e sola riunione dei Segretari provinciali, tutto rischia di ridursi ai nomi da indicare per la poltrona più alta di Provincia e Comune capoluogo.
Questa è la solita vecchia, sbagliata, abitudine.
E invece la vera questione, a mio avviso assolutamente decisiva e preliminare, è verificare se ci sono le condizioni politico-programmatiche per costruire un’alleanza e quale Progetto condiviso si avanza per l’Irpinia. Poi, eventualmente, si potrà valutare chi incarna al meglio, con la sua storia politica amministrativa e personale, quel progetto.
Passa da qui, ne sono convinto, la prima vera rottura col passato, col vecchio centro-sinistra che ha conosciuto l’Irpinia.
I Partiti non possono pensare di continuare a riprodurre lo schema logoro di una politica che mette al centro la geometria del potere e il risiko delle poltrone negli enti.
Quel modello lì è fallito clamorosamente in questi anni, quando la politica ha perso la capacità e la voglia di indicare un progetto alto e altro per la nostre gente, quando ci siamo affannati a costruire assemblaggi elettorali e non coalizioni politiche. E quando l’amministrazione perde la bussola del progetto, si espone alla degenerazione della politica e della morale.
Non è in questo modo che si può costruire un argine alle destre nel nostro Paese; eppure ce n’è assoluto e urgente bisogno, con un Governo che vuol fare dell’Irpinia una pattumiera, che cancella la questione meridionale, che aggredisce i diritti civili e restringe gli spazi democratici. Con un Berlusconi che vuole smantellare la scuola pubblica e il contratto collettivo di lavoro, che non affronta la precarietà dei giovani, che è statalista con le grandi banche e liberista con lavoratori e famiglie.
Ma soprattutto non è in questo modo che si può costruire una credibile alternativa alle destre in Irpinia. Quelle destre che con sempre più spregiudicatezza si aprono al confronto con l’Udc di Pionati e con i Popolari di De Mita e, così, si preparano a costruire una potente corazzata elettorale.
Non possiamo pensare di contrapporre cartello elettorale a cartello elettorale, saremmo sconfitti.
E non si possono riproporre stanche liturgie e vecchie alchimie politiciste, saremmo travolti. L’altro punto di rottura col vecchio centro-sinistra passa da qui, dal coraggio di infrangere l’autoreferenzialità dei partiti e dei governi e di aprire i processi e le scelte politiche alla partecipazione popolare.
Ma il ritardo fin qui accumulato è enorme e non abbiamo più molto tempo.
Per questo è indispensabile, qui ed ora, il rilancio di un serio confronto politico e programmatico tra le forze democratiche e progressiste.
È su questo terreno, quello del progetto e dell’egemonia, che si colloca la sfida tra il centro e la sinistra, tra moderati e radicali. Misuriamoci e verifichiamo se è possibile avanzare un “Progetto per l’Irpinia”.
Un progetto che parli di un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile e di lavoro di qualità; di politiche a difesa dei servizi pubblici e dell’acqua; di iniziative per fermare l’emigrazione dei giovani e lo spopolamento dei nostri paesi; di pratiche di legalità e moralità nella pubblica amministrazione; di una moderna e sostenibile gestione dei rifiuti; di attenzione e risposte alle vecchie e nuove povertà che vanno diffondendosi.
Le forze di centro-sinistra, ne sono convinto, possono vincere solo se sapranno essere una reale e concreta alternativa non solo alle destre ma alla vecchia politica.
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Irpinia disarmante.
di Generoso Bruno - Left
Il Formicoso, ad oltre novecento metri sul livello del mare, dove la linea d’orizzonte confonde l’Irpinia con la Puglia e la Basilicata, da più di una settimana, è “zona di alto interesse strategico nazionale”. Rovi distesi di filo spinato, annunciando la sorveglianza armata, intimano il divieto d’accesso per consentire, già in zona militare, i carotaggi per il sito che ospiterà i rifiuti di tutta la Campania. Impossibile la circolazione di uomini e mezzi. Intorno, a perdita d’occhio, la terra, pronta per la nuova semina, sussurra l’antica geometria del lavoro nei campi. Il Formicoso produce i tre quarti del grano della Campania, il pregiato “00 Cappelli”, che nell’area fra Andretta e Bisaccia da ancora oggi da vivere a centinaia di famiglie. E’ qui che, il 2 ottobre, in più di diecimila, hanno marciato per dire no alla mega discarica di Pero Spaccone. Insieme a Vinicio Capossela, di origine irpina, riusciamo a raggiungere la zona militare: “E’ come la contrapposizione di due immagini. In questo luogo - dice il cantautore guardando il prato che questa estate aveva accolto il suo concerto in difesa dell’altipiano – si può sentire, forte, la voce della terra mortificata dal filo spinato sopra questa infinita distesa di grano. Mi sconvolge l’incapacità dei governi a voler ascoltare. E’ terribile l’assenza di una controparte disposta a capire”. Sul Formicoso si avverte lo spaesamento di una comunità che non comprende il nuovo risiko della politica; che non si spiega di come un governo, tradendo i patti, possa ordinare la presa dell’altipiano. E’ ancora vivo il racconto di quell’alba elettrica dell’azzurro dei lampeggianti, anticipata dal rumore delle colonne dei mezzi militari. Il tradimento. La rabbia. La risposta decisa di carabinieri e polizia che, in tenuta antisommossa, consentono ai militari di cominciare il lavoro di recinzione. Un anziano contadino, in un disperato tentativo, contrappone il proprio corpo ai mezzi dell’esercito. E’ così che sul Formicoso i militari, come i moderni campieri di “una dittatura politica e mediatica” - dice uno striscione - si riprendono quella stessa terra liberata sessant’anni fa dal demanio e dal latifondo. “Cosa fate qua”? L’Irpinia non vuole capire. Rocco, con un cartello, durante il corteo, chiede ai militari: “Cosa volete. Cosa fate, in forze così ingenti su una terra di contadini, di gente onesta, dove non succede un omicidio da almeno un centinaio di anni. Cosa volete”? Non lo capisce Luca, trent’anni, operaio, sul campanile della cattedrale di Bisaccia per protestare contro la realizzazione della discarica sulle terre dell’altipiano. Già oltre 60 sono gli ettari occupati. Si teme per altri 80. Una speranza è legata al nuovo piano rifiuti della regione. Alla disputa tra Ganapini e Bertolaso. Si spera che il nuovo strumento, rompendo con la logica delle discariche e dell’incenerimento, tolga la ramazza dalle mani di Berlusconi e l’affare – bipartisan – degli inceneritori da quelle di Bertolaso. Da sempre, da queste parti, la vita è stata la terra ed a pochi metri, nel suolo, l’acqua. La diga di Conza è lì, poco distante, con 50 milioni di euro di finanziamento per la potabilizzazione che rischiano di finire, per come è stata sintetizzata l’interrogazione di Roberto Musacchio a Bruxelles, con “la munnezza sopra e l’acqua sotto”. Intanto una donna anziana, non lontano da una delle pale eoliche, con un occhio verso i militari, chiede a Vinicio: “Ma noi, a chi abbiamo ucciso, per meritare tutto questo”?
Il Formicoso, ad oltre novecento metri sul livello del mare, dove la linea d’orizzonte confonde l’Irpinia con la Puglia e la Basilicata, da più di una settimana, è “zona di alto interesse strategico nazionale”. Rovi distesi di filo spinato, annunciando la sorveglianza armata, intimano il divieto d’accesso per consentire, già in zona militare, i carotaggi per il sito che ospiterà i rifiuti di tutta la Campania. Impossibile la circolazione di uomini e mezzi. Intorno, a perdita d’occhio, la terra, pronta per la nuova semina, sussurra l’antica geometria del lavoro nei campi. Il Formicoso produce i tre quarti del grano della Campania, il pregiato “00 Cappelli”, che nell’area fra Andretta e Bisaccia da ancora oggi da vivere a centinaia di famiglie. E’ qui che, il 2 ottobre, in più di diecimila, hanno marciato per dire no alla mega discarica di Pero Spaccone. Insieme a Vinicio Capossela, di origine irpina, riusciamo a raggiungere la zona militare: “E’ come la contrapposizione di due immagini. In questo luogo - dice il cantautore guardando il prato che questa estate aveva accolto il suo concerto in difesa dell’altipiano – si può sentire, forte, la voce della terra mortificata dal filo spinato sopra questa infinita distesa di grano. Mi sconvolge l’incapacità dei governi a voler ascoltare. E’ terribile l’assenza di una controparte disposta a capire”. Sul Formicoso si avverte lo spaesamento di una comunità che non comprende il nuovo risiko della politica; che non si spiega di come un governo, tradendo i patti, possa ordinare la presa dell’altipiano. E’ ancora vivo il racconto di quell’alba elettrica dell’azzurro dei lampeggianti, anticipata dal rumore delle colonne dei mezzi militari. Il tradimento. La rabbia. La risposta decisa di carabinieri e polizia che, in tenuta antisommossa, consentono ai militari di cominciare il lavoro di recinzione. Un anziano contadino, in un disperato tentativo, contrappone il proprio corpo ai mezzi dell’esercito. E’ così che sul Formicoso i militari, come i moderni campieri di “una dittatura politica e mediatica” - dice uno striscione - si riprendono quella stessa terra liberata sessant’anni fa dal demanio e dal latifondo. “Cosa fate qua”? L’Irpinia non vuole capire. Rocco, con un cartello, durante il corteo, chiede ai militari: “Cosa volete. Cosa fate, in forze così ingenti su una terra di contadini, di gente onesta, dove non succede un omicidio da almeno un centinaio di anni. Cosa volete”? Non lo capisce Luca, trent’anni, operaio, sul campanile della cattedrale di Bisaccia per protestare contro la realizzazione della discarica sulle terre dell’altipiano. Già oltre 60 sono gli ettari occupati. Si teme per altri 80. Una speranza è legata al nuovo piano rifiuti della regione. Alla disputa tra Ganapini e Bertolaso. Si spera che il nuovo strumento, rompendo con la logica delle discariche e dell’incenerimento, tolga la ramazza dalle mani di Berlusconi e l’affare – bipartisan – degli inceneritori da quelle di Bertolaso. Da sempre, da queste parti, la vita è stata la terra ed a pochi metri, nel suolo, l’acqua. La diga di Conza è lì, poco distante, con 50 milioni di euro di finanziamento per la potabilizzazione che rischiano di finire, per come è stata sintetizzata l’interrogazione di Roberto Musacchio a Bruxelles, con “la munnezza sopra e l’acqua sotto”. Intanto una donna anziana, non lontano da una delle pale eoliche, con un occhio verso i militari, chiede a Vinicio: “Ma noi, a chi abbiamo ucciso, per meritare tutto questo”?
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martedì 14 ottobre 2008
Omovies Rassegna di cinema omosessuale e questioning Napoli 29,30 31 Ott 08.
Il 29, 30 e 31 ottobre si svolgerà a Napoli, presso l'Academy Astra (via Mezzocannone, 109) con ingresso gratuito, la prima edizione della rassegna cinematografica dedicata al mondo gay, dal titolo OMOVIES. Questa è per la città il primo evento artistico-culturale di rilevanza nazionale che si organizza dopo gli ultimi tentativi di intimidazione nei confronti della comunità gay/lesbo.
OMOVIES - ideata da Carlo Cremona e Marco Taglialatela e curata da Massimiliano Palmese - è promossa dall’associazione i Ken Onlus con l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Napoli e l’Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia di Napoli. OMOVIES ha anche il Patrocinio Morale dell’Assessorato alle Pari Opportunità e Politiche Sociali della Regione Campania e del Coinor.
La rassegna è composta da film e documentari gay e queer che vengono proiettati a Napoli per la prima volta in edizione integrale. Tra gli eventi più attesi il cartone animato "Rick & Steve - La coppia gay più felice del mondo", premiato al Cartoons on the Bay 2008.
Tra i film in programma, “Dire, fare, baciare”, “Boy culture” e la deliziosa commedia spagnola tutta al femminile “El favor”, distribuiti da Fourlab. Saranno riproposte inoltre alcune produzioni italiane recenti, come “Corazones de mujer”, un road movie Torino-Casablanca. Per la sezione documentari "Le regole del Vaticano" di Alessandro Avellis e Gabriele Ferluga, che vede la partecipazione tra gli altri di Don Vitaliano Della Scala e di Aurelio Mancuso presidente nazionale di Arcigay, e una puntata di Stracult "Mondo gaio", prodotta da RaiSat e curata da Enrico Salvatori.
Per info: 392.3887147 – 339.6215177
www.omovies.it - www.myspace.com/omoviesnapoli - www.i-ken.org
OMOVIES - ideata da Carlo Cremona e Marco Taglialatela e curata da Massimiliano Palmese - è promossa dall’associazione i Ken Onlus con l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Napoli e l’Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia di Napoli. OMOVIES ha anche il Patrocinio Morale dell’Assessorato alle Pari Opportunità e Politiche Sociali della Regione Campania e del Coinor.
La rassegna è composta da film e documentari gay e queer che vengono proiettati a Napoli per la prima volta in edizione integrale. Tra gli eventi più attesi il cartone animato "Rick & Steve - La coppia gay più felice del mondo", premiato al Cartoons on the Bay 2008.
Tra i film in programma, “Dire, fare, baciare”, “Boy culture” e la deliziosa commedia spagnola tutta al femminile “El favor”, distribuiti da Fourlab. Saranno riproposte inoltre alcune produzioni italiane recenti, come “Corazones de mujer”, un road movie Torino-Casablanca. Per la sezione documentari "Le regole del Vaticano" di Alessandro Avellis e Gabriele Ferluga, che vede la partecipazione tra gli altri di Don Vitaliano Della Scala e di Aurelio Mancuso presidente nazionale di Arcigay, e una puntata di Stracult "Mondo gaio", prodotta da RaiSat e curata da Enrico Salvatori.
Per info: 392.3887147 – 339.6215177
www.omovies.it - www.myspace.com/omoviesnapoli - www.i-ken.org
venerdì 10 ottobre 2008
L'undici ottobre per rimettere in moto la politica.
di Cinzia Spiniello - Coordinatrice Area "Rifondazione per la Sinistra"
In Italia si sta consolidando l'idea della scomparsa dell'opposizione parlamentare. L'idea di Veltroni di sospendere la manifestazione di protesta convocata dal Pd per il 25 ottobre e quella di offrire ufficialmente a Berlusconi i propri servigi per affrontare la crisi finanziaria, rappresentano la resa incondizionata dell'opposizione che potrebbe davvero far precipitare il nostro Paese, dopo molti decenni, in una situazione oggettiva di “regime”. Regime che non consiste nel fatto che alcuni governi si mostrano aggressivi, ma nel fatto che non esiste un'opposizione capace di contrastarne le politiche svuotando di fatto le funzioni del parlamento. E' quello che sta succedendo: prima si è cancellato il pluralismo per poi sostituirlo con un sostanziale bipartitismo in un meccanismo che porta uno dei due partiti (quello vincente e di governo) al di sopra di tutto e assegna all'altro partito (cioè al Pd) il ruolo di forza di supporto subalterna. Di fronte al crollo delle borse, in tutto l'Occidente, è iniziata da parte di molti partiti la corsa a chiedere l'unità nazionale, mentre nessuno si è sognato di confrontarsi fin da subito con le parti sociali rispetto all'emergenza nazionale che coinvolge ampi settori della società (soprattutto il lavoro dipendente), condizione progressivamente peggiorata negli ultimi 20 anni.
Per queste ragioni domani 11 ottobre diventa una giornata decisiva per tutta la Sinistra in Italia, che ha indetto una manifestazione nazionale a Roma a partire dalle ore 14,00 da piazza Esedra, per rimettere in moto la politica che è rimasta ferma a quel drammatico 13 aprile che ha sancito la scomparsa dal Parlamento di tutto il blocco della sinistra politica.
Se domani saremo abbastanza forti e vivaci anche quelli che non verranno ci saranno grati, anche la gente del Pd, che non crediamo sia disposta ad attendere oltre una diversa strategia del suo leader. Quella dell'11 ottobre è una giornata da non sottovalutare, può costituire uno spartiacque per il futuro dell'Italia. Rifondazione per la sinistra parteciperà alla manifestazione con un pullman che partirà sabato 11 ottobre alle ore 9:00 da piazza D'Armi ad Avellino.
In Italia si sta consolidando l'idea della scomparsa dell'opposizione parlamentare. L'idea di Veltroni di sospendere la manifestazione di protesta convocata dal Pd per il 25 ottobre e quella di offrire ufficialmente a Berlusconi i propri servigi per affrontare la crisi finanziaria, rappresentano la resa incondizionata dell'opposizione che potrebbe davvero far precipitare il nostro Paese, dopo molti decenni, in una situazione oggettiva di “regime”. Regime che non consiste nel fatto che alcuni governi si mostrano aggressivi, ma nel fatto che non esiste un'opposizione capace di contrastarne le politiche svuotando di fatto le funzioni del parlamento. E' quello che sta succedendo: prima si è cancellato il pluralismo per poi sostituirlo con un sostanziale bipartitismo in un meccanismo che porta uno dei due partiti (quello vincente e di governo) al di sopra di tutto e assegna all'altro partito (cioè al Pd) il ruolo di forza di supporto subalterna. Di fronte al crollo delle borse, in tutto l'Occidente, è iniziata da parte di molti partiti la corsa a chiedere l'unità nazionale, mentre nessuno si è sognato di confrontarsi fin da subito con le parti sociali rispetto all'emergenza nazionale che coinvolge ampi settori della società (soprattutto il lavoro dipendente), condizione progressivamente peggiorata negli ultimi 20 anni.
Per queste ragioni domani 11 ottobre diventa una giornata decisiva per tutta la Sinistra in Italia, che ha indetto una manifestazione nazionale a Roma a partire dalle ore 14,00 da piazza Esedra, per rimettere in moto la politica che è rimasta ferma a quel drammatico 13 aprile che ha sancito la scomparsa dal Parlamento di tutto il blocco della sinistra politica.
Se domani saremo abbastanza forti e vivaci anche quelli che non verranno ci saranno grati, anche la gente del Pd, che non crediamo sia disposta ad attendere oltre una diversa strategia del suo leader. Quella dell'11 ottobre è una giornata da non sottovalutare, può costituire uno spartiacque per il futuro dell'Italia. Rifondazione per la sinistra parteciperà alla manifestazione con un pullman che partirà sabato 11 ottobre alle ore 9:00 da piazza D'Armi ad Avellino.
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Formicoso, l'interrogazione al Parlamento Europeo di Roberto Musacchio - PRC/SE - Testo integrale.
OGGETTO:
Compatibilità della discarica in località Pero Spaccone (Formicoso) nel Comune di
Andretta (AV) con l'invaso di Conza e il reticolo idrografico del bacino del fiume
Ofanto.
TESTO:
Premesso che
- l'area di Pero Spaccone sull'altopiano del Formicoso è stata scelta dal DL 23.5.08 n.90 ora L.14.7.2008
n.123 quale sito per una discarica e stoccaggio provvisorio di rifiuti, la cui durata nel tempo deve essere
ancora definita dal Piano regionale rifiuti della Regione Campania secondo gli art. 8-9 della legge n.123;
- l'assetto idrogeologico della provincia di Avellino è già a forte rischio ambientale per la presenza di tre
ampie discariche, i cui siti sono stati decisi solo su base di studi d'impatto locali senza esaminare lo stato
orografico e idrogeologico dell'intero territorio e le conseguenze delle discariche sulle falde acquifere;
- a 9 km dall'area da destinare a discarica vi è l'invaso artificiale da 50 milioni di mc di Conza sul fiume
Ofanto che immetterà nella rete dell'Acquedotto Pugliese 1 mc di acqua/secondo per il consumo umano:
- la potabilizzazione delle acque del bacino di Conza fornirà alla Puglia 32 milioni di mc/annui d'acqua a
piú di 5 milioni di abitanti è stata decisa con Delibera Cipe 96/04 del 20.12.04 finanziata da Acquedotto
Pugliese e Ministero dell'Economia per 49.035.705 €: i lavori già appaltati e impegnati gli stanziamenti;
-è quindi urgente per la discarica fare un'analisi ambientale d'impatto degli aspetti idrodinamici connessi
con fenomeni sismici e carsici e con l'estrema impermeabilità del terreno che non esclude il trasporto per
dilavamento nel fiume Ofanto e nell'invaso di Conza di tutti gli inquinanti da rifiuti presenti in superficie
- la distanza di 9 km, la presenza di numerosi torrenti, ruscelli e pozzi che rischiano di sfuggire ad ogni
controllo accentua l'alto rischio ambientale per il carattere argilloso-marnoso del terreno per cui la sola
quota di acque non destinate a raggiungere l'invaso saranno solo quelle che evaporeranno in atmosfera;
-il D.Lgs 36/2003 impone che il fondo della discarica sia collocato ad una distanza minima di 2m dal
livello di massima escursione della falda acquifera con criterio penalizzate di una distanza non inferiore
ai 10m e il D.Lgs.152/99 e successive modifiche impone regole severe sulla definizione della"zona di
rispetto" che non deve essere inferiore ai 400m di distanza dai centri di captazione d'acqua mentre nelle
adiacenze del sito da adibire a discarica sono presenti ben 12 pozzi che sono un chiaro indizio di
presenza di falda acquifera;
si chiede
se la Commissione non ritenga che per la sua specificità idrogeologica il Formicoso avrebbe dovuto
essere già escluso dall'elenco delle discariche (art.9 L.14.7.08 n.123) e si debba realizzare una
valutazione d'impatto ambientale ampia prima quindi di decidere definitivamente se destinare o meno
tale area a discarica rifiuti.
7/10/2008
on. Roberto Musacchio
Compatibilità della discarica in località Pero Spaccone (Formicoso) nel Comune di
Andretta (AV) con l'invaso di Conza e il reticolo idrografico del bacino del fiume
Ofanto.
TESTO:
Premesso che
- l'area di Pero Spaccone sull'altopiano del Formicoso è stata scelta dal DL 23.5.08 n.90 ora L.14.7.2008
n.123 quale sito per una discarica e stoccaggio provvisorio di rifiuti, la cui durata nel tempo deve essere
ancora definita dal Piano regionale rifiuti della Regione Campania secondo gli art. 8-9 della legge n.123;
- l'assetto idrogeologico della provincia di Avellino è già a forte rischio ambientale per la presenza di tre
ampie discariche, i cui siti sono stati decisi solo su base di studi d'impatto locali senza esaminare lo stato
orografico e idrogeologico dell'intero territorio e le conseguenze delle discariche sulle falde acquifere;
- a 9 km dall'area da destinare a discarica vi è l'invaso artificiale da 50 milioni di mc di Conza sul fiume
Ofanto che immetterà nella rete dell'Acquedotto Pugliese 1 mc di acqua/secondo per il consumo umano:
- la potabilizzazione delle acque del bacino di Conza fornirà alla Puglia 32 milioni di mc/annui d'acqua a
piú di 5 milioni di abitanti è stata decisa con Delibera Cipe 96/04 del 20.12.04 finanziata da Acquedotto
Pugliese e Ministero dell'Economia per 49.035.705 €: i lavori già appaltati e impegnati gli stanziamenti;
-è quindi urgente per la discarica fare un'analisi ambientale d'impatto degli aspetti idrodinamici connessi
con fenomeni sismici e carsici e con l'estrema impermeabilità del terreno che non esclude il trasporto per
dilavamento nel fiume Ofanto e nell'invaso di Conza di tutti gli inquinanti da rifiuti presenti in superficie
- la distanza di 9 km, la presenza di numerosi torrenti, ruscelli e pozzi che rischiano di sfuggire ad ogni
controllo accentua l'alto rischio ambientale per il carattere argilloso-marnoso del terreno per cui la sola
quota di acque non destinate a raggiungere l'invaso saranno solo quelle che evaporeranno in atmosfera;
-il D.Lgs 36/2003 impone che il fondo della discarica sia collocato ad una distanza minima di 2m dal
livello di massima escursione della falda acquifera con criterio penalizzate di una distanza non inferiore
ai 10m e il D.Lgs.152/99 e successive modifiche impone regole severe sulla definizione della"zona di
rispetto" che non deve essere inferiore ai 400m di distanza dai centri di captazione d'acqua mentre nelle
adiacenze del sito da adibire a discarica sono presenti ben 12 pozzi che sono un chiaro indizio di
presenza di falda acquifera;
si chiede
se la Commissione non ritenga che per la sua specificità idrogeologica il Formicoso avrebbe dovuto
essere già escluso dall'elenco delle discariche (art.9 L.14.7.08 n.123) e si debba realizzare una
valutazione d'impatto ambientale ampia prima quindi di decidere definitivamente se destinare o meno
tale area a discarica rifiuti.
7/10/2008
on. Roberto Musacchio
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ROBERTO MUSACCHIO
giovedì 9 ottobre 2008
BISACCIA / Formicoso / Pianeta Terra. Domenica 12 ottobre
ASSEMBLEA PUBBLICA
per dire
NO alla DISCARICA DEL FORMICOSO
Ore 10:30
Partecipano:
G. IMBRIANO/ Segretario provinciale Prc-Se
F. MASELLI/ Presidente Alto Calore Servizi
A. CARUSO/ Sindaco di Andretta
G. DI MILIA/ Presidente Comunità Montana
A. PELULLO/ Assessore al Comune di Bisaccia
S. AQUINO/ Presidente Parco Monti Picentini
F. ARMINIO/ Nessuno tocchi il Formicoso
M. DI MAIO/ Legambiente Campania
On. ROBERTO MUSACCHIO
Presidente Deputati Prc-Se al Parlamento Europeo
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ROBERTO MUSACCHIO
NON E' CHE L' INIZIO... Manifestazione studentesca.
L'autunno dell' opposizione al Governo delle destre, è cominciato!
Manifestazione studentesca, in difesa della scuola pubblica, ad Avellino venerdì mattina ore 9.oo.
Anche ad Avellino, come in tutte le piazze d' Italia, l'autunno sarà aperto dagli studenti per manifestare la libertà di conoscere e di apprendere in una scuola ed in una università pubblica e per chiedere l'immediato ritiro dei
provvedimenti del Ministro Gelmini.
Un nuovo movimento comincia a prendere corpo nel Paese, nelle scuole elementari occupate dalle maestre precarie e nelle aule universitarie agitate degli studenti e dai ricercatori privati, negli istituti del CNR minacciati dai tagli del Governo, e nei volti del milione di persone che ha preso parte alla mobilitazione promossa alla CGIL.
E non è che l' inizio...
"Le Organizzazioni Sindacali Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda hanno deciso di promuovere una forte mobilitazione di tutto il personale della scuola che comprende lo sciopero generale nazionale per l'intera giornata di giovedì 30 ottobre. Cub, Cobas e Sdl Intercategoriale,invece, hanno confermato oggi "lo sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private per l'intera giornata del 17 ottobre 2008".
Manifestazione studentesca, in difesa della scuola pubblica, ad Avellino venerdì mattina ore 9.oo.
Anche ad Avellino, come in tutte le piazze d' Italia, l'autunno sarà aperto dagli studenti per manifestare la libertà di conoscere e di apprendere in una scuola ed in una università pubblica e per chiedere l'immediato ritiro dei
provvedimenti del Ministro Gelmini.
Un nuovo movimento comincia a prendere corpo nel Paese, nelle scuole elementari occupate dalle maestre precarie e nelle aule universitarie agitate degli studenti e dai ricercatori privati, negli istituti del CNR minacciati dai tagli del Governo, e nei volti del milione di persone che ha preso parte alla mobilitazione promossa alla CGIL.
E non è che l' inizio...
"Le Organizzazioni Sindacali Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda hanno deciso di promuovere una forte mobilitazione di tutto il personale della scuola che comprende lo sciopero generale nazionale per l'intera giornata di giovedì 30 ottobre. Cub, Cobas e Sdl Intercategoriale,invece, hanno confermato oggi "lo sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private per l'intera giornata del 17 ottobre 2008".
L'11 ottobre, c'è la Sinistra e c'è l'opposizione.
“L’11 ottobre –dichiara Gennaro M. Imbriano , Segretario provinciale di Rifondazione- è il giorno in cui la sinistra si rimette in cammino, dopo la batosta elettorale di aprile e lo stordimento generato dalla stagione dei congressi.
E non si può che ripartire dall’opposizione, dalla costruzione di un largo fronte di opposizione popolare al Governo delle destre.
Mai come ora, in questo Paese, c’è bisogno di opposizione: contro un Governo che vuole fare del Formicoso e dell’Irpinia una pattumiera, che attacca il Sud e cancella la questione meridionale, che aggredisce i diritti civili e restringe gli spazi democratici, che smantella la scuola pubblica, che ha lanciato un’offensiva contro il contratto collettivo di lavoro e contro il sindacato.
Questo è il Governo che assume come priorità la cancellazione delle preferenze dalla legge elettorale per le Europee e l’impunità del suo Presidente del Consiglio, ma che dimentica di affrontare la precarietà in cui vivono tanti giovani e la terribile recessione che investe gli italiani.
Per questo –conclude il Segretario del Prc- saremo in piazza l’11 ottobre: per dire che c’è un’opposizione al Governo Berlusconi, per dire che c’è e ci sarà una sinistra”.
E non si può che ripartire dall’opposizione, dalla costruzione di un largo fronte di opposizione popolare al Governo delle destre.
Mai come ora, in questo Paese, c’è bisogno di opposizione: contro un Governo che vuole fare del Formicoso e dell’Irpinia una pattumiera, che attacca il Sud e cancella la questione meridionale, che aggredisce i diritti civili e restringe gli spazi democratici, che smantella la scuola pubblica, che ha lanciato un’offensiva contro il contratto collettivo di lavoro e contro il sindacato.
Questo è il Governo che assume come priorità la cancellazione delle preferenze dalla legge elettorale per le Europee e l’impunità del suo Presidente del Consiglio, ma che dimentica di affrontare la precarietà in cui vivono tanti giovani e la terribile recessione che investe gli italiani.
Per questo –conclude il Segretario del Prc- saremo in piazza l’11 ottobre: per dire che c’è un’opposizione al Governo Berlusconi, per dire che c’è e ci sarà una sinistra”.
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martedì 7 ottobre 2008
Roma 11 ottobre.
Manifestazione nazionale contro le politiche del governo Berlusconi
Partenza in autobus da Avellino - Tribunale - alle ore 09:00 – prenotazioni al 347.3363247
Partenza in autobus da Avellino - Tribunale - alle ore 09:00 – prenotazioni al 347.3363247
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venerdì 3 ottobre 2008
giovedì 2 ottobre 2008
A Paternopoli, torna la Rifondazione.
Alle/Ai Compagne/e di Paternopoli
Dai territori, sempre più spesso, nasce la spinta all’unità a Sinistra, alla partecipazione e all’impegno diretto di militanti vecchi e nuovi.
Vorremmo tentare di avviare questi importanti percorsi anche a Paternopoli, dal momento che molti compagne e compagni si sono tesserati al PRC-SE e tanti sono coloro che comunque hanno espresso interesse e vicinanza al nostro progetto politico e di società.
Con questo spirito, e accogliendo le sollecitazioni del compagne/i, invitiamo tutte/i voi a partecipare ad una riunione per la costituzione del gruppo PRC-SE di Paternopoli ed eleggere una/o portavoce.
L’occasione sarà utile anche per individuare dei punti prioritari su cui centrare la nostra futura azione politica ed animazione sociale sul e per il nostro territorio.
Per svolgere questo lavoro abbiamo deciso di darci appuntamento per Lunedì 06 Ottobre 2008 alle ore 19:30 presso i locali del Ristorante “IL CAMINETTO” – Via Piano Paternopoli (AV)
Per il Circolo Prc-Se Paternopoli
Giuseppe Rabasca
Il Segretario provinciale del Prc-Se
Gennaro M. Imbriano
Dai territori, sempre più spesso, nasce la spinta all’unità a Sinistra, alla partecipazione e all’impegno diretto di militanti vecchi e nuovi.
Vorremmo tentare di avviare questi importanti percorsi anche a Paternopoli, dal momento che molti compagne e compagni si sono tesserati al PRC-SE e tanti sono coloro che comunque hanno espresso interesse e vicinanza al nostro progetto politico e di società.
Con questo spirito, e accogliendo le sollecitazioni del compagne/i, invitiamo tutte/i voi a partecipare ad una riunione per la costituzione del gruppo PRC-SE di Paternopoli ed eleggere una/o portavoce.
L’occasione sarà utile anche per individuare dei punti prioritari su cui centrare la nostra futura azione politica ed animazione sociale sul e per il nostro territorio.
Per svolgere questo lavoro abbiamo deciso di darci appuntamento per Lunedì 06 Ottobre 2008 alle ore 19:30 presso i locali del Ristorante “IL CAMINETTO” – Via Piano Paternopoli (AV)
Per il Circolo Prc-Se Paternopoli
Giuseppe Rabasca
Il Segretario provinciale del Prc-Se
Gennaro M. Imbriano
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Il PRC Campania contro la discarica del Formicoso.
La Segreteria regionale del PRC-SE esprime solidarietà alle migliaia di manifestanti, tra cui moltissimi Sindaci dell’intera Irpinia, che oggi hanno sfilato pacificamente sul Formicoso.
Non è la protesta di una minoranza, ma la marcia dignitosa di un’intera provincia che avanza e pratica un’altra idea di gestione dei rifiuti.
Dalla piazza è emerso un convinto “no” al piano Bertolaso-Berlusconi, che prevede il raddoppio di discariche e inceneritori in Campania, ma soprattutto tanti “si”: per la riduzione dei rifiuti a monte; per il potenziamento della raccolta differenziata e degli impianti di compostaggio; per il rapido adeguamento degli attuali 7 impianti di CDR, facendoli diventare selezionatori di rifiuti e attrezzandoli per la produzione di compost.
Rifondazione Comunista continuerà a fare la propria parte, non solo stando al fianco di questo movimento ma anche sostenendo, nelle opportune sedi istituzionali, il lavoro dell’Assessore Regionale Walter Ganapini.
Peppe De Cristofaro, Segretario regionale Prc-Se
Maria Grazia Valentino, Responsabile regionale Enti Locali Prc-Se
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
SEGRETERIA REGIONALE
Non è la protesta di una minoranza, ma la marcia dignitosa di un’intera provincia che avanza e pratica un’altra idea di gestione dei rifiuti.
Dalla piazza è emerso un convinto “no” al piano Bertolaso-Berlusconi, che prevede il raddoppio di discariche e inceneritori in Campania, ma soprattutto tanti “si”: per la riduzione dei rifiuti a monte; per il potenziamento della raccolta differenziata e degli impianti di compostaggio; per il rapido adeguamento degli attuali 7 impianti di CDR, facendoli diventare selezionatori di rifiuti e attrezzandoli per la produzione di compost.
Rifondazione Comunista continuerà a fare la propria parte, non solo stando al fianco di questo movimento ma anche sostenendo, nelle opportune sedi istituzionali, il lavoro dell’Assessore Regionale Walter Ganapini.
Peppe De Cristofaro, Segretario regionale Prc-Se
Maria Grazia Valentino, Responsabile regionale Enti Locali Prc-Se
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
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A Luisa Morgantini il Premio Peacemaker 2008 del Rebuilding Alliance.
Il 4 ottobre, la Vice Presidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini sarà insignita del Peacemaker Award 2008 dall'associazione Rebuilding Alliance, un'organizzazione no profit statunitense di cui fanno parte anche ebrei americani progressisti- impegnata nel rispetto dei diritti umani e della legalità internazionale e nella ricostruzione di case e comunità in zone di guerra e occupazione.
Il premio rappresenta un riconoscimento del lavoro e dell'impegno di Luisa Morgantini per la pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani, con particolare riguardo al tema del conflitto israelo-palestinese.
Saranno premiati anche Sami Sadik Sbaih, sindaco palestinese del villaggio di Al Aqabah in Cisgiordania, e l'architetto israeliano Shmuel Grolik, cofondatore del gruppo israeliano per i diritti umani BIMKOM: Planners for Planning Rights.
Infatti, l'obiettivo di Rebuilding Alliance è di creare "alleanze" tra i sostenitori e gli attivisti per la pace e coloro che sono vittime di ingiustizia e violenza, di mettere in atto progetti capaci di ricostruire comunità distrutte e offrire alle persone nel mondo strumenti immediati per praticare la pace, iniziando con un sostegno concreto al diritto delle famiglie ad avere una casa: attenzione particolare è posta sulla volontà di spingere Palestinesi, Israeliani e la comunità internazionale a ricostruire insieme case e scuole palestinesi a Gaza, nella West Bank e a Gerusalemme Est.
Per questo Rebuilding Alliance ha deciso di premiare Luisa Morgantini, i suoi sforzi e il suo impegno anno dopo anno, dentro il Parlamento Europeo così come tra i movimenti della società civile, per una pace giusta e duratura tra Palestinesi e Israeliani e per la giustizia e il rispetto dei diritti umani ovunque nel mondo.
La cerimonia di premiazione si terrà al Red Rock Chateau in Silverado, Orange County, California il 4 ottobre durante il primo e annuale Peacemakers Dinner.
Il premio rappresenta un riconoscimento del lavoro e dell'impegno di Luisa Morgantini per la pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani, con particolare riguardo al tema del conflitto israelo-palestinese.
Saranno premiati anche Sami Sadik Sbaih, sindaco palestinese del villaggio di Al Aqabah in Cisgiordania, e l'architetto israeliano Shmuel Grolik, cofondatore del gruppo israeliano per i diritti umani BIMKOM: Planners for Planning Rights.
Infatti, l'obiettivo di Rebuilding Alliance è di creare "alleanze" tra i sostenitori e gli attivisti per la pace e coloro che sono vittime di ingiustizia e violenza, di mettere in atto progetti capaci di ricostruire comunità distrutte e offrire alle persone nel mondo strumenti immediati per praticare la pace, iniziando con un sostegno concreto al diritto delle famiglie ad avere una casa: attenzione particolare è posta sulla volontà di spingere Palestinesi, Israeliani e la comunità internazionale a ricostruire insieme case e scuole palestinesi a Gaza, nella West Bank e a Gerusalemme Est.
Per questo Rebuilding Alliance ha deciso di premiare Luisa Morgantini, i suoi sforzi e il suo impegno anno dopo anno, dentro il Parlamento Europeo così come tra i movimenti della società civile, per una pace giusta e duratura tra Palestinesi e Israeliani e per la giustizia e il rispetto dei diritti umani ovunque nel mondo.
La cerimonia di premiazione si terrà al Red Rock Chateau in Silverado, Orange County, California il 4 ottobre durante il primo e annuale Peacemakers Dinner.
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