venerdì 31 ottobre 2008

Il pane e le rose, appunti sulla crisi della Sinistra.

di Gennaro M. Imbriano

Cosa ci fa -mi chiedo- Rifondazione Comunista a vendere il pane?

Mi interrogo se è così che si riparte dal basso-a sinistra. Soprattutto se è giusto che sia questa la nostra principale campagna d’autunno nel pieno di una imponente crisi economica, mentre monta l’Onda delle proteste studentesche. Oppure se non si tratta, invece, dell’ennesimo segnale di un Partito che, al di là delle apparenze, si allontana sempre più dalla società e dalla comprensione dei processi che la attraversano, incapace di intercettare i sogni i bisogni e i desideri che la abitano.

C’è da riflettere seriamente se, mentre il Prc è impegnato nei mercati a fare la concorrenza alla social card del Ministro Tremonti, è il movimento degli studenti che mette a fuoco la vera questione politica che oggi abbiamo davanti nel nostro Paese.

Con lo slogan “la vostra crisi non la paghiamo”, si evidenzia efficacemente la contraddizione che vive la politica del Governo delle destre: da una parte i tagli alla scuola e alla ricerca,e più in generale allo stato sociale, dall’altra il pronto soccorso ai bilanci in rosso di banche e speculatori finanziari. La destra l’ha capito perfettamente: non arrivano per caso i consigli di Cossiga a Maroni, le minacce di Berlusconi e i gravissimi episodi di Piazza Navona.

Sono stati gli studenti, con le loro mobilitazioni, una volta che la crisi e la recessione hanno consentito di infrangere i tabù del liberismo, a porre una domanda eminentemente politica: “quale intervento pubblico?”.

Lo hanno scritto, nei giorni scorsi, anche Rossanda e Bertinotti: “la sinistra scompare se di fronte alla più grossa crisi del capitalismo non sa che cosa proporre”.

È proprio così. Va fatta vivere su questo punto la riflessione e l’iniziativa della sinistra.

Sono stati i ceti sociali più deboli -lavoratori, precari, disoccupati, pensionati- a pagare il prezzo più alto delle politiche neoliberiste in questi vent’anni di lacrime e sangue inaugurati da Reagan e Thatcher. Lo afferma l’Ocse, con particolare riferimento all’Italia, il Paese in cui sono più aumentate le diseguaglianze. Ed è su quegli stessi soggetti che ora Berlusconi e Tremonti vorrebbero scaricare il peso terribile della crisi.

Di fronte a questo, fare la guerra dei prezzi al panettiere dietro l’angolo è, nel migliore dei casi, riduttivo. La sinistra, invece, dovrebbe ragionare sulla crisi della finanza e dell’economia, mettendo in campo proposte politiche e conflitti sul contenimento dei prezzi ma soprattutto sull’aumento degli stipendi e della domanda aggregata, su un nuovo intervento pubblico nell’economia e nel Mezzogiorno, su un moderno welfare che contrasti vecchie povertà e nuove esclusioni.

Il nostro posto, dunque, è innanzitutto davanti a scuole e università, e anche nei mercati e nelle tante periferie, per far vivere questioni con un forte potenziale egemonico, provando ad aggregare ciò che il capitale scompone e disarticola ogni giorno. Non solo difesa della scuola, ma anche una campagna, una mobilitazione per l’introduzione del reddito di cittadinanza.

Finanche il Parlamento Europeo, quasi all’unanimità, lo scorso 9 ottobre, ha approvato una risoluzione presentata dalla deputata della Linke, Gabriele Zimmer, in cui si invitano “gli Stati membri a definire meccanismi di reddito garantito”.

È questo uno dei terreni che in prospettiva può unire le rivendicazioni degli studenti e dei precari, dei lavoratori e dei disoccupati. Non solo una lotta per il reddito ma anche per casa, istruzione, cultura, socialità. Non solo il pane, quindi, ma anche le rose!

Penso sia decisivo e prioritario per la sinistra il tentativo di ricomporre una società frantumata, attraversata sempre di più dalla paura e dalle solitudini, in cui trovano terreno fertile le destre e le guerre tra poveri.

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