di Generoso Bruno - Left
Il Formicoso, ad oltre novecento metri sul livello del mare, dove la linea d’orizzonte confonde l’Irpinia con la Puglia e la Basilicata, da più di una settimana, è “zona di alto interesse strategico nazionale”. Rovi distesi di filo spinato, annunciando la sorveglianza armata, intimano il divieto d’accesso per consentire, già in zona militare, i carotaggi per il sito che ospiterà i rifiuti di tutta la Campania. Impossibile la circolazione di uomini e mezzi. Intorno, a perdita d’occhio, la terra, pronta per la nuova semina, sussurra l’antica geometria del lavoro nei campi. Il Formicoso produce i tre quarti del grano della Campania, il pregiato “00 Cappelli”, che nell’area fra Andretta e Bisaccia da ancora oggi da vivere a centinaia di famiglie. E’ qui che, il 2 ottobre, in più di diecimila, hanno marciato per dire no alla mega discarica di Pero Spaccone. Insieme a Vinicio Capossela, di origine irpina, riusciamo a raggiungere la zona militare: “E’ come la contrapposizione di due immagini. In questo luogo - dice il cantautore guardando il prato che questa estate aveva accolto il suo concerto in difesa dell’altipiano – si può sentire, forte, la voce della terra mortificata dal filo spinato sopra questa infinita distesa di grano. Mi sconvolge l’incapacità dei governi a voler ascoltare. E’ terribile l’assenza di una controparte disposta a capire”. Sul Formicoso si avverte lo spaesamento di una comunità che non comprende il nuovo risiko della politica; che non si spiega di come un governo, tradendo i patti, possa ordinare la presa dell’altipiano. E’ ancora vivo il racconto di quell’alba elettrica dell’azzurro dei lampeggianti, anticipata dal rumore delle colonne dei mezzi militari. Il tradimento. La rabbia. La risposta decisa di carabinieri e polizia che, in tenuta antisommossa, consentono ai militari di cominciare il lavoro di recinzione. Un anziano contadino, in un disperato tentativo, contrappone il proprio corpo ai mezzi dell’esercito. E’ così che sul Formicoso i militari, come i moderni campieri di “una dittatura politica e mediatica” - dice uno striscione - si riprendono quella stessa terra liberata sessant’anni fa dal demanio e dal latifondo. “Cosa fate qua”? L’Irpinia non vuole capire. Rocco, con un cartello, durante il corteo, chiede ai militari: “Cosa volete. Cosa fate, in forze così ingenti su una terra di contadini, di gente onesta, dove non succede un omicidio da almeno un centinaio di anni. Cosa volete”? Non lo capisce Luca, trent’anni, operaio, sul campanile della cattedrale di Bisaccia per protestare contro la realizzazione della discarica sulle terre dell’altipiano. Già oltre 60 sono gli ettari occupati. Si teme per altri 80. Una speranza è legata al nuovo piano rifiuti della regione. Alla disputa tra Ganapini e Bertolaso. Si spera che il nuovo strumento, rompendo con la logica delle discariche e dell’incenerimento, tolga la ramazza dalle mani di Berlusconi e l’affare – bipartisan – degli inceneritori da quelle di Bertolaso. Da sempre, da queste parti, la vita è stata la terra ed a pochi metri, nel suolo, l’acqua. La diga di Conza è lì, poco distante, con 50 milioni di euro di finanziamento per la potabilizzazione che rischiano di finire, per come è stata sintetizzata l’interrogazione di Roberto Musacchio a Bruxelles, con “la munnezza sopra e l’acqua sotto”. Intanto una donna anziana, non lontano da una delle pale eoliche, con un occhio verso i militari, chiede a Vinicio: “Ma noi, a chi abbiamo ucciso, per meritare tutto questo”?
venerdì 17 ottobre 2008
Irpinia disarmante.
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