“Le recenti dichiarazioni dell’on. De Mita –commenta Gennaro Imbriano, Segretario provinciale di Rifondazione- non sono certamente sorprendenti: era prevedibile, infatti, che il sistema demitiano tentasse di riorganizzarsi, finanche provando a costruire accordi con il PdL.
Ma le sue parole restano comunque gravi e rilevanti nel quadro politico provinciale. Esse rappresentano la base di una possibile intesa che rischia di spostare pesantemente a destra l’asse politico dell’Irpinia, conservando però le vecchie pratiche del sistema di potere democristiano.
Preoccupa, e non poco, -aggiunge Imbriano- che di fronte a tutto questo, dalle fila del centro-sinistra, ancora non giunga una proposta adeguata e all’altezza della sfida.
Finora hanno prevalso tatticismi e vecchi schemi politicisti. Ed è mancata la capacità di costruire un percorso di innovazione e unità, fattori indispensabili per battere le destre e il trasformismo.
Anche alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni, le forze democratiche e progressiste sono chiamate a rilanciare il confronto, riaprendo una discussione sul futuro dell’Irpinia, sgombrando il campo da pregiudiziali e tabù.
Ora dobbiamo voltare pagina e avviare una fase nuova.
Se il PD rinuncia al mito nefasto dell’autosufficienza, se la sinistra rompe i recinti asfittici della marginalità, ci sono ancora gli spazi per costruire un progetto alternativo alle destre e alla vecchia politica. Ma non c’è altro tempo da perdere”.
lunedì 29 dicembre 2008
Voltare pagina.
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mercoledì 17 dicembre 2008
Un "Loop" dentro l’apocalisse.
Loop è rivista bimestrale, sito internet con looponline e, soprattutto, collettivo politico che sceglie il terreno della ricerca eretica assumendo questo tempo come “anno zero” ed il contesto come “apocalisse”...
Loop è il segno dei tempi. È la moltitudine, mutevole e veloce. È le mille forme della autorappresentazione quotidiana, e, allo stesso tempo, la testimonianza più ruvida della nostra sconfitta. Loop si prende sul serio nel ridersi addosso. Loop è nei suoi molteplici, complessi e contraddittori significati...
...Loop odia la retorica, il populismo, le messe cantate, le liturgie e le autoassoluzioni, si nutre di contemporaneità, di curiosità, di pragmatico radicalismo. Loop è moderno e arcaico. Loop è culture linguaggi e conflitti dentro e oltre l’anno zero, un progetto politico editoriale che mette al centro la ricerca, il racconto, la costruzione di senso, la passione, la comunità, il globale, il noir, la poesia, l’economia, la memoria e la geografia, l’io, il noi e l’es. Loop assomiglia al corto circuito delle economie globali: sbeffeggia gli oracoli della globalizzazione, e si interroga sulla profondità della crisi sociale, culturale ed economica che attraversa il pianeta...
...Loop vuole parlare lingue e dialetti, vuole nutrirsi delle parole degli aymara e degli aborigeni, vuole capire la cosmogonia maya e narrare la congiunzione tra terra e libertà, tra terra e comunità. Loop è yiddish, la lingua parlata da undici milioni di europei prima dello sterminio, e ora estinta. Loop è una goccia che arranca alla ricerca di acqua e ha come unico obiettivo il tuffo e la mescolanza, il gorgo e la corrente, il fluire e il corrodere. Loop è residuo, margine, pura testimonianza. Loop si piace, non cerca consenso...
...Loop è arrogante, è ostinazione a voler esserci ancora, è resistenza agli urti e incapacità a riconciliarsi. Loop, dal 12 dicembre, è in onda...
www.looponline.info
Loop è il segno dei tempi. È la moltitudine, mutevole e veloce. È le mille forme della autorappresentazione quotidiana, e, allo stesso tempo, la testimonianza più ruvida della nostra sconfitta. Loop si prende sul serio nel ridersi addosso. Loop è nei suoi molteplici, complessi e contraddittori significati...
...Loop odia la retorica, il populismo, le messe cantate, le liturgie e le autoassoluzioni, si nutre di contemporaneità, di curiosità, di pragmatico radicalismo. Loop è moderno e arcaico. Loop è culture linguaggi e conflitti dentro e oltre l’anno zero, un progetto politico editoriale che mette al centro la ricerca, il racconto, la costruzione di senso, la passione, la comunità, il globale, il noir, la poesia, l’economia, la memoria e la geografia, l’io, il noi e l’es. Loop assomiglia al corto circuito delle economie globali: sbeffeggia gli oracoli della globalizzazione, e si interroga sulla profondità della crisi sociale, culturale ed economica che attraversa il pianeta...
...Loop vuole parlare lingue e dialetti, vuole nutrirsi delle parole degli aymara e degli aborigeni, vuole capire la cosmogonia maya e narrare la congiunzione tra terra e libertà, tra terra e comunità. Loop è yiddish, la lingua parlata da undici milioni di europei prima dello sterminio, e ora estinta. Loop è una goccia che arranca alla ricerca di acqua e ha come unico obiettivo il tuffo e la mescolanza, il gorgo e la corrente, il fluire e il corrodere. Loop è residuo, margine, pura testimonianza. Loop si piace, non cerca consenso...
...Loop è arrogante, è ostinazione a voler esserci ancora, è resistenza agli urti e incapacità a riconciliarsi. Loop, dal 12 dicembre, è in onda...
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Il pane e le rose, lettera a Brunetta.
Caro Ministro Brunetta,
non conosciamo le donne che lei frequenta oltre a quelle presenti nel governo, ma immaginiamo che il suo universo femminile sia alquanto ristretto. Solo ciò potrebbe spiegare la sua richiesta di innalzamento dell'età pensionabile e di equiparazione a quella degli uomini, in una sorta di “rivendicazione” di pari opportunità.
Ci tocca contraddirla e non di poco. Innanzitutto le donne vogliono vivere la propria vita dignitosamente, viverla con libertà ed indipendenza economica, vogliono realizzarsi nel lavoro conciliandolo con gli impegni familiari, vogliono vivere la maternità come una gioia e non come un impedimento al mondo del lavoro, vogliono essere rispettate dagli uomini a partire dai propri familiari e, possibilmente, vogliono vivere con molti spazi di felicità.
Le donne sognano di vivere tutto questo nel proprio paese, supportate da adeguati ammortizzatori sociali che assicurino loro l'applicazione reale - e finalmente efficace - delle pari opportunità in ambito lavorativo e professionale. In un paese dove si moltiplicano gli asili nido, dove le scuole funzionano, anche a tempo pieno, dove l'astensione dal lavoro per maternità non significa quasi sistematicamente licenziamento.
Purtroppo le donne che conosciamo noi sono le più sfruttate sul lavoro, le più vessate, quelle che il lavoro fuori casa si traduce spesso in lavoro di cura e di assistenza. Eccole domestiche o tate nelle case borghesi, eccole operaie nelle imprese di pulizia, eccole commesse, eccole operaie stagionali nei campi di raccolta. Eccole le lavoratrici sottopagate e a nero che dopo una giornata di duro lavoro - quale che esso sia - tornano a casa dove, ahimè, caro Ministro, non ci sono divani e giornali ad attenderle ma altre pesanti ore di lavoro domestico.
Le nostre donne, caro Brunetta, non sono veline o mogli di calciatori famosi, non sono “rifatte” ad immagine e somiglianza di stereotipi entrati, attraverso la televisione, nella “normale quotidianità” italiana, le nostre donne hanno il viso segnato dalle rughe della fatica, hanno la capacità di sopportare l'ingiustizia ed i soprusi , di contrastare la barbarie di tanti maschi, di riuscire ad rialzare ogni volta la loro linea di orizzonte.
Le nostre donne forse salveranno il mondo ma intanto lei ministro vuole innalzare l'età pensionabile senza sapere che noi vogliamo poter lavorare fino a 100 anni, ma di lavoro vero, che non vogliamo aspettare la pensione.
Noi vogliamo ora e subito il pane e le rose!
Cinzia Spiniello- Segreteria Provinciale Prc / Se
non conosciamo le donne che lei frequenta oltre a quelle presenti nel governo, ma immaginiamo che il suo universo femminile sia alquanto ristretto. Solo ciò potrebbe spiegare la sua richiesta di innalzamento dell'età pensionabile e di equiparazione a quella degli uomini, in una sorta di “rivendicazione” di pari opportunità.
Ci tocca contraddirla e non di poco. Innanzitutto le donne vogliono vivere la propria vita dignitosamente, viverla con libertà ed indipendenza economica, vogliono realizzarsi nel lavoro conciliandolo con gli impegni familiari, vogliono vivere la maternità come una gioia e non come un impedimento al mondo del lavoro, vogliono essere rispettate dagli uomini a partire dai propri familiari e, possibilmente, vogliono vivere con molti spazi di felicità.
Le donne sognano di vivere tutto questo nel proprio paese, supportate da adeguati ammortizzatori sociali che assicurino loro l'applicazione reale - e finalmente efficace - delle pari opportunità in ambito lavorativo e professionale. In un paese dove si moltiplicano gli asili nido, dove le scuole funzionano, anche a tempo pieno, dove l'astensione dal lavoro per maternità non significa quasi sistematicamente licenziamento.
Purtroppo le donne che conosciamo noi sono le più sfruttate sul lavoro, le più vessate, quelle che il lavoro fuori casa si traduce spesso in lavoro di cura e di assistenza. Eccole domestiche o tate nelle case borghesi, eccole operaie nelle imprese di pulizia, eccole commesse, eccole operaie stagionali nei campi di raccolta. Eccole le lavoratrici sottopagate e a nero che dopo una giornata di duro lavoro - quale che esso sia - tornano a casa dove, ahimè, caro Ministro, non ci sono divani e giornali ad attenderle ma altre pesanti ore di lavoro domestico.
Le nostre donne, caro Brunetta, non sono veline o mogli di calciatori famosi, non sono “rifatte” ad immagine e somiglianza di stereotipi entrati, attraverso la televisione, nella “normale quotidianità” italiana, le nostre donne hanno il viso segnato dalle rughe della fatica, hanno la capacità di sopportare l'ingiustizia ed i soprusi , di contrastare la barbarie di tanti maschi, di riuscire ad rialzare ogni volta la loro linea di orizzonte.
Le nostre donne forse salveranno il mondo ma intanto lei ministro vuole innalzare l'età pensionabile senza sapere che noi vogliamo poter lavorare fino a 100 anni, ma di lavoro vero, che non vogliamo aspettare la pensione.
Noi vogliamo ora e subito il pane e le rose!
Cinzia Spiniello- Segreteria Provinciale Prc / Se
lunedì 15 dicembre 2008
I CAImani... Cronaca della scalata al club alpino.
Giovedì 11 dicembre ore 13.22 un trillo del cellulare mi segnala che qualcuno mi ha chiamato. Oggi è giornata di elezioni al CAI di Avellino per il rinnovo della presidenza e del consiglio direttivo ed io concorro alla presidenza contro l’altro candidato.
Forse c’è qualche novità? Richiamo la persona che mi ha cercato, un amico del CAI: “Ciao, mi hai cercato? Si Giancarlo, mi devi scusare ma stasera non vengo. Perché cosa è successo? Giancarlo, mi vergogno , mi sento un verme ma non posso votare per te anche se avevo insistito perché ti presentassi ed ho dovuto lasciare la mia delega ad un socio che mi ha avvicinato nei giorni scorsi”. La prendo sul ridere e con lui sdrammatizzo, ma appena chiudo il telefono, ho un sobbalzo tardivo di lucidità. Che sta succedendo? Ora mi imbufalisco seriamente, parlo con altri e manifesto l’intenzione di ritirare la mia candidatura. Non tutti sono d’accordo. L’amico che mi aveva segnalato l’episodio mi richiama per dirmi che è riuscito a farsi promettere dal socio a cui aveva consegnato la delega, che la delega stessa sarebbe stata stracciata, ma io decido di andare avanti e perciò alle 19.30 mi presento all’assemblea dei soci, e prima dell’inizio delle operazioni chiedo la parola e spiattello pari pari quanto sopra.
Scoppia il putiferio, ma nonostante l’imbarazzo l’assemblea decide di procedere nella consultazione. Io abbandono l’assemblea e con me molti miei sostenitori.
Intanto fuori cominciano a confluire le truppe nuscane, scese con un pulman apposito dal paese di De Mita. Non resta che assistere impotenti all’occupazione della sede da parte delle teste di cuoio che procedono disciplinatamente ed uniformemente come da istruzione all’elezione del nuovo organo direttivo e del presidente. Votazione bulgara ovviamente: 72 a 0 ed il gioco è fatto. Le milizie del grande vecchio dopo un lungo lavoro sotterraneo di delegittimazione dell’avversario, con un colpo di mano riescono ad occupare un altro piccolo fortilizio che servirà a controllare meglio il territorio di caccia.
Ma che ne sarà del Club Alpino Italiano sezione di Avellino? In mano a degli incompetenti, molto probabilmente dilapideranno il patrimonio di lavoro svolto in questi anni culminato con la segnatura dei sentieri montani, della loro sistemazione in forma catastale ed infine della pubblicazione delle tavole per l’orientamento sul territorio del Partendo e dei Picentini. Poco si dice da parte dei nuovi pervenuti che sicuramente sosterranno programmi politicamente più utili.
La novità più consistente è senza dubbio l’introduzione di questo disinvolto sistema di richiedere il consenso per mezzo dell’intimidazione e del ricatto, il resto con queste premesse di inquinamento verrà col tempo e non sarà un futuro promettente per il CAi di Avellino.
di Giancarlo Nebbia socio fondatore del CAI di Avellino
Forse c’è qualche novità? Richiamo la persona che mi ha cercato, un amico del CAI: “Ciao, mi hai cercato? Si Giancarlo, mi devi scusare ma stasera non vengo. Perché cosa è successo? Giancarlo, mi vergogno , mi sento un verme ma non posso votare per te anche se avevo insistito perché ti presentassi ed ho dovuto lasciare la mia delega ad un socio che mi ha avvicinato nei giorni scorsi”. La prendo sul ridere e con lui sdrammatizzo, ma appena chiudo il telefono, ho un sobbalzo tardivo di lucidità. Che sta succedendo? Ora mi imbufalisco seriamente, parlo con altri e manifesto l’intenzione di ritirare la mia candidatura. Non tutti sono d’accordo. L’amico che mi aveva segnalato l’episodio mi richiama per dirmi che è riuscito a farsi promettere dal socio a cui aveva consegnato la delega, che la delega stessa sarebbe stata stracciata, ma io decido di andare avanti e perciò alle 19.30 mi presento all’assemblea dei soci, e prima dell’inizio delle operazioni chiedo la parola e spiattello pari pari quanto sopra.
Scoppia il putiferio, ma nonostante l’imbarazzo l’assemblea decide di procedere nella consultazione. Io abbandono l’assemblea e con me molti miei sostenitori.
Intanto fuori cominciano a confluire le truppe nuscane, scese con un pulman apposito dal paese di De Mita. Non resta che assistere impotenti all’occupazione della sede da parte delle teste di cuoio che procedono disciplinatamente ed uniformemente come da istruzione all’elezione del nuovo organo direttivo e del presidente. Votazione bulgara ovviamente: 72 a 0 ed il gioco è fatto. Le milizie del grande vecchio dopo un lungo lavoro sotterraneo di delegittimazione dell’avversario, con un colpo di mano riescono ad occupare un altro piccolo fortilizio che servirà a controllare meglio il territorio di caccia.
Ma che ne sarà del Club Alpino Italiano sezione di Avellino? In mano a degli incompetenti, molto probabilmente dilapideranno il patrimonio di lavoro svolto in questi anni culminato con la segnatura dei sentieri montani, della loro sistemazione in forma catastale ed infine della pubblicazione delle tavole per l’orientamento sul territorio del Partendo e dei Picentini. Poco si dice da parte dei nuovi pervenuti che sicuramente sosterranno programmi politicamente più utili.
La novità più consistente è senza dubbio l’introduzione di questo disinvolto sistema di richiedere il consenso per mezzo dell’intimidazione e del ricatto, il resto con queste premesse di inquinamento verrà col tempo e non sarà un futuro promettente per il CAi di Avellino.
di Giancarlo Nebbia socio fondatore del CAI di Avellino
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venerdì 12 dicembre 2008
Irpininpiazza: Per lo sciopero generale l'appello della sinistra.
Siamo donne e uomini della sinistra irpina, impegnati nei movimenti, nella società civile, nel sindacato, nei partiti. E sosteniamo con assoluta convinzione lo Sciopero Generale del 12 dicembre proclamato dalla Cgil.
Si tratta di un appuntamento fondamentale, di fronte alla pesantissima crisi economica globale che sta attraversando anche l’Irpinia.
L’esplodere delle bolle speculative e dei meccanismi finanziari rappresenta il fallimento conclamato di un modello di sviluppo che, per quasi trenta anni, si è fondato su precarizzazione crescente, bassi salari, schiacciamento dei costi sociali e ambientali.
Ma c’è già chi vorrebbe scaricare il costo della crisi sulla pelle dei lavoratori, dei precari, dei giovani e dei soggetti sociali più deboli.
E si annunciano, nel nostro Paese, centinaia di migliaia di licenziamenti, mobilità, cassintegrazione, mancato rinnovo dei contratti ai precari. Nella nostra stessa provincia sono ormai a rischio circa 5 mila posti di lavoro.
Questa condizione drammatica richiederebbe un intervento forte e urgente da parte del Governo, ma fin qui le destre, se si esclude lo spot della social card, si sono generosamente impegnate solo a vantaggio di banchieri e bancarottieri mentre continuano i tagli a danno della scuola della sanità e del welfare.
Quello del 12 dicembre è uno sciopero fondamentale, che chiede la difesa del contratto nazionale di lavoro, il rilancio della scuola pubblica, maggiori tutele per i precari, il blocco dei licenziamenti e l’immediata sospensione della legge Bossi-Fini, lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro dipendente alle rendite finanziarie. Uno sciopero necessario per la detassazione delle tredicesime e l’aumento dei salari, il blocco delle privatizzazioni a partire dall’acqua, per l’affermazione dei diritti civili e di cittadinanza.
Abbiamo un’occasione straordinaria, lo Sciopero può e deve aprire la strada ad una generale ripresa del conflitto sociale e dell’opposizione in tutto il Paese.
Per questo è necessario partire dalla piattaforma sindacale, ma è anche indispensabile costruire alleanze e relazioni più vaste con quelle soggettività, che si sono già mobilitate contro le politiche del Governo, e che possono contribuire alla generalizzazione dello sciopero. È fondamentale, in questo, il coinvolgimento pieno dell’Onda, il movimento degli studenti che in pochi giorni ha sconvolto il torpore politico del Paese, e accogliere il loro contributo di idee a cominciare dall’istituzione del salario sociale.
Ma è altrettanto importante legare lo sciopero del 12 dicembre al Sud, alle zone interne, alla condizione che vivono i nostri territori penalizzati da troppi anni, e indicare una prospettiva per il futuro.
Uno sciopero per impedire la sottrazione di fondi Fas assolutamente indispensabili al Mezzogiorno; che sostiene la necessità di non cancellare il Reddito di cittadinanza in Campania e ne chiede il cofinanziamento al Governo nazionale; per un utilizzo degli investimenti pubblici e dei fondi europei non solo in funzione antirecessiva ma per provare a tratteggiare un nuovo modello di sviluppo: con la messa in sicurezza delle scuole e degli acquedotti, infrastrutture sostenibili e immateriali, case popolari e welfare. Ci vuole, soprattutto a guardare la specificità della crisi irpina e l’Fma, una politica di intervento pubblico nell’economia che scommetta sui settori innovativi come le energie rinnovabili, i motori elettrici e a idrogeno.
Un nuovo modello di sviluppo che punti sull’innovazione, le competenze e i diritti dei lavoratori, la ricerca.
Uno sciopero per la sostenibilità ambientale e contro una gestione fallimentare dei rifiuti, incentrata su megadiscariche e inceneritori, che il Governo, anche sul Formicoso, continua a imporre impiegando l’esercito e sperimentando un diritto emergenziale e asimmetrico.
Uno sciopero generale e generalizzato, che unisca, a partire dall’Irpinia, quel largo fronte di forze movimenti e soggetti che si collocano all’opposizione del Governo delle destre.
Noi saremo in piazza il 12 dicembre, assieme a tanti e tante, per dire, “la vostra crisi non la paghiamo”.
PRIMI FIRMATARI:
Gennaro Imbriano (Segretario provinciale Prc-Se); sen. Angelo Flammia ; Luciano Vecchia (Segretario provinciale FIOM-Cgil); Michele Di Maio (Legambiente Campania); Nicola Cicchetti (Segretario provinciale PdCI); Claudia Iandolo (scrittrice e docente); Pasquale Di Domenico (Unione degli Studenti), Michele Di Cosmo (operaio Laterificio Irpino, rsu, Assessore Comune di Calitri), Adele Giro (Segreteria provinciale FP-Cgil); Generoso Bruno (Comitato Politico Regionale Prc); Carlo De Vincentis (Segretario Cgil-Scuola); Agostino Pelullo (Assessore al Comune di Bisaccia); Marco Cillo (La Fionda di Davide); Antonio Di Ninno (Assessore CM Alta Irpinia); Emilio Ciotta (Assessore al Comune di Lioni); Franco Fiordellisi (Segretario provinciale FILCEM-Cgil); Francesco Melillo (RossoFisso); Felice Storti , (pittore); Cinzia Spiniello (Rifondazione per la Sinistra); Maria Grazia Valentino (Consigliera Comunale a Nusco); Paolo Speranza (giornalista)...
Si tratta di un appuntamento fondamentale, di fronte alla pesantissima crisi economica globale che sta attraversando anche l’Irpinia.
L’esplodere delle bolle speculative e dei meccanismi finanziari rappresenta il fallimento conclamato di un modello di sviluppo che, per quasi trenta anni, si è fondato su precarizzazione crescente, bassi salari, schiacciamento dei costi sociali e ambientali.
Ma c’è già chi vorrebbe scaricare il costo della crisi sulla pelle dei lavoratori, dei precari, dei giovani e dei soggetti sociali più deboli.
E si annunciano, nel nostro Paese, centinaia di migliaia di licenziamenti, mobilità, cassintegrazione, mancato rinnovo dei contratti ai precari. Nella nostra stessa provincia sono ormai a rischio circa 5 mila posti di lavoro.
Questa condizione drammatica richiederebbe un intervento forte e urgente da parte del Governo, ma fin qui le destre, se si esclude lo spot della social card, si sono generosamente impegnate solo a vantaggio di banchieri e bancarottieri mentre continuano i tagli a danno della scuola della sanità e del welfare.
Quello del 12 dicembre è uno sciopero fondamentale, che chiede la difesa del contratto nazionale di lavoro, il rilancio della scuola pubblica, maggiori tutele per i precari, il blocco dei licenziamenti e l’immediata sospensione della legge Bossi-Fini, lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro dipendente alle rendite finanziarie. Uno sciopero necessario per la detassazione delle tredicesime e l’aumento dei salari, il blocco delle privatizzazioni a partire dall’acqua, per l’affermazione dei diritti civili e di cittadinanza.
Abbiamo un’occasione straordinaria, lo Sciopero può e deve aprire la strada ad una generale ripresa del conflitto sociale e dell’opposizione in tutto il Paese.
Per questo è necessario partire dalla piattaforma sindacale, ma è anche indispensabile costruire alleanze e relazioni più vaste con quelle soggettività, che si sono già mobilitate contro le politiche del Governo, e che possono contribuire alla generalizzazione dello sciopero. È fondamentale, in questo, il coinvolgimento pieno dell’Onda, il movimento degli studenti che in pochi giorni ha sconvolto il torpore politico del Paese, e accogliere il loro contributo di idee a cominciare dall’istituzione del salario sociale.
Ma è altrettanto importante legare lo sciopero del 12 dicembre al Sud, alle zone interne, alla condizione che vivono i nostri territori penalizzati da troppi anni, e indicare una prospettiva per il futuro.
Uno sciopero per impedire la sottrazione di fondi Fas assolutamente indispensabili al Mezzogiorno; che sostiene la necessità di non cancellare il Reddito di cittadinanza in Campania e ne chiede il cofinanziamento al Governo nazionale; per un utilizzo degli investimenti pubblici e dei fondi europei non solo in funzione antirecessiva ma per provare a tratteggiare un nuovo modello di sviluppo: con la messa in sicurezza delle scuole e degli acquedotti, infrastrutture sostenibili e immateriali, case popolari e welfare. Ci vuole, soprattutto a guardare la specificità della crisi irpina e l’Fma, una politica di intervento pubblico nell’economia che scommetta sui settori innovativi come le energie rinnovabili, i motori elettrici e a idrogeno.
Un nuovo modello di sviluppo che punti sull’innovazione, le competenze e i diritti dei lavoratori, la ricerca.
Uno sciopero per la sostenibilità ambientale e contro una gestione fallimentare dei rifiuti, incentrata su megadiscariche e inceneritori, che il Governo, anche sul Formicoso, continua a imporre impiegando l’esercito e sperimentando un diritto emergenziale e asimmetrico.
Uno sciopero generale e generalizzato, che unisca, a partire dall’Irpinia, quel largo fronte di forze movimenti e soggetti che si collocano all’opposizione del Governo delle destre.
Noi saremo in piazza il 12 dicembre, assieme a tanti e tante, per dire, “la vostra crisi non la paghiamo”.
PRIMI FIRMATARI:
Gennaro Imbriano (Segretario provinciale Prc-Se); sen. Angelo Flammia ; Luciano Vecchia (Segretario provinciale FIOM-Cgil); Michele Di Maio (Legambiente Campania); Nicola Cicchetti (Segretario provinciale PdCI); Claudia Iandolo (scrittrice e docente); Pasquale Di Domenico (Unione degli Studenti), Michele Di Cosmo (operaio Laterificio Irpino, rsu, Assessore Comune di Calitri), Adele Giro (Segreteria provinciale FP-Cgil); Generoso Bruno (Comitato Politico Regionale Prc); Carlo De Vincentis (Segretario Cgil-Scuola); Agostino Pelullo (Assessore al Comune di Bisaccia); Marco Cillo (La Fionda di Davide); Antonio Di Ninno (Assessore CM Alta Irpinia); Emilio Ciotta (Assessore al Comune di Lioni); Franco Fiordellisi (Segretario provinciale FILCEM-Cgil); Francesco Melillo (RossoFisso); Felice Storti , (pittore); Cinzia Spiniello (Rifondazione per la Sinistra); Maria Grazia Valentino (Consigliera Comunale a Nusco); Paolo Speranza (giornalista)...
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martedì 9 dicembre 2008
Al Laceno d'Oro "La Classe" di Cantet.
Avellino. A Laurent Cantet, Palma d’Oro all’ultimo festival di Cannes con 'Entre les murs' – 'La classe', va, ancora in questo 2008, il premio Camillo Marino di un ritrovato Laceno d’Oro. E’dallo scorso anno, con il premio alla carriera a Marco Bellocchio, nel rispetto dello spirito dei fondatori, che l’appuntamento avellinese ha ripreso l’antica denominazione di Laceno d’Oro scelta nel 1959 da Camillo Marino, Giacomo D’Onofrio e Pier Paolo Pasolini per l’impresa, durata, poi, fino alla fine degli anni ottanta, del loro 'festival del cinema neorealistico'.
Nel cinema di Cantet “le maschere buone si confondono con le maschere cattive, ma - come dice l’anziana haitiana all’aeroporto in 'Vers le sud' - tutti portano una maschera” sia quando ad essere descritta è la personale iperbole eversiva del protagonista di 'A tempo pieno' - 'L’emploi du temps' – e sia quando la macchina da presa attraversa la frattura tra sistema ed individuo nella fabbrica di 'Ressources humaines', fino ad arrivare all’onda anomala del rap di 'Entre les murs' – 'La classe'. Con Laurent Cantet, accolto anche dalla presentazione, edita dalla rivista di critica cinematografica Sentieri Selvaggi, della sua prima monografia in italiano, sembra rinnovarsi, ancora una volta per l’Irpinia, la tradizione del cinema raccontato, allora da Marino con le pagine e l’inchiostro dei quaderni di Cinemasud, in una edizione del Laceno che, oltre al Premio Camillo Marino per Cantet, con il Premio Giacomo D’Onofrio, quest’anno, ha posto attenzione alla ricerca 'medialista' di Antonello Matarazzo, all’integrazione tra video ed opere 'fisse', che ha già consentito all’artista la partecipazione a numerosi festival internazionali. Un nuovo Laceno d’Oro, quindi, capace di premiare il cinema e la sua libera e scarnificante ricerca di verità.
di Generoso Bruno
Nel cinema di Cantet “le maschere buone si confondono con le maschere cattive, ma - come dice l’anziana haitiana all’aeroporto in 'Vers le sud' - tutti portano una maschera” sia quando ad essere descritta è la personale iperbole eversiva del protagonista di 'A tempo pieno' - 'L’emploi du temps' – e sia quando la macchina da presa attraversa la frattura tra sistema ed individuo nella fabbrica di 'Ressources humaines', fino ad arrivare all’onda anomala del rap di 'Entre les murs' – 'La classe'. Con Laurent Cantet, accolto anche dalla presentazione, edita dalla rivista di critica cinematografica Sentieri Selvaggi, della sua prima monografia in italiano, sembra rinnovarsi, ancora una volta per l’Irpinia, la tradizione del cinema raccontato, allora da Marino con le pagine e l’inchiostro dei quaderni di Cinemasud, in una edizione del Laceno che, oltre al Premio Camillo Marino per Cantet, con il Premio Giacomo D’Onofrio, quest’anno, ha posto attenzione alla ricerca 'medialista' di Antonello Matarazzo, all’integrazione tra video ed opere 'fisse', che ha già consentito all’artista la partecipazione a numerosi festival internazionali. Un nuovo Laceno d’Oro, quindi, capace di premiare il cinema e la sua libera e scarnificante ricerca di verità.
di Generoso Bruno
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domenica 7 dicembre 2008
Very Nichi.
Nichi Vendola, su Mtv, intervistato da Victoria Cabello.
Link:
http://www.mtv.it/tv/programmi/serie/dettaglio.asp?id_prog=38&id_epis=597&page=1&id=322377
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sabato 6 dicembre 2008
A Napoli, verso lo sciopero generale.
Nel percorso che ci porterà a prendere parte allo sciopero generale del 12, giovedì 11 dicembre, alle ore 17 presso la Sala in Piazza S. Maria La Nova a Napoli si terrà un dibattito a cui parteciperanno: MICHELE GRAVANO, segretario generale CGIL Campania; RICCARDO REALFONSO, economista; ANDREA DI MARTINO, segretario prov.le PRC Napoli; VITO NOCERA, capogruppo reg.le PRC; CORRADO GABRIELE, assessore reg.le al lavoro PRC; PEPPE DE CRISTOFARO, segretario reg.le PRC Campania; ALFONSO GIANNI, direzione naz.le PRC.
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La Sinistra verso lo Sciopero.
Si è svolto, giovedì pomeriggio, presso la Federazione provinciale di
Rifondazione in via Esposito, un attivo di dirigenti e iscritti del PRC per
discutere dello sciopero generale proclamato dalla CGIL per il prossimo 12
dicembre.
Nel corso della riunione, tra gli altri, sono intervenuti: il Segretario
provinciale del Prc, Gennaro Imbriano; Marco Petruzziello, operaio FMA;
Michele Casarano, operaio Carsten's; Andrea Canonico, responsabile
provinciale scuola del Prc; Agostino Pelullo, responsabile provinciale
Ambiente del Prc; Nando Todino, responsabile provinciale Lavoro del Prc.
Nell'ambito delle iniziative a sostegno dello sciopero è stato anche
presentato l'appuntamento del 9 dicembre "La Sinistra verso lo Sciopero",
l'assemblea a cui parteciperanno: il Segretario del Prc Gennaro Imbriano;
Luciano Vecchia, Segretario provinciale FIOM-Cgil; la scrittrice Claudia
Iandolo; Franco Fiordellisi, Segretario provinciale FILCEM-Cgil; Pasquale Di
Domenico dell'Unione degli Studenti; Michele Di Maio di Legambiente
Campania; Carlo De Vincentis, Segretario provinciale FLC-Cgil; GENNARO MIGLIORE, Direzione nazionale di Rifondazione.
Rifondazione in via Esposito, un attivo di dirigenti e iscritti del PRC per
discutere dello sciopero generale proclamato dalla CGIL per il prossimo 12
dicembre.
Nel corso della riunione, tra gli altri, sono intervenuti: il Segretario
provinciale del Prc, Gennaro Imbriano; Marco Petruzziello, operaio FMA;
Michele Casarano, operaio Carsten's; Andrea Canonico, responsabile
provinciale scuola del Prc; Agostino Pelullo, responsabile provinciale
Ambiente del Prc; Nando Todino, responsabile provinciale Lavoro del Prc.
Nell'ambito delle iniziative a sostegno dello sciopero è stato anche
presentato l'appuntamento del 9 dicembre "La Sinistra verso lo Sciopero",
l'assemblea a cui parteciperanno: il Segretario del Prc Gennaro Imbriano;
Luciano Vecchia, Segretario provinciale FIOM-Cgil; la scrittrice Claudia
Iandolo; Franco Fiordellisi, Segretario provinciale FILCEM-Cgil; Pasquale Di
Domenico dell'Unione degli Studenti; Michele Di Maio di Legambiente
Campania; Carlo De Vincentis, Segretario provinciale FLC-Cgil; GENNARO MIGLIORE, Direzione nazionale di Rifondazione.
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mercoledì 3 dicembre 2008
Il 13, a Roma, PER LA SINISTRA.
Sabato 13 dicembre, con inizio alle ore 13.30 e conclusione entro le ore 18, si terrà a Roma presso il teatro Ambra Jovinelli in via Guglielmo Pepe 41 (nei pressi della stazione Termini) l’Assemblea Nazionale di presentazione dell’associazione "Per la Sinistra".
L’assemblea sarà l’occasione per dare avvio ad una ampia consultazione popolare sui tratti distintivi che vogliamo assuma il nuovo soggetto della sinistra italiana. Protagonisti dell’incontro dovranno essere le donne e gli uomini, le associazioni e i movimenti che nel corso di questi mesi si sono misurati in ogni realtà del territorio nazionale con la necessità, dopo la sconfitta dello scorso aprile, di dare una speranza al popolo della sinistra.
L’assemblea sarà l’occasione per dare avvio ad una ampia consultazione popolare sui tratti distintivi che vogliamo assuma il nuovo soggetto della sinistra italiana. Protagonisti dell’incontro dovranno essere le donne e gli uomini, le associazioni e i movimenti che nel corso di questi mesi si sono misurati in ogni realtà del territorio nazionale con la necessità, dopo la sconfitta dello scorso aprile, di dare una speranza al popolo della sinistra.
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lunedì 1 dicembre 2008
Tagli alla Sanità, Valentino, Prc: “Abbiamo limitato i danni”.
È stato approvato da qualche giorno, in Consiglio Regionale, il disegno di legge “Misure di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale per il rientro del disavanzo”.
Sulla vicenda interviene la Federazione provinciale del Prc che, da subito, anche partecipando ad alcuni cortei di protesta, aveva chiesto la modifica della prima bozza presentata dall’Assessore Montemarano, denunciando che quella proposta fosse troppo penalizzante per le zone interne dell’Irpinia.
"Grazie al lavoro prezioso della compagna Antonella Cammardella , vice Presidente della Commissione Sanità del Consiglio Regionale, dice Maria Grazia Valentino - responsabile Enti Locali del PRC, abbiamo limitato i danni.
Siamo riusciti ad evitare, anche grazie alle mobilitazioni popolari e all’impegno dei sindaci, che la scure dei tagli si abbattesse sulla già difficile condizione in cui vivono i piccoli comuni e abbiamo ottenuto, invece, la riduzione delle consulenze.
Resta comunque sconcertante che il Governo Berlusconi abbia imposto tagli così pesanti alla spesa sanitaria campana, mentre ha garantito in queste settimane cospicui finanziamenti alle banche e agli speculatori finanziari".
Sulla vicenda interviene la Federazione provinciale del Prc che, da subito, anche partecipando ad alcuni cortei di protesta, aveva chiesto la modifica della prima bozza presentata dall’Assessore Montemarano, denunciando che quella proposta fosse troppo penalizzante per le zone interne dell’Irpinia.
"Grazie al lavoro prezioso della compagna Antonella Cammardella , vice Presidente della Commissione Sanità del Consiglio Regionale, dice Maria Grazia Valentino - responsabile Enti Locali del PRC, abbiamo limitato i danni.
Siamo riusciti ad evitare, anche grazie alle mobilitazioni popolari e all’impegno dei sindaci, che la scure dei tagli si abbattesse sulla già difficile condizione in cui vivono i piccoli comuni e abbiamo ottenuto, invece, la riduzione delle consulenze.
Resta comunque sconcertante che il Governo Berlusconi abbia imposto tagli così pesanti alla spesa sanitaria campana, mentre ha garantito in queste settimane cospicui finanziamenti alle banche e agli speculatori finanziari".
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giovedì 27 novembre 2008
Piano di zona A6, ritirato il punto ammazza precari.
La Federazione Provinciale del Prc/Se esprime apprezzamento per la modifica apportata al bando di concorso del Piano di zona sociale A6 “Affidamento di incarichi di collaborazione Progetto ADIL” nella parte riguardante l'attribuzione dei punteggi, cancellando nello specifico il punto previsto alla voce “Offerte” dell'articolo 5 dell'avviso come, dal Prc, pubblicamente, richiesto.
Si ringrazia, per il tempestivo intervento di modifica effettuato sul bando, rimediando in questa maniera ad una clausola, evidentemente, fuori dalle normative dei contratti di lavoro e assolutamente irricevibile specie in un contesto critico come quello del mondo del lavoro precario.
Si ringrazia, per il tempestivo intervento di modifica effettuato sul bando, rimediando in questa maniera ad una clausola, evidentemente, fuori dalle normative dei contratti di lavoro e assolutamente irricevibile specie in un contesto critico come quello del mondo del lavoro precario.
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mercoledì 26 novembre 2008
Ricominciamo, senza timori.
di Gennaro Migliore - Liberazione
Qual è il centro della nostra iniziativa politica? Dove la collochiamo? Ma soprattutto, cosa vuol dire "nostra", chi è il "noi" della politica di sinistra?
Sono queste, a parer mio, le interrogazioni che Fausto Bertinotti ripropone con le sue 15 tesi sulla sinistra, che hanno riavviato un dibattito di altissima densità politica e che hanno l'indubbio merito di porsi come testo aperto. Strumento e non fine della ricerca e dell'azione politica.
Credo sia opportuno partire da un'osservazione semplice: la nostra discussione non è più quella avviata due anni fa. Allora, nel pieno dell'esperienza del governo di centrosinistra, si combinavano due accadimenti: la presa d'atto del progressivo esaurimento, almeno in Europa, delle esperienze legate storicamente alla sinistra comunista e, in Italia, la costruzione di un nuovo soggetto a vocazione moderata, il Partito democratico. Ciò aprì un serrato confronto tra le forze che intendevano rivitalizzare il campo politico della sinistra, che appariva frammentato e sfibrato, anche in ragione dell'esperienza di governo. In quel contesto, appariva credibile una riproposizione in chiave tutta politica della sinistra. Una sinistra che, anche in assenza di un'iniziativa sociale autonoma, si ponesse l'obiettivo immediato di non dare per scontato l'esito bipolare del sistema politico italiano.
Fu un errore profondo, seppure fatto in totale buona fede. Pensavamo fosse possibile costruire un futuro per la sinistra evocandone esclusivamente la potenza aggregatrice. Invece l'assenza di un pensiero profondo in merito al modello di sviluppo e alle relazioni nella società, il deficit di un'azione capace di porsi su scala continentale, ci hanno resi estranei alla nostra stessa gente. Sradicati. La sconfitta elettorale ci ha brutalmente messi di fronte al nostro limite, ma, nell'immediato, è mancata una reazione adeguata al colpo subìto. Nel congresso di Rifondazione comunista è prevalsa un'accentuazione del soggettivismo. "Non è la destra che ha vinto, siamo noi che abbiamo perso". Quel che serve è un "partito sociale" capace di surrogare, "dal basso a sinistra" un tessuto sociale desertificato. A onor del vero, anche i sostenitori della mozione sconfitta, tra i quali io stesso, descrivevano una società impotente e una conseguente supplenza della sinistra unita, a partire da Rifondazione, come argine al dilagare del senso comune reazionario e del consenso raccolto dalla destra. Ma se proseguissimo, tutti, in questa direzione potremmo essere, tutti, definitivamente travolti.
Gli ultimi due mesi hanno sconvolto il quadro precedente, sia sul piano internazionale (con la crisi e la vittoria di Obama), che su quello nazionale (con l'onda e la rottura operata della Cgil). E' la novità di questa fase, da noi non prevista, che deve diventare la ragione fondante del nostro rinnovato impegno per esprimere, non più solo per rappresentare, la sinistra politica. Non possiamo più limitarci allo stanco rito del sostegno, per lo più esterno, alle mobilitazioni degli studenti o mondo del lavoro. Vanno ricercate relazioni, costruite mappe, inventate proposte che rendano credibile la nostra interlocuzione. Ad esempio, proporrei che nelle assemblee unitarie di tutta la sinistra a sostegno dello sciopero generale del 12 dicembre venissero discusse le inchieste operaie della Fiom e i punti concreti della piattaforma della Cgil, invece di continuare a baloccarci sull'equidistanza del Pd tra impresa e lavoro (argomento, ahimè, troppo noto per rivestire interesse). Dobbiamo elaborare nostre proposte, di segno opposto alla ricetta anticrisi dei governi europei, fatta di grandi opere e pubblicizzazione dei debiti contratti da avventurieri della finanza.
Galapagos, sul "manifesto", ha avvertito che la diminuzione del monte salari, nel corso dei prossimi mesi, sarà legata non solo alle dinamiche contrattuali, ma anche alla crescita impetuosa dei licenziamenti, ovvero al taglio dei salariati. E' infatti proprio in una condizione di crisi così acuta, che i poteri minacciati provano lo sfondamento autoritario. In questo quadro l'affermazione "Noi la crisi non la paghiamo" non è uno slogan. E' un programma politico, che richiede scelte attive finalizzate a nuove assunzioni, soprattutto in settori strategici (dalla ricerca allo sviluppo di nuove risorse energetiche e per la difesa dell'ecosistema), ed è anche una dichiarazione di intenti, perché comporta il moltiplicarsi degli atti di disobbedienza e di insubordinazione rispetto al nuovo ordine autoritario che la crisi vorrebbe giustificare.
La sinistra che nasce deve stare qui, al servizio, prima ancora che in rappresentanza, dell'eccedenza di conflitto che si sta producendo. Per questa ragione è improprio collocare la formazione del processo costituente della sinistra entro confini consueti e comunque esauriti, come quello di un nuovo centrosinistra. Non si tratta di negare l'interlocuzione con il Pd, ma di delineare l'autonomia di una proposta in grado rispondere alla sfida del fare politica in una società in subbuglio, priva di coordinate di rappresentanza riconoscibili. La sinistra, al tempo della crisi, deve avere un progetto di governo, inteso non come occupazione dei posti di potere ma come governo della trasformazione economica e sociale.
E' altrettanto decisivo rendere esplicita l'individuazione del "chi" possa esprimere la soggettività della sinistra. L'attuale panorama politico è inibito a pensarsi come il luogo privilegiato entro nel quale gli uomini e le donne della sinistra possono essere realmente rappresentati. Pesano la frammentazione dei soggetti politici, la nostra perdita di credibilità, il logoramento stesso della forma partito. Pesa la sconfitta. La costruzione di un processo di unificazione deve quindi andare ben oltre la somma dell'esistente. Deve riuscire a incrociare i tanti e le tante che stanno nell'onda, nelle lotte operaie, nei percorsi di attivismo ambientalista e di richiesta di nuovi statuti di cittadinanza. La resistenza delle forze oggi presenti è, mi si permetta l'uso di una terminologia così netta, egoista e inefficace. Comprendo, ovviamente, l'esigenza di svolgere un ruolo in questo contesto, e tuttavia, facendosi carico della sconfitta, bisogna, anche in questo caso, sapersi mettere al servizio di altri. Il nostro ruolo, oltre all'avanzare proposte, può essere il costruire strumenti di partecipazione orizzontale e pienamente rappresentativi dei vari territori, consegnando loro lo spazio ed il tempo delle decisioni sulle scelte.
La vittoria di Barack Obama ha dischiuso l'immaginario collettivo alla potenza trasformatrice della partecipazione. Una lezione certo antica, ma che ha bisogno di essere rivissuta nell'esperienza diretta dei potenziali protagonisti per essere percepita come possibilità concreta. Ed è soprattutto sulla partecipazione e sull'inclusione che possiamo contare per la nostra impresa. L'associazione "Per la sinistra" è nata con questa disposizione. Ecco perché essa è già un pezzo del percorso costituente, non la promessa di un tempo a venire.
In molti, non a torto, indicano però anche la presenza di urgenti contingenze, in particolare la necessità di fare opposizione al governo Berlusconi e le elezioni, amministrative ed europee. Fatico a pensare che le due cose, nell'immediato, possano essere concepite come percorsi incomunicabili. Il segretario di Rifondazione comunista ha scritto agli altri segretari delle forze della sinistra chiedendo un coordinamento delle forze politiche che hanno dato vita alla manifestazione dell'11 ottobre. Bene, anzi, peccato che nessuna forza l'abbia chiesto prima. Ma può bastare una richiesta del genere senza una proposta, visto anche il silenzio degli interlocutori? Non è invece possibile tentare di precisare, oltre che un luogo, anche una piattaforma comune di contenuti, per il breve periodo? Potremmo realizzare un programma minimo di intervento riconoscibile e potenzialmente efficace. Un'agenda di iniziative e di contenuti programmatici, immediatamente verificati con coloro che oggi sono in lotta. In questa chiave, anche il rapporto con il Pd potrebbe risultare più lineare, non stretto nella tenaglia tra sospetti di subalternità e rischi settarismo. Ma, allora, perché non comprendere che questa possibilità del coordinamento, che nasce dalla necessità diffusamente avvertita di fare "massa critica" per l'opposizione, possa spingerci a cercare anche soluzioni che garantiscano la necessaria efficacia nei prossimi appuntamenti elettorali?
È vero, si dirà, "le elezioni europee non hanno l'obiettivo di sostituire il governo Berlusconi". Ne siamo sicuri? Il blocco di consenso berlusconiano non risentirà del risultato elettorale, né di come esso si comporrà? L'azione anti frammentazione di una lista di coalizione, come suggerisce anche Mario Tronti, non rappresenta anche una risposta immediata e precisa alla attuale deriva bipartitica asimmetrica (quella cioè dove la destra è stabilmente maggioritaria)? Non è capitato a nessuno, oltre al sottoscritto, nonostante la delusione della Sinistra arcobaleno, di ascoltare gli appelli frequenti a non dividersi? E poi, qualcuno è in grado di spiegare perché mai una coalizione elettorale sarebbe stata più facilmente accettabile in presenza di uno sbarramento alto? Siamo sicuri che in quel caso non sarebbe stata presa per pura difesa del proprio interesse elettorale?
Ai più critici chiedo di fare la "prova", chiedendo alla nostra gente di esprimersi direttamente e democraticamente su questo punto. Sono convinto che anche l'efficacia dell'opposizione riprenderebbe per questa via vigore, poiché verrebbe percepita chiaramente la presa in carico di una responsabilità immediata di rappresentanza larga.
Per le elezioni amministrative le considerazioni sono più stringenti. Considero molto positive le costruzioni unitarie che si stanno producendo sui territori. Sarà la maggior vicinanza con i sentimenti e le aspettative delle persone, ma trovo in queste esperienze un grado di maturità e generosità ben superiore a quello dei gruppi dirigenti nazionali. Queste esperienze si basano sull'assunto, neanche troppo da esplicitare, che la legittimazione può avvenire solo attraverso una partecipazione orizzontale. Perciò si fa ricorso a strumenti ancora grezzi, ma utilissimi, dalle primarie alle consultazioni popolari. Guardare a queste esperienze, fuori dalla pretesa di dare la linea, può davvero insegnarci molto.
Ricominciamo, senza timori, a dare qualche segno di vita. Potrebbe essere più semplice del previsto.
26/11/2008
Qual è il centro della nostra iniziativa politica? Dove la collochiamo? Ma soprattutto, cosa vuol dire "nostra", chi è il "noi" della politica di sinistra?
Sono queste, a parer mio, le interrogazioni che Fausto Bertinotti ripropone con le sue 15 tesi sulla sinistra, che hanno riavviato un dibattito di altissima densità politica e che hanno l'indubbio merito di porsi come testo aperto. Strumento e non fine della ricerca e dell'azione politica.
Credo sia opportuno partire da un'osservazione semplice: la nostra discussione non è più quella avviata due anni fa. Allora, nel pieno dell'esperienza del governo di centrosinistra, si combinavano due accadimenti: la presa d'atto del progressivo esaurimento, almeno in Europa, delle esperienze legate storicamente alla sinistra comunista e, in Italia, la costruzione di un nuovo soggetto a vocazione moderata, il Partito democratico. Ciò aprì un serrato confronto tra le forze che intendevano rivitalizzare il campo politico della sinistra, che appariva frammentato e sfibrato, anche in ragione dell'esperienza di governo. In quel contesto, appariva credibile una riproposizione in chiave tutta politica della sinistra. Una sinistra che, anche in assenza di un'iniziativa sociale autonoma, si ponesse l'obiettivo immediato di non dare per scontato l'esito bipolare del sistema politico italiano.
Fu un errore profondo, seppure fatto in totale buona fede. Pensavamo fosse possibile costruire un futuro per la sinistra evocandone esclusivamente la potenza aggregatrice. Invece l'assenza di un pensiero profondo in merito al modello di sviluppo e alle relazioni nella società, il deficit di un'azione capace di porsi su scala continentale, ci hanno resi estranei alla nostra stessa gente. Sradicati. La sconfitta elettorale ci ha brutalmente messi di fronte al nostro limite, ma, nell'immediato, è mancata una reazione adeguata al colpo subìto. Nel congresso di Rifondazione comunista è prevalsa un'accentuazione del soggettivismo. "Non è la destra che ha vinto, siamo noi che abbiamo perso". Quel che serve è un "partito sociale" capace di surrogare, "dal basso a sinistra" un tessuto sociale desertificato. A onor del vero, anche i sostenitori della mozione sconfitta, tra i quali io stesso, descrivevano una società impotente e una conseguente supplenza della sinistra unita, a partire da Rifondazione, come argine al dilagare del senso comune reazionario e del consenso raccolto dalla destra. Ma se proseguissimo, tutti, in questa direzione potremmo essere, tutti, definitivamente travolti.
Gli ultimi due mesi hanno sconvolto il quadro precedente, sia sul piano internazionale (con la crisi e la vittoria di Obama), che su quello nazionale (con l'onda e la rottura operata della Cgil). E' la novità di questa fase, da noi non prevista, che deve diventare la ragione fondante del nostro rinnovato impegno per esprimere, non più solo per rappresentare, la sinistra politica. Non possiamo più limitarci allo stanco rito del sostegno, per lo più esterno, alle mobilitazioni degli studenti o mondo del lavoro. Vanno ricercate relazioni, costruite mappe, inventate proposte che rendano credibile la nostra interlocuzione. Ad esempio, proporrei che nelle assemblee unitarie di tutta la sinistra a sostegno dello sciopero generale del 12 dicembre venissero discusse le inchieste operaie della Fiom e i punti concreti della piattaforma della Cgil, invece di continuare a baloccarci sull'equidistanza del Pd tra impresa e lavoro (argomento, ahimè, troppo noto per rivestire interesse). Dobbiamo elaborare nostre proposte, di segno opposto alla ricetta anticrisi dei governi europei, fatta di grandi opere e pubblicizzazione dei debiti contratti da avventurieri della finanza.
Galapagos, sul "manifesto", ha avvertito che la diminuzione del monte salari, nel corso dei prossimi mesi, sarà legata non solo alle dinamiche contrattuali, ma anche alla crescita impetuosa dei licenziamenti, ovvero al taglio dei salariati. E' infatti proprio in una condizione di crisi così acuta, che i poteri minacciati provano lo sfondamento autoritario. In questo quadro l'affermazione "Noi la crisi non la paghiamo" non è uno slogan. E' un programma politico, che richiede scelte attive finalizzate a nuove assunzioni, soprattutto in settori strategici (dalla ricerca allo sviluppo di nuove risorse energetiche e per la difesa dell'ecosistema), ed è anche una dichiarazione di intenti, perché comporta il moltiplicarsi degli atti di disobbedienza e di insubordinazione rispetto al nuovo ordine autoritario che la crisi vorrebbe giustificare.
La sinistra che nasce deve stare qui, al servizio, prima ancora che in rappresentanza, dell'eccedenza di conflitto che si sta producendo. Per questa ragione è improprio collocare la formazione del processo costituente della sinistra entro confini consueti e comunque esauriti, come quello di un nuovo centrosinistra. Non si tratta di negare l'interlocuzione con il Pd, ma di delineare l'autonomia di una proposta in grado rispondere alla sfida del fare politica in una società in subbuglio, priva di coordinate di rappresentanza riconoscibili. La sinistra, al tempo della crisi, deve avere un progetto di governo, inteso non come occupazione dei posti di potere ma come governo della trasformazione economica e sociale.
E' altrettanto decisivo rendere esplicita l'individuazione del "chi" possa esprimere la soggettività della sinistra. L'attuale panorama politico è inibito a pensarsi come il luogo privilegiato entro nel quale gli uomini e le donne della sinistra possono essere realmente rappresentati. Pesano la frammentazione dei soggetti politici, la nostra perdita di credibilità, il logoramento stesso della forma partito. Pesa la sconfitta. La costruzione di un processo di unificazione deve quindi andare ben oltre la somma dell'esistente. Deve riuscire a incrociare i tanti e le tante che stanno nell'onda, nelle lotte operaie, nei percorsi di attivismo ambientalista e di richiesta di nuovi statuti di cittadinanza. La resistenza delle forze oggi presenti è, mi si permetta l'uso di una terminologia così netta, egoista e inefficace. Comprendo, ovviamente, l'esigenza di svolgere un ruolo in questo contesto, e tuttavia, facendosi carico della sconfitta, bisogna, anche in questo caso, sapersi mettere al servizio di altri. Il nostro ruolo, oltre all'avanzare proposte, può essere il costruire strumenti di partecipazione orizzontale e pienamente rappresentativi dei vari territori, consegnando loro lo spazio ed il tempo delle decisioni sulle scelte.
La vittoria di Barack Obama ha dischiuso l'immaginario collettivo alla potenza trasformatrice della partecipazione. Una lezione certo antica, ma che ha bisogno di essere rivissuta nell'esperienza diretta dei potenziali protagonisti per essere percepita come possibilità concreta. Ed è soprattutto sulla partecipazione e sull'inclusione che possiamo contare per la nostra impresa. L'associazione "Per la sinistra" è nata con questa disposizione. Ecco perché essa è già un pezzo del percorso costituente, non la promessa di un tempo a venire.
In molti, non a torto, indicano però anche la presenza di urgenti contingenze, in particolare la necessità di fare opposizione al governo Berlusconi e le elezioni, amministrative ed europee. Fatico a pensare che le due cose, nell'immediato, possano essere concepite come percorsi incomunicabili. Il segretario di Rifondazione comunista ha scritto agli altri segretari delle forze della sinistra chiedendo un coordinamento delle forze politiche che hanno dato vita alla manifestazione dell'11 ottobre. Bene, anzi, peccato che nessuna forza l'abbia chiesto prima. Ma può bastare una richiesta del genere senza una proposta, visto anche il silenzio degli interlocutori? Non è invece possibile tentare di precisare, oltre che un luogo, anche una piattaforma comune di contenuti, per il breve periodo? Potremmo realizzare un programma minimo di intervento riconoscibile e potenzialmente efficace. Un'agenda di iniziative e di contenuti programmatici, immediatamente verificati con coloro che oggi sono in lotta. In questa chiave, anche il rapporto con il Pd potrebbe risultare più lineare, non stretto nella tenaglia tra sospetti di subalternità e rischi settarismo. Ma, allora, perché non comprendere che questa possibilità del coordinamento, che nasce dalla necessità diffusamente avvertita di fare "massa critica" per l'opposizione, possa spingerci a cercare anche soluzioni che garantiscano la necessaria efficacia nei prossimi appuntamenti elettorali?
È vero, si dirà, "le elezioni europee non hanno l'obiettivo di sostituire il governo Berlusconi". Ne siamo sicuri? Il blocco di consenso berlusconiano non risentirà del risultato elettorale, né di come esso si comporrà? L'azione anti frammentazione di una lista di coalizione, come suggerisce anche Mario Tronti, non rappresenta anche una risposta immediata e precisa alla attuale deriva bipartitica asimmetrica (quella cioè dove la destra è stabilmente maggioritaria)? Non è capitato a nessuno, oltre al sottoscritto, nonostante la delusione della Sinistra arcobaleno, di ascoltare gli appelli frequenti a non dividersi? E poi, qualcuno è in grado di spiegare perché mai una coalizione elettorale sarebbe stata più facilmente accettabile in presenza di uno sbarramento alto? Siamo sicuri che in quel caso non sarebbe stata presa per pura difesa del proprio interesse elettorale?
Ai più critici chiedo di fare la "prova", chiedendo alla nostra gente di esprimersi direttamente e democraticamente su questo punto. Sono convinto che anche l'efficacia dell'opposizione riprenderebbe per questa via vigore, poiché verrebbe percepita chiaramente la presa in carico di una responsabilità immediata di rappresentanza larga.
Per le elezioni amministrative le considerazioni sono più stringenti. Considero molto positive le costruzioni unitarie che si stanno producendo sui territori. Sarà la maggior vicinanza con i sentimenti e le aspettative delle persone, ma trovo in queste esperienze un grado di maturità e generosità ben superiore a quello dei gruppi dirigenti nazionali. Queste esperienze si basano sull'assunto, neanche troppo da esplicitare, che la legittimazione può avvenire solo attraverso una partecipazione orizzontale. Perciò si fa ricorso a strumenti ancora grezzi, ma utilissimi, dalle primarie alle consultazioni popolari. Guardare a queste esperienze, fuori dalla pretesa di dare la linea, può davvero insegnarci molto.
Ricominciamo, senza timori, a dare qualche segno di vita. Potrebbe essere più semplice del previsto.
26/11/2008
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Generalizziamo lo sciopero.
Siamo precipitati in una terribile recessione. E siamo probabilmente solo
all'inizio del tunnel, se l'Ocse prevede che in Italia si passerà
dall'attuale tasso di disoccupazione del 6,9%, al 7,8% nel 2009 e fino
all'8% nel 2010.
La più grave crisi degli ultimi decenni, dunque, non solo per gli indici
delle borse mondiali ma soprattutto per milioni di lavoratori e di famiglie
che vedono un futuro sempre più difficile e incerto.
Questo è il risultato di oltre un ventennio di politiche economiche a favore
del mercato selvaggio. Anni in cui sono aumentate spaventosamente le
diseguaglianze.
Ora che c'è la crisi, finalmente, si parla di tornare all'intervento
pubblico. Ma il Governo Berlusconi al momento è intervenuto generosamente
solo per salvare le banche e i bancarottieri, mentre si tagliano i fondi per
le scuole, per la sanità, per l'edilizia popolare, per il Sud.
Per la spesa sociale e il welfare c'è lo spot a buon mercato della social
card, una elemosina da 40 euro al mese per i più poveri.
E dopo anni di continue riduzioni dei diritti e dei salari, anziché avviare
una fase redistributiva che potesse far crescere i consumi e la domanda
aggregata, il Governo delle destre, accogliendo le pressioni della
Confindustria, ha lanciato un'offensiva contro il Contratto Collettivo
Nazionale e quindi contro il mondo del lavoro.
In questo quadro, lo sciopero generale del 12 dicembre, proclamato dalla
Cgil, è un appuntamento assolutamente importante e necessario per la
democrazia, i salari, l'occupazione, la giustizia sociale.
Uno sciopero da generalizzare, costruendo alleanze sociali che consentano un
allargamento della piattaforma: con quel mondo che vuole difendere la
scuola, col movimento ambientalista e del Formicoso che si oppone a
Bertolaso, passando per ogni vertenza di lavoro e chiedendo al Governo il
cofinanziamento del reddito di cittadinanza.
Assieme all'onda studentesca, lo sciopero costituisce un'occasione
straordinaria di opposizione alle politiche delle destre.
Un'occasione che va sostenuta e partecipata dal basso, in primo luogo dalla
sinistra, con la costituzione di Comitati popolari in ogni territorio.
Gennaro Imbriano
all'inizio del tunnel, se l'Ocse prevede che in Italia si passerà
dall'attuale tasso di disoccupazione del 6,9%, al 7,8% nel 2009 e fino
all'8% nel 2010.
La più grave crisi degli ultimi decenni, dunque, non solo per gli indici
delle borse mondiali ma soprattutto per milioni di lavoratori e di famiglie
che vedono un futuro sempre più difficile e incerto.
Questo è il risultato di oltre un ventennio di politiche economiche a favore
del mercato selvaggio. Anni in cui sono aumentate spaventosamente le
diseguaglianze.
Ora che c'è la crisi, finalmente, si parla di tornare all'intervento
pubblico. Ma il Governo Berlusconi al momento è intervenuto generosamente
solo per salvare le banche e i bancarottieri, mentre si tagliano i fondi per
le scuole, per la sanità, per l'edilizia popolare, per il Sud.
Per la spesa sociale e il welfare c'è lo spot a buon mercato della social
card, una elemosina da 40 euro al mese per i più poveri.
E dopo anni di continue riduzioni dei diritti e dei salari, anziché avviare
una fase redistributiva che potesse far crescere i consumi e la domanda
aggregata, il Governo delle destre, accogliendo le pressioni della
Confindustria, ha lanciato un'offensiva contro il Contratto Collettivo
Nazionale e quindi contro il mondo del lavoro.
In questo quadro, lo sciopero generale del 12 dicembre, proclamato dalla
Cgil, è un appuntamento assolutamente importante e necessario per la
democrazia, i salari, l'occupazione, la giustizia sociale.
Uno sciopero da generalizzare, costruendo alleanze sociali che consentano un
allargamento della piattaforma: con quel mondo che vuole difendere la
scuola, col movimento ambientalista e del Formicoso che si oppone a
Bertolaso, passando per ogni vertenza di lavoro e chiedendo al Governo il
cofinanziamento del reddito di cittadinanza.
Assieme all'onda studentesca, lo sciopero costituisce un'occasione
straordinaria di opposizione alle politiche delle destre.
Un'occasione che va sostenuta e partecipata dal basso, in primo luogo dalla
sinistra, con la costituzione di Comitati popolari in ogni territorio.
Gennaro Imbriano
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martedì 25 novembre 2008
Piano di Zona Sociale, Prc: “No alla riduzione dei diritti dei precari. Si ritiri il Bando Adil per modificarlo”.
Navigando sul portale web del Piano di Zona Sociale di Atripalda www.servizisocialia6.it/downloads.asp?cat=6 si può leggere un Bando pubblicato lo scorso 11 novembre denominato “AVVISO PUBBLICO PER L’AFFIDAMENTO DI INCARICHI DI COLLABORAZIONE
Progetto ADIL – Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati”.
Nell’avviso si comunica che gli incarichi per il coordinatore del progetto, per operatori sociali, personale ausiliare, mediatore culturale, insegnanti di italiano, consulente legale e interpreti, saranno affidati non solo in base ai titoli e all’esperienza dei candidati ma anche in ragione della loro disponibilità a rinunciare a una parte del compenso settimanale previsto dal bando oppure a svolgere alcune ore supplementari di lavoro non retribuito.
Sulla vicenda interviene la Federazione provinciale del Prc-Se che chiede al Piano di Zona A6 di ritirare e modificare il bando in questione.
“È un errore chiedere a giovani precari di dover rinunciare ai propri diritti pur di avere la possibilità di ottenere un lavoro”, così Cinzia Spiniello, della Segreteria provinciale di Rifondazione.
“Capisco la difficoltà economica in cui stanno gli enti locali, dopo i tagli già decisi dal Governo Berlusconi e quelli pesantissimi annunciati al Fondo nazionale per le politiche sociali. Ma un ente pubblico, che si occupa di sociale e con una sensibilità di centro-sinistra, non può decidere di risparmiare tagliando sui diritti dei giovani precari, sarebbe assurdo.
Voglio sperare si sia trattato di una distrazione. Per questo chiediamo che l’avviso pubblico sia immediatamente ritirato e modificato”.
Progetto ADIL – Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati”.
Nell’avviso si comunica che gli incarichi per il coordinatore del progetto, per operatori sociali, personale ausiliare, mediatore culturale, insegnanti di italiano, consulente legale e interpreti, saranno affidati non solo in base ai titoli e all’esperienza dei candidati ma anche in ragione della loro disponibilità a rinunciare a una parte del compenso settimanale previsto dal bando oppure a svolgere alcune ore supplementari di lavoro non retribuito.
Sulla vicenda interviene la Federazione provinciale del Prc-Se che chiede al Piano di Zona A6 di ritirare e modificare il bando in questione.
“È un errore chiedere a giovani precari di dover rinunciare ai propri diritti pur di avere la possibilità di ottenere un lavoro”, così Cinzia Spiniello, della Segreteria provinciale di Rifondazione.
“Capisco la difficoltà economica in cui stanno gli enti locali, dopo i tagli già decisi dal Governo Berlusconi e quelli pesantissimi annunciati al Fondo nazionale per le politiche sociali. Ma un ente pubblico, che si occupa di sociale e con una sensibilità di centro-sinistra, non può decidere di risparmiare tagliando sui diritti dei giovani precari, sarebbe assurdo.
Voglio sperare si sia trattato di una distrazione. Per questo chiediamo che l’avviso pubblico sia immediatamente ritirato e modificato”.
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domenica 23 novembre 2008
Ciao Sandro.
Sandro Curzi,all'età di 78 anni, dopo una lunga malattia, ci ha lasciato.
A tredici anni entra in contatto con gruppi della Resistenza antifascista.Il suo primo articolo è sull'"Unità clandestina" per raccontare l'assassinio di uno studente da parte di fascisti repubblichini.
Militante del Partito Comunista, poi in Rifondazione Comunista con Fausto Bertinotti.
Curzi e' stato storico direttore del Tg3 - TELE KABUL - alla fine degli anni '80, poi direttore di "Liberazione".
Attualmente era consigliere d'amministrazione della Rai.
Alla moglie Bruna, alla figlia Candida ed a tutti i suoi cari l'abbraccio commosso ed affettuoso della Sinistra irpina.
"Essere nati per partecipare alla costruzione e al miglioramento del mondo è una cosa bellissima. L'uomo ha bisogno di essere parte di una sfida, di una scommessa, di un sogno, se vogliamo, per sentirsi utile, per conferire senso e valore alla propria esistenza"...
Sandro Curzi
A tredici anni entra in contatto con gruppi della Resistenza antifascista.Il suo primo articolo è sull'"Unità clandestina" per raccontare l'assassinio di uno studente da parte di fascisti repubblichini.
Militante del Partito Comunista, poi in Rifondazione Comunista con Fausto Bertinotti.
Curzi e' stato storico direttore del Tg3 - TELE KABUL - alla fine degli anni '80, poi direttore di "Liberazione".
Attualmente era consigliere d'amministrazione della Rai.
Alla moglie Bruna, alla figlia Candida ed a tutti i suoi cari l'abbraccio commosso ed affettuoso della Sinistra irpina.
"Essere nati per partecipare alla costruzione e al miglioramento del mondo è una cosa bellissima. L'uomo ha bisogno di essere parte di una sfida, di una scommessa, di un sogno, se vogliamo, per sentirsi utile, per conferire senso e valore alla propria esistenza"...
Sandro Curzi
Nuovo welfare e Reddito di Cittadinanza.
Lunedì 24 novembre
Centro Sociale "Samantha Della Porta" di Avellino
Ore 17:30
Assemblea con:
Gennaro IMBRIANO, Segretario Provinciale di Rifondazione;
Vito NOCERA, Capogruppo Prc-Se in Consiglio Regionale;
Antonio PETOIA, ex Assessore Provinciale alle Politiche Sociali;
Rosetta D'AMELIO, ex Assessore Regionale alle Politiche Sociali;
Rosanna REPOLE, Presidente del Piano di Zona Sociale di Lioni;
Carlo MELE della Caritas di Avellino;
Francesco CASILLO, Presidente della Commissione Politiche Sociali del
Consiglio Regionale;
Corrado GABRIELE, Assessore Regionale a Lavoro-Formazione-Istruzione;
Peppe DE CRISTOFARO, Segretario Regionale del Prc-Se.
Centro Sociale "Samantha Della Porta" di Avellino
Ore 17:30
Assemblea con:
Gennaro IMBRIANO, Segretario Provinciale di Rifondazione;
Vito NOCERA, Capogruppo Prc-Se in Consiglio Regionale;
Antonio PETOIA, ex Assessore Provinciale alle Politiche Sociali;
Rosetta D'AMELIO, ex Assessore Regionale alle Politiche Sociali;
Rosanna REPOLE, Presidente del Piano di Zona Sociale di Lioni;
Carlo MELE della Caritas di Avellino;
Francesco CASILLO, Presidente della Commissione Politiche Sociali del
Consiglio Regionale;
Corrado GABRIELE, Assessore Regionale a Lavoro-Formazione-Istruzione;
Peppe DE CRISTOFARO, Segretario Regionale del Prc-Se.
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EUROPA LIBERA DA OGM: La lettera di GREEN PEACE.
Ciao,
siamo seriamente preoccupati per i risultati di uno studio pubblicato oggi dal governo austriaco sui rischi sanitari legati agli OGM. La fertilità dei topi nutriti con mais OGM è risultata molto indebolita rispetto a topi alimentati con prodotti naturali: hanno generato una prole ridotta di numero e di peso. Queste scoperte dimostrano quanto poco sappiamo dell’impatto a lungo termine degli OGM sulla salute e sull’ambiente e quanto sia inadeguata l’attuale procedura di valutazione dei rischi a livello europeo.
Il prossimo 4 dicembre i ministri dell’Ambiente europei si riuniranno per decidere se rafforzare o meno il sistema di valutazione dei rischi OGM. È l’occasione giusta per chiedere ai Ministri di votare a favore della protezione dell’ambiente e dei consumatori.
Mancano solo 20 giorni al voto del Consiglio dell’Ambiente europeo
Alcuni ministri sono giá dalla parte giusta, molti altri sono ancora indecisi. Un numero ristretto di Paesi influenti, invece, sta provando a bloccare qualsiasi tipo di sensata riforma dell’attuale lacunoso sistema autorizzativo degli OGM.
Tu puoi aiutarci a combattere la “Monsantosis”, una malattia causata dal Monsantus avidus virus, che sta minacciando i politici europei. Con un semplice click potrai contribuire a diffondere l’antibiotico “AntiCorp” a tutti i governi europei per renderli immuni dalle lobby pro-OGM e decisi a proteggere il nostro cibo, la nostra salute e l’ambiente.
Scrivi subito ai Ministri:
Sostieni i governi anti-Ogm - Austria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Slovenia
Fai smuovere i governi indecisi - Italia, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Germania, Irlanda, Lettonia, Malta, Slovacchia
Fai pressione contro i governi pro-OGM - Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Olanda, Portogallo, Romania, Svezia, Spagna, Regno Unito
Federica Ferrario
Responsabile campagna Ogm
Greenpeace Italia
siamo seriamente preoccupati per i risultati di uno studio pubblicato oggi dal governo austriaco sui rischi sanitari legati agli OGM. La fertilità dei topi nutriti con mais OGM è risultata molto indebolita rispetto a topi alimentati con prodotti naturali: hanno generato una prole ridotta di numero e di peso. Queste scoperte dimostrano quanto poco sappiamo dell’impatto a lungo termine degli OGM sulla salute e sull’ambiente e quanto sia inadeguata l’attuale procedura di valutazione dei rischi a livello europeo.
Il prossimo 4 dicembre i ministri dell’Ambiente europei si riuniranno per decidere se rafforzare o meno il sistema di valutazione dei rischi OGM. È l’occasione giusta per chiedere ai Ministri di votare a favore della protezione dell’ambiente e dei consumatori.
Mancano solo 20 giorni al voto del Consiglio dell’Ambiente europeo
Alcuni ministri sono giá dalla parte giusta, molti altri sono ancora indecisi. Un numero ristretto di Paesi influenti, invece, sta provando a bloccare qualsiasi tipo di sensata riforma dell’attuale lacunoso sistema autorizzativo degli OGM.
Tu puoi aiutarci a combattere la “Monsantosis”, una malattia causata dal Monsantus avidus virus, che sta minacciando i politici europei. Con un semplice click potrai contribuire a diffondere l’antibiotico “AntiCorp” a tutti i governi europei per renderli immuni dalle lobby pro-OGM e decisi a proteggere il nostro cibo, la nostra salute e l’ambiente.
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Federica Ferrario
Responsabile campagna Ogm
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Vertenza Formicoso: PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO.
Venerdì 21, presso il Centro Sociale "Samantha Della Porta"
di Avellino, si è tenuta la conferenza stampa per il lancio della Petizione
contro la discarica del Formicoso.
La Petizione, voluta da movimenti, istituzioni, associazioni, verrà
presentata al Parlamento Europeo dopo una raccolta di firme che
attraverserà, nei prossimi giorni, la città capoluogo e i paesi
dell'Irpinia.
Alla conferenza stampa tra gli altri parteciperanno: il Sindaco di Andretta,
Angelantonio Caruso; l'Assessore al Comune di Bisaccia, Agostino Pelullo;
Michele Di Maio, della Segreteria regionale di Legambiente; il Segretario
provinciale di Rifondazione, Gennaro Imbriano; Franco Arminio del Comitato
"Nessuno tocchi il Formicoso".
di Avellino, si è tenuta la conferenza stampa per il lancio della Petizione
contro la discarica del Formicoso.
La Petizione, voluta da movimenti, istituzioni, associazioni, verrà
presentata al Parlamento Europeo dopo una raccolta di firme che
attraverserà, nei prossimi giorni, la città capoluogo e i paesi
dell'Irpinia.
Alla conferenza stampa tra gli altri parteciperanno: il Sindaco di Andretta,
Angelantonio Caruso; l'Assessore al Comune di Bisaccia, Agostino Pelullo;
Michele Di Maio, della Segreteria regionale di Legambiente; il Segretario
provinciale di Rifondazione, Gennaro Imbriano; Franco Arminio del Comitato
"Nessuno tocchi il Formicoso".
mercoledì 19 novembre 2008
Prc Campania: Avanti a Sinistra.
Napoli. Venerdì 21, sabato 22 e domenica 23 novebre 2008, presso l'Hotel Oriente in via Diaz, 44 si terrà il CONGRESSO REGIONALE del PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA.
I lavori si apriranno, con la relazione di Peppe De Cristofaro, segretario regionale uscente, alle ore 17.00 di venerdì 21.
Info: www.prccampania.it
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domenica 16 novembre 2008
Genova. Sentenza sulla scuola Diaz: Un nuovo massacro.
“Il massacro, a Genova, c’è stato di nuovo”. Sono queste le prime amare parole con cui Gennaro Imbriano , Segretario provinciale di Rifondazione, ha commentato la sentenza che ha, in buona parte, assolto i responsabili per il violento blitz alla scuola Diaz.
“Anche stavolta, così come era accaduto durante le giornate del G8, è stata colpita duramente la democrazia italiana e la nostra Costituzione.
Chi, come me, partecipò alle manifestazioni altermondialiste genovesi, ricorda perfettamente la sensazione di una autentica sospensione dello stato di diritto. Allora fu applicata, senza che nessuno lo dichiarasse apertamente, la ricetta riproposta in queste ore dal Senatore Cossiga: infiltrare il movimento, far accadere episodi di teppismo in stile black-block che poi potessero giustificare la violenza delle cariche e dei pestaggi a danno di pacifici manifestanti.
Questa sentenza assolutoria, pur in presenza di decine e decine di ragazzi letteralmente massacrati dalle forze di polizia, sembra un lasciapassare per chi oggi è chiamato, dal Governo, alla declinazione dell’emergenza e alla pratica della tolleranza zero. Contro l’Onda degli studenti, contro i migranti e i poveri, contro lo sciopero generale della Cgil, e anche contro gli ambientalisti e i comitati che si oppongono al Piano rifiuti di Bertolaso-Berlusconi.
La sinistra è chiamata alla costruzione, nella politica e nella società, di un ampio fronte di opposizione al Governo delle destre”.
“Anche stavolta, così come era accaduto durante le giornate del G8, è stata colpita duramente la democrazia italiana e la nostra Costituzione.
Chi, come me, partecipò alle manifestazioni altermondialiste genovesi, ricorda perfettamente la sensazione di una autentica sospensione dello stato di diritto. Allora fu applicata, senza che nessuno lo dichiarasse apertamente, la ricetta riproposta in queste ore dal Senatore Cossiga: infiltrare il movimento, far accadere episodi di teppismo in stile black-block che poi potessero giustificare la violenza delle cariche e dei pestaggi a danno di pacifici manifestanti.
Questa sentenza assolutoria, pur in presenza di decine e decine di ragazzi letteralmente massacrati dalle forze di polizia, sembra un lasciapassare per chi oggi è chiamato, dal Governo, alla declinazione dell’emergenza e alla pratica della tolleranza zero. Contro l’Onda degli studenti, contro i migranti e i poveri, contro lo sciopero generale della Cgil, e anche contro gli ambientalisti e i comitati che si oppongono al Piano rifiuti di Bertolaso-Berlusconi.
La sinistra è chiamata alla costruzione, nella politica e nella società, di un ampio fronte di opposizione al Governo delle destre”.
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giovedì 13 novembre 2008
Bertinotti: 15 tesi per la sinistra.
di Fausto Bertinotti
1. Dopo la disastrosa sconfitta elettorale e la cancellazione della sinistra in Italia si è posta l'esigenza inderogabile della sua rinascita. Il rischio, in caso contrario, è la sua scomparsa dal panorama politico del paese per un lungo periodo.
2. Da allora, in pochi mesi, sono avvenuti eventi che hanno mutato profondamente la situazione, sia a livello mondiale, che del paese; sia nella sfera dell'economia, che in quella sociale, che in quella politica(seppure in questo caso lontano dall'Europa, come per la vittoria di Barack Obama). Ognuno di questi mutamenti, e tutti insieme reclamano una nuova,radicalmente nuova, presenza della sinistra in Italia e in Europa, rendendo persino più acuta l'esigenza, già emersa drammaticamente dopo il voto, di mettersi al lavoro per riempire un vuoto orribile.
3. Il precipitare della crisi, che ha investito il capitalismo finanziario globalizzato e che si estende dagli Usa al mondo intero, sottolinea duramente il vuoto di sinistra in Europa e propone, in tutta la sua portata storica, il tema della costruzione di una sinistra europea. E' stato detto giustamente che, se non sa mettere in campo, di fronte a questa crisi, una proposta di politica economica alternativa a quella dei governi, la sinistra non esiste.
4. La risposta alla crisi del capitalismo finanziario globalizzato è dunque un banco di prova obbligato, tanto più per le spaventose conseguenze sociali e di pesante ristrutturazione del lavoro che, in sua assenza, si produrrebbero. Una traccia di proposta è già presente nel mondo degli economisti critici. La necessità del sistema di ricorrere all'intervento pubblico porta la contesa sulla natura dell'intervento pubblico e del ruolo dello Stato. Una proposta della sinistra dovrebbe cogliere l'occasione davvero straordinaria per rivendicare un intervento pubblico nell'economia finalizzato ad una prima riforma di quel modello di sviluppo che ha generato la crisi attuale, per andare nella direzione di un modello alternativo di
economia più equa, più ecologica e meno instabile. L'intervento pubblico dovrebbe perciò essere massiccio, quanto precisamente finalizzato. E' stato giustamente sottolineato che la sfida che si ripropone è sul cosa, come, dove e per chi produrre. E' concreta la possibilità di cogliere l'occasione della nazionalizzazione della finanza per rivendicare un piano del lavoro che faccia dello Stato il garante di una programmazione per il pieno impiego e un lavoro di qualità che superi la sua precarizzazione.
Alla sua base vanno individuate, e scelte, le grandi questioni irrisolte della società e i bisogni maturi e non soddisfatti. La guida di questa svolta nella politica economica sta nella organizzazione della domanda dove più stretta è la relazione tra le problematiche economiche, quelle della qualità e stabilità del lavoro e quelle ecologiche, per costruire delle risposte che sollecitino uno sviluppo qualificato della ricerca, della ricerca applicata, della tecnologia e di nuove forme di organizzazione del lavoro. La dimensione necessaria per questa riforma della politica economica è certo quella europea, ma già il livello nazionale va investito da una forte iniziativa politica e sociale. L'occasione è quella di una terribile difficoltà, ma anche quella propizia alla rinascita della sinistra, nel
cimento su un passaggio così difficile. Si tratta ora di immettere questo schema di proposta con forza nel dibattito e nello scontro politico. Su questa traccia va contemporaneamente messa all'opera una comunità scientifica allargata, all'esperienza sociale in primo luogo, da cui nasca una proposta condivisa che possa entrare in relazione con tutti i fronti di lotta.
5. Il movimento di lotta di queste ultime settimane di straordinaria mobilitazione nella scuola ha dimostrato quel che si doveva già sapere, che nessun consenso di opinione mette al riparo i governi dall'insorgere del conflitto sociale, ma, contemporaneamente, ci fa scoprire una nuova dimensione possibile del conflitto, quella della sua indipendenza dalle forze politiche e della sua irrappresentabilità. Si tratta di un movimento del tutto inedito, assai diverso non solo da quelli del '68 e del '77, ma anche da quello della Pantera, un movimento diverso per composizione,
organizzazione e forme di crescita anche dal movimento altermondista. Esso promuove l'azione collettiva della popolazione di un comparto della società, qui la scuola, sulla base della denuncia della lesione di un suo diritto condiviso. Avevamo già visto che senza la sinistra non c'è opposizione politico-sociale, ora impariamo che neppure l'opposizione sociale rimette più in piedi la sinistra. Si sono consumate tutte le rendite di posizione della politica. Senza un'idea di sé, del suo rapporto con i movimenti e con la società la sinistra non esiste e non rinasce.
6. Il lavoro sarà investito da una nuova fase di ristrutturazione promossa dalla crisi, e sulla base della recessione e dell'attacco all'occupazione. Il padronato si prepara a gestirla facendola precedere da un a-fondo sul sistema contrattuale con lo scopo di ridurre non solo il lavoro, ma anche il sindacato a variabile dipendente della competitività aziendale. Sebbene possa sembrare troppo radicale ed estremista, l'obiettivo confindustriale è proprio quello di cancellare l'autonomia rivendicativa e contrattuale del sindacato per sostituirlo con la sua istituzionalizzazione neocorporativa: un cambio della sua natura per sottomettere "definitivamente" il lavoro all'impresa e al capitalismo. Cambiano, anche assai profondamente, i cicli economici e la composizione del lavoro, ma il lavoro, la contesa sul lavoro e la soggettività delle lavoratrici e dei lavoratori, cioè il concreto manifestarsi delle lotte di classe, torna come uno degli snodi decisivi per l'esistenza della sinistra. Non c'è nessun automatismo né alcuna esclusività da proporre, né alcuna collocazione gerarchica da rivendicare rispetto ad altre contraddizioni, prima tra tutte quella ambientale. Semplicemente senza una sua politica su questo snodo la sinistra non esiste. La stessa questione sindacale acquista un peso del tutto particolare sia rispetto alla questione sociale che a quella politica. Se la Cgil si sottrarrà all'esito voluto dalla Confindustria e dal Governo niente rimarrà come è stato dal 1992 ad oggi, e comincerà una nuova seppur difficile storia del sindacato e del conflitto di lavoro in Italia.
7. Sia che si guardino le già grandi novità intervenute, dopo la storica sconfitta, dal punto di vista strutturale che dal punto di vista dei processi politici, si vede emergere quale tema prioritario, connesso con la questione delle proposte sulla natura del nuovo intervento pubblico nell'economia, quello dell'efficacia dell'opposizione ai fini di impedire che il cerchio si chiuda, con l'irreversibile cancellazione per l'intero medio periodo della sinistra e con la sistematica separazione tra il sociale e il politico, tra la vita delle persone e la politica. La qualità e l'ampiezza dell'opposizione debbono porsi all'altezza di un disegno regressivo di restaurazione che vede progressivamente soppiantare la Carta fondamentale della Repubblica da una costituzione materiale che ne rovescia il senso, facendosi accompagnare da una rivoluzione conservatrice guidata dalla nuova destra. L'esito di un "regime leggero", a fondamento di un assetto a-democratico della società, può essere impedito solo da un'opposizione di sinistra, popolare, di massa e capace di risalire, per metterle in discussione, alle cause strutturali del disagio sociale e della crisi economica. Ripensare a fondo l'agire collettivo, attivare tutte le forme della democrazia partecipativa, andare a lezione dai movimenti emergenti, rivoluzionare la grammatica dei rapporti tra forze politiche e
movimenti, scegliere i tempi e i modi di proprie campagne di mobilitazione e di lotta che facciano venire alla luce potenzialità latenti, far coesistere esperienze diverse solo disposte a riconoscersi reciprocamente, rileggere le esperienze di democrazia diretta a partire dall'uso mirato del referendum, costituire autonomi comitati di scopo, sono solo alcune delle pratiche necessarie di un piano di lavoro politico che associ chiunque ci stia sulla base della selezione politica operata unicamente dalla condivisione dell'obiettivo.
8. Era già evidente dopo la sconfitta che la rinascita della sinistra sarebbe dovuta essere in realtà un cominciare da capo. Tutto ciò che accade avvalora questa tesi. Il rinnovamento nella continuità, che sarebbe stato possibile fino a ieri è oggi impossibile. Lo sarebbe stato, con particolare forza, di fronte ai grandi passaggi storici mancati, come la primavera di Praga, il '68-'69, lo stesso '89, per lo straordinario accumulo di storia e di esperienze fin lì a disposizione e che avrebbero potuto permettere un'uscita da sinistra dalle crisi del movimento operaio. Allora sarebbe stato possibile quel che oggi non è più possibile. Ancora, in tutt'affatto diverse condizioni, di fronte al costituirsi del movimento altermondista, un'estrema possibilità si era venuta proponendo alla politica. Ma oggi, dopo la sconfitta storica e la scomparsa della sinistra politica come forza
attrattiva, questa ipotesi di lavoro non è più possibile. Quel che resta vivo dei tentativi, anche coraggiosamente tentati di fronte ai precedenti passaggi critici, è l'esigenza di fondo, quella di un'uscita da sinistra dalla crisi del movimento operaio. Ma ora è necessario che sia un'uscita da sinistra capace di essere praticata da nuove grandi organizzazioni politiche. La sinistra di cui c'è bisogno è perciò una sinistra di società, cioè capace di essere portatrice di una rinnovata critica del modo di produzione capitalistico e di un'alternativa di società e,
contemporaneamente, per forza organizzata, capace di influenzare il corso generale in atto e le scelte della politica: una forza politica di cambiamento e di trasformazione.
9. Ricominciare politicamente da capo per ricostruire la sinistra in Italia e in Europa non vuol dire contrarre la malattia del nuovismo che è un'apologetica dell'innovazione che ora si fa addirittura grottesca di fronte ad una realtà come quella attuale che fa dire come scriveva Gorz "Non è un capitalismo in crisi, ma è la crisi del capitalismo che scuote profondamente la realtà". Essa genera a sua volta una crisi di civiltà e un rischio per l'umanità tutta. Un'adesione all'attuale modernizzazione è semplicemente insensata. Né vuol dire essere dimentichi del passato. Il movimento operaio del '900 è il mondo da cui veniamo. Delle tre grandi direttrici su cui si è sviluppato, la prima è morta nella tragedia, ed è quella che, sulla rottura rivoluzionaria, ha fondato la costruzione dello stato e di ciò che è stato chiamato il comunismo reale; la seconda è molto, molto malata, ed è quella che, in tutta la seconda metà del secolo, specie in Europa, ha continuato a porsi il tema della trasformazione della società capitalista diventando protagonista del compromesso democratico dei 30 anni gloriosi; la terza è ancora vitale (anche per la conferma, seppur anche spiazzante, che le viene dalle grandi mutazioni di cui il capitalismo è capace per riconfermarsi) ed è il nucleo forte della critica al capitalismo proprio dell'impianto marxiano. Proprio in ragione della sua vitalità
convince ancora la tesi propagata da grandi intellettuali marxisti già alla fine del secolo scorso di andare oltre Marx, tesi che pretende una duplice opposizione, sia nei confronti di chi ne propone l'abbandono, sia di chi ne propone una acritica nuova adozione. Si può pensare di mettere a frutto la vitalità della teoria, consapevoli anche della sua maturità, proprio cercando la relazione con due contraddizioni altrettanto decisive nella critica al nuovo capitalismo totalizzante, quella tra ambiente e sviluppo e quella di genere. Un forte spirito di ricerca nella teoria critica del capitalismo dovrebbe alimentare una tendenza culturale e politica
necessaria, insieme ad altre, alla rinascita politica della sinistra.
10. Il movimento operaio del Novecento vive dal '17 agli anni '80 su ciò che è stato definita l'alleanza, o la fusione, tra la classe operaia e una teoria, quella marxista-leninista. Per averne conferma basti pensare soltanto al fatto che il partito comunista dalla storia nazionale forse più autonoma di ogni altro, il Pci, modifica, nel suo statuto, il riferimento al marxismo-leninismo solo nel 1979. Il peso dell'alleanza in questo movimento operaio, quello del '900, quand'anche in esso siano cresciute esperienze diverse, è forte e innegabile. Ma questa non è la sola storia del movimento operaio possibile. Né è stata la sola. Ce ne sono state di diverse già nel corso della storia, si pensi al ciclo che precedette la Comune di Parigi, e dunque altre ce ne potranno essere, sempreché lo sfruttamento esistente sia
considerabile politicamente significativo. Ad un nuovo movimento operaio la sinistra dovrebbe lavorare, nel tempo di una nuova rivoluzione capitalistica, anche modificando i contraenti l'alleanza e la sua stessa base teorica. A richiedere un soggetto capace di proporsi, su scala mondiale e in un processo storico, il superamento del capitalismo è la natura di questo capitalismo totalizzante, sono le forme concrete di sfruttamento e di alienazione che esso genera e la sua attuale proprietà di fare innovazione e contemporaneamente di produrre crisi di civiltà e di umanità. A questa ricerca non può essere estraneo il processo di costruzione della sinistra in Europa e in Italia che, tuttavia, deve disporre di un'autonoma fondazione
politica, quella della definizione di un programma fondamentale in cui possano riconoscersi una molteplicità di soggetti e una pluralità di culture politiche, capace di costituire, come insieme, il fatto nuovo nella politica.
11. In politica è certo importante come chiamarsi. I simboli, i segni di una comunità scelta parlano di un'identità, di un'appartenenza. In questo nostro tempo l'identità, se vuole contrastare, anche in sé, il codice dell'esclusione che è quello oggi prevalente nella società (basti pensare, per la sua presenza nefasta e corruttiva, al riemergere del razzismo), deve essere aperta e formarsi in progresso, fermo solo il punto di avvio. I grandi nomi definitori dei partiti sono indistinguibili dalla loro storia. Parlano il linguaggio della politica solo quando sono riconoscibili ai grandi numeri, alle persone comuni e sanno trasmettere il senso dell'appartenenza ad un'impresa comune, ad un campo significativo di forze. Non è la stessa cosa dichiarare di militare personalmente per una causa o fare di essa il programma di un partito. Comunista è una parola molto impegnativa, da maneggiare con cura e misura. Essa è insieme troppo e troppo poco per definire, oggi e qui, un nuovo soggetto politico. Troppo, perché se il programma del comunismo è, come è, la liberazione del e dal lavoro salariato esso non può trovare posto (seppure possa illuminarne la ricerca) nella dimensione storica concreta a cui deve rispondere il programma fondamentale della sinistra, che non può che essere, realisticamente, ma anche ambiziosamente, quella della ricerca sul socialismo del XXI secolo. Troppo poco, perché quand'anche dichiarata l'ipotesi finalistica comunista, non potrebbe dirci granché delle ragioni, concrete, sempre quelle del qui e ora, per cui deve costituirsi la sinistra oggi, dopo la distruzione. Altro è stato, e sarebbe, il caso dell'intervento sul nome di formazioni già esistenti dove il rispetto della storia, delle storie che l'hanno animato e la loro costituzione materiale, danno conto direttamente e storicamente di un percorso e delle sue aperture, basti pensare a quello del Pci. Altro è dar vita ad un nuovo progetto politico. La sinistra è stata l'origine della politica di libertà e di giustizia nella storia moderna, cosa che consente la rammemorazione sempre necessaria per prendere il nuovo slancio. Ma è contemporaneamente anche la riaffermazione, nel presente, di un clivage, senza il quale non c'è più la politica, non c'è più scelta, il clivage tra destra e sinistra. La sinistra parla di una famiglia politica potenzialmente così ampia da poter comprendere tutti coloro che vogliono costituire una forza politica capace di tornare a declinare, in Europa, nel secolo XXI, di
fronte al capitalismo totalizzante del nostro tempo, i temi di libertà e eguaglianza e che sanno che, dopo la sconfitta, si tratta di cominciare da capo. Non sarà casuale che dopo la caduta delle dittature militari in America Latina, nel rinascimento della sinistra latinoamericana, nessuna grande formazione politica che lì ha condotto alla vittoria, nei diversi paesi, la sinistra e i popoli del continente si chiami comunista, nessuna dal Ptt di Lula al Mas di Evo Morales, pur avendo tutte al loro interno socialisti e comunisti.
12. Nessuna forza politica in Italia ha in sé oggi la forza e la cultura politiche sufficienti per questo necessario big - bang da cui possa rinascere la sinistra. Il Pd non è sinistra, e non per la composizione della sua base sociale, ma per la natura intrinseca del partito e del suo progetto politico. I partiti che hanno dato vita all'arcobaleno di sinistra lo sono, ma, separati, non hanno la massa critica necessaria per l'impresa, e, dopo la sconfitta, sono imprigionati anche rispetto alla capacità di innovazione da pesanti derive neo-identitarie. Il tema del tutto inedito, nel nuovo ciclo politico e che prende forza dall'esigenza di uscire da questo quadro impotente, è quello della ristrutturazione delle forze oggi di opposizione per dar vita ad una nuova grande sinistra di alternativa, unitaria, plurale, fondata imprescindibilmente sulla democrazia della partecipazione. La
situazione, prima caratterizzata dall'esistenza di due sinistre in competizione, conflitto e possibile alleanza tra loro, è stata sostituita da una nuova situazione senza più sinistra. Sulla base dell'analisi di fatto la priorità delle priorità diventa perciò la rinascita della sinistra. Ma bisogna riconoscere che, ancora sulla base dell'analisi delle soggettività politiche in campo, quest'ipotesi, matura come grande esigenza per le forze di cambiamento e per la democrazia, è immatura soggettivamente. Ciò non toglie che debba essere indicata come meta da perseguire, non già con qualche scorciatoia politicista, per altro impossibile, ma attraverso la
messa in campo di una ambiziosa e complessa operazione sociale, culturale e politica, di cui il primo passo possa essere la rottura degli steccati per cimentarsi con realtà dure e difficili come le questioni del lavoro, della scuola e della risposta da dare alla crisi, alla recessione e all'attacco all'occupazione.
13. Per affrontare questa sfida non solo vanno evitate le scorciatoie politiciste, ma ci si deve altresì precludere la via alla ricerca di un assetto delle forze di opposizione che non solo non costituirebbe uno stadio intermedio rispetto alla ristrutturazione e alla rinascita della sinistra, ma ne contraddirebbe l'ispirazione di fondo. E' l'ipotesi secondo la quale, alla crisi del centro-sinistra degli ultimi 10 anni, si dovrebbe sostituire il rapporto tra l'attuale Pd e una forza alla sua sinistra che assuma il compito di condizionarne le politiche e per riaprire, su questa base, la prospettiva di governo. Questo esito, che rappresenterebbe nient'altro che uno sviluppo moderato dell'attuale situazione di vuoto, è da contrastare nettamente. Esso ha una sola verità interna ed è che, nella attuale
immaturità della ristrutturazione, deve essere perseguito l'obiettivo della costruzione da subito, si potrebbe dire da ieri, di una forza di sinistra. Ma questa nuova forza di sinistra per esistere deve disporre di un progetto autonomo, capace di delineare, per un intero ciclo, il suo compito nella società italiana ed europea. L'ispirazione della sua azione deve essere proiettata nel futuro (la rinascita della grande sinistra di cui costituisce la prima tappa) e non risucchiata nel passato del centro-sinistra. Il centro-sinistra è finito, ed è finito insieme alla sua tormentata, speranzosa ma, al fondo, fallimentare stagione. La cultura prevalente che
l'ha promossa - governare la globalizzazione attraverso un corpo di regole e una classe dirigente moderna - non solo è all'origine del fallimento dei due governi Prodi, ma è stata sepolta dall'esplodere della crisi del capitalismo finanziario globalizzato. Certo il tema del governo va ripensato invece che abbandonato, ma per farlo bisogna ripartire dalla sinistra, dalla sua forza nella società, dalla sua capacità di produrre egemonia, senso comune, da un progetto riformatore della società, dell'economia e della democrazia capace di essere condiviso da grandi masse.
14. La costruzione di una forza politica unitaria e plurale della sinistra, così com'è oggi possibile, mettendo insieme e portando a unità, in un'impresa da costruire insieme, le forze e le persone che sentono fortemente questa esigenza, è un passaggio difficile quanto necessario. Necessario, prima che il quadro politico del paese si chiuda nel soffocante bipartitismo che avanza. Questo processo costituente di una forza di sinistra sarebbe la prima tappa di un cammino ancor più ambizioso, ma intanto indispensabile per non morire tra moderatismo, da un lato, chiusura identitaria, da un altro, ed esodo dalla politica, da un altro ancora. La
realtà sociale del paese è ancora viva, anche se, in parte assai considerevole, drammaticamente depoliticizzata. Nei corpi intermedi della società italiana, sindacati, associazioni, centri sociali, volontariato, vive un patrimonio di esperienze e saperi che parla le lingue della sinistra, quand'anche questa sia, come oggi, muta. Nei movimenti puoi assistere a fenomeni imprevisti, del tutto imprevisti, anche fino a pochissimo tempo dal loro manifestarsi, come quello della scuola. Nell'intellettualità del paese, negli operatori di cultura, arte e
spettacolo, in alcuni giornali di sinistra c'è il deposito di resistenze, spesso condannate alla solitudine, eppure non trascurabile. Se si riuscisse a profonderle tutte e ognuna in un'impresa comune, da questa nascerebbe la sinistra di oggi e di domani. Allora questo va fatto, rompendo gli indugi. C'è una sola condizione che tutte e tutti coloro che sentono il bisogno di sinistra hanno il diritto di porre per poter prendere parte paritariamente al processo costituente ed è la certezza della democrazia. La sinistra, per esistere, deve ora essere irriducibilmente democratica. Occorre qui una discontinuità secca col suo passato lontano e anche recente. Non c'è più la legittimazione che nei precedenti gruppi dirigenti, quelli usciti dalla Resistenza, consisteva nella loro storia; ogni cooptazione diventa
arbitraria e divide; ogni intesa oligarchica diventa un ulteriore fattore di ulteriore distacco della politica dalla società e dai soggetti in essa attivi. L'impegno deve quindi, su questo terreno, essere irrevocabile: ogni funzione dirigente, ogni funzione di rappresentanza, fin dall'inizio del processo, deve essere attribuita con la partecipazione di tutti i rappresentati con voto segreto, su scheda bianca, tutte e tutti elettori ed eleggibili e tutti revocabili: inesorabilmente e rigorosamente una testa un voto.
15. La sinistra deve avere l'ambizione di essere anche una comunità scelta, un insieme di luoghi e di relazioni che fanno accoglienza e cura della persona. In essa devi poterci stare bene. Devi poter avere voglia di partecipare. La pratica della nonviolenza deve improntare le sue relazioni sia esterne che interne. La creazione di forme di autogoverno e di partecipazione deve costituire, in essa, il suo modo di essere e deve investire i vari aspetti del vivere, del produrre, del consumare, del
convivere e del fare politica. C'è, a questo fine, da conquistare una sorta di precondizione, la rottura dell'individualismo competitivo che ha investito tutte le nostre relazioni individuali e collettive per sostituirlo, se non con un comportamento altruistico, almeno con uno improntato all'"egoismo maturo", cioè alla consapevolezza che o ce la si fa insieme o non ce la si fa. Si potrebbe cominciare, nei rapporti interpersonali, nei luoghi di confronto politico e di formazione delle
decisioni, col sostituire il troppo abusato "non sono d'accordo" con il "sono d'accordo, ma...". Alla riforma della soggettività da investire nell'impresa bisogna, affinché si possa produrre e sia efficace, una altrettanto riforma strutturale del modo di essere della sinistra. Il centralismo romanocentrico, figlio non più dell'esigenza nazionale di una formazione compatta di combattimento, bensì della "governamentalità" e della centralità delle istituzioni nella politica, va spezzato in radice, dalle fondamenta. La sinistra deve saper avvolgere la dimensione nazionale in due altre dimensioni strategiche, in alto, quella europea (dove continua ad essere preziosa l'esperienza del partito della sinistra europea) e in basso, ma fondativo, il territorio. Il territorio, non già nella sua cattiva lettura basista o peggio nella sua pessima lettura populista, ma la contrario come terreno culturale, civile, di storia e di esperienza(l'Italia delle cento città) che può indurre la politica a ricominciare dalla messa in discussione dei concreti e differenziati manifestarsi di un modello di sviluppo la cui contestazione è la ragione prima della rinascita della sinistra. Perciò va fatta, nell'organizzazione della politica della sinistra, la scelta di un modello federativo partecipato, fondato sulla parificazione dei ruoli dirigenti tra autonome strutture regionali (la
sinistra sarda, campana, lombarda, toscana, pugliese, etc.) e la direzione nazionale che deve essere da esse compartecipata. La rinascita della sinistra dai territori, in un disegno nazionalmente condiviso, è la via maestra per dare vita al suo primo compito ai fini di sconfiggere l'egemonia nella società conquistata dalla nuova destra. La realizzazione della riforma della società civile mediante la produzione di culture, di pratiche sociali, di luoghi e forme di convivenza, di organizzazioni civili, sociali ed economiche che contengono una critica vissuta al primato dell'impresa e del mercato, è parte decisiva di questo compito storico. E' anche da qui, dalla rottura culturale e fattuale con ogni centralismo, che rinasce la sinistra.
1. Dopo la disastrosa sconfitta elettorale e la cancellazione della sinistra in Italia si è posta l'esigenza inderogabile della sua rinascita. Il rischio, in caso contrario, è la sua scomparsa dal panorama politico del paese per un lungo periodo.
2. Da allora, in pochi mesi, sono avvenuti eventi che hanno mutato profondamente la situazione, sia a livello mondiale, che del paese; sia nella sfera dell'economia, che in quella sociale, che in quella politica(seppure in questo caso lontano dall'Europa, come per la vittoria di Barack Obama). Ognuno di questi mutamenti, e tutti insieme reclamano una nuova,radicalmente nuova, presenza della sinistra in Italia e in Europa, rendendo persino più acuta l'esigenza, già emersa drammaticamente dopo il voto, di mettersi al lavoro per riempire un vuoto orribile.
3. Il precipitare della crisi, che ha investito il capitalismo finanziario globalizzato e che si estende dagli Usa al mondo intero, sottolinea duramente il vuoto di sinistra in Europa e propone, in tutta la sua portata storica, il tema della costruzione di una sinistra europea. E' stato detto giustamente che, se non sa mettere in campo, di fronte a questa crisi, una proposta di politica economica alternativa a quella dei governi, la sinistra non esiste.
4. La risposta alla crisi del capitalismo finanziario globalizzato è dunque un banco di prova obbligato, tanto più per le spaventose conseguenze sociali e di pesante ristrutturazione del lavoro che, in sua assenza, si produrrebbero. Una traccia di proposta è già presente nel mondo degli economisti critici. La necessità del sistema di ricorrere all'intervento pubblico porta la contesa sulla natura dell'intervento pubblico e del ruolo dello Stato. Una proposta della sinistra dovrebbe cogliere l'occasione davvero straordinaria per rivendicare un intervento pubblico nell'economia finalizzato ad una prima riforma di quel modello di sviluppo che ha generato la crisi attuale, per andare nella direzione di un modello alternativo di
economia più equa, più ecologica e meno instabile. L'intervento pubblico dovrebbe perciò essere massiccio, quanto precisamente finalizzato. E' stato giustamente sottolineato che la sfida che si ripropone è sul cosa, come, dove e per chi produrre. E' concreta la possibilità di cogliere l'occasione della nazionalizzazione della finanza per rivendicare un piano del lavoro che faccia dello Stato il garante di una programmazione per il pieno impiego e un lavoro di qualità che superi la sua precarizzazione.
Alla sua base vanno individuate, e scelte, le grandi questioni irrisolte della società e i bisogni maturi e non soddisfatti. La guida di questa svolta nella politica economica sta nella organizzazione della domanda dove più stretta è la relazione tra le problematiche economiche, quelle della qualità e stabilità del lavoro e quelle ecologiche, per costruire delle risposte che sollecitino uno sviluppo qualificato della ricerca, della ricerca applicata, della tecnologia e di nuove forme di organizzazione del lavoro. La dimensione necessaria per questa riforma della politica economica è certo quella europea, ma già il livello nazionale va investito da una forte iniziativa politica e sociale. L'occasione è quella di una terribile difficoltà, ma anche quella propizia alla rinascita della sinistra, nel
cimento su un passaggio così difficile. Si tratta ora di immettere questo schema di proposta con forza nel dibattito e nello scontro politico. Su questa traccia va contemporaneamente messa all'opera una comunità scientifica allargata, all'esperienza sociale in primo luogo, da cui nasca una proposta condivisa che possa entrare in relazione con tutti i fronti di lotta.
5. Il movimento di lotta di queste ultime settimane di straordinaria mobilitazione nella scuola ha dimostrato quel che si doveva già sapere, che nessun consenso di opinione mette al riparo i governi dall'insorgere del conflitto sociale, ma, contemporaneamente, ci fa scoprire una nuova dimensione possibile del conflitto, quella della sua indipendenza dalle forze politiche e della sua irrappresentabilità. Si tratta di un movimento del tutto inedito, assai diverso non solo da quelli del '68 e del '77, ma anche da quello della Pantera, un movimento diverso per composizione,
organizzazione e forme di crescita anche dal movimento altermondista. Esso promuove l'azione collettiva della popolazione di un comparto della società, qui la scuola, sulla base della denuncia della lesione di un suo diritto condiviso. Avevamo già visto che senza la sinistra non c'è opposizione politico-sociale, ora impariamo che neppure l'opposizione sociale rimette più in piedi la sinistra. Si sono consumate tutte le rendite di posizione della politica. Senza un'idea di sé, del suo rapporto con i movimenti e con la società la sinistra non esiste e non rinasce.
6. Il lavoro sarà investito da una nuova fase di ristrutturazione promossa dalla crisi, e sulla base della recessione e dell'attacco all'occupazione. Il padronato si prepara a gestirla facendola precedere da un a-fondo sul sistema contrattuale con lo scopo di ridurre non solo il lavoro, ma anche il sindacato a variabile dipendente della competitività aziendale. Sebbene possa sembrare troppo radicale ed estremista, l'obiettivo confindustriale è proprio quello di cancellare l'autonomia rivendicativa e contrattuale del sindacato per sostituirlo con la sua istituzionalizzazione neocorporativa: un cambio della sua natura per sottomettere "definitivamente" il lavoro all'impresa e al capitalismo. Cambiano, anche assai profondamente, i cicli economici e la composizione del lavoro, ma il lavoro, la contesa sul lavoro e la soggettività delle lavoratrici e dei lavoratori, cioè il concreto manifestarsi delle lotte di classe, torna come uno degli snodi decisivi per l'esistenza della sinistra. Non c'è nessun automatismo né alcuna esclusività da proporre, né alcuna collocazione gerarchica da rivendicare rispetto ad altre contraddizioni, prima tra tutte quella ambientale. Semplicemente senza una sua politica su questo snodo la sinistra non esiste. La stessa questione sindacale acquista un peso del tutto particolare sia rispetto alla questione sociale che a quella politica. Se la Cgil si sottrarrà all'esito voluto dalla Confindustria e dal Governo niente rimarrà come è stato dal 1992 ad oggi, e comincerà una nuova seppur difficile storia del sindacato e del conflitto di lavoro in Italia.
7. Sia che si guardino le già grandi novità intervenute, dopo la storica sconfitta, dal punto di vista strutturale che dal punto di vista dei processi politici, si vede emergere quale tema prioritario, connesso con la questione delle proposte sulla natura del nuovo intervento pubblico nell'economia, quello dell'efficacia dell'opposizione ai fini di impedire che il cerchio si chiuda, con l'irreversibile cancellazione per l'intero medio periodo della sinistra e con la sistematica separazione tra il sociale e il politico, tra la vita delle persone e la politica. La qualità e l'ampiezza dell'opposizione debbono porsi all'altezza di un disegno regressivo di restaurazione che vede progressivamente soppiantare la Carta fondamentale della Repubblica da una costituzione materiale che ne rovescia il senso, facendosi accompagnare da una rivoluzione conservatrice guidata dalla nuova destra. L'esito di un "regime leggero", a fondamento di un assetto a-democratico della società, può essere impedito solo da un'opposizione di sinistra, popolare, di massa e capace di risalire, per metterle in discussione, alle cause strutturali del disagio sociale e della crisi economica. Ripensare a fondo l'agire collettivo, attivare tutte le forme della democrazia partecipativa, andare a lezione dai movimenti emergenti, rivoluzionare la grammatica dei rapporti tra forze politiche e
movimenti, scegliere i tempi e i modi di proprie campagne di mobilitazione e di lotta che facciano venire alla luce potenzialità latenti, far coesistere esperienze diverse solo disposte a riconoscersi reciprocamente, rileggere le esperienze di democrazia diretta a partire dall'uso mirato del referendum, costituire autonomi comitati di scopo, sono solo alcune delle pratiche necessarie di un piano di lavoro politico che associ chiunque ci stia sulla base della selezione politica operata unicamente dalla condivisione dell'obiettivo.
8. Era già evidente dopo la sconfitta che la rinascita della sinistra sarebbe dovuta essere in realtà un cominciare da capo. Tutto ciò che accade avvalora questa tesi. Il rinnovamento nella continuità, che sarebbe stato possibile fino a ieri è oggi impossibile. Lo sarebbe stato, con particolare forza, di fronte ai grandi passaggi storici mancati, come la primavera di Praga, il '68-'69, lo stesso '89, per lo straordinario accumulo di storia e di esperienze fin lì a disposizione e che avrebbero potuto permettere un'uscita da sinistra dalle crisi del movimento operaio. Allora sarebbe stato possibile quel che oggi non è più possibile. Ancora, in tutt'affatto diverse condizioni, di fronte al costituirsi del movimento altermondista, un'estrema possibilità si era venuta proponendo alla politica. Ma oggi, dopo la sconfitta storica e la scomparsa della sinistra politica come forza
attrattiva, questa ipotesi di lavoro non è più possibile. Quel che resta vivo dei tentativi, anche coraggiosamente tentati di fronte ai precedenti passaggi critici, è l'esigenza di fondo, quella di un'uscita da sinistra dalla crisi del movimento operaio. Ma ora è necessario che sia un'uscita da sinistra capace di essere praticata da nuove grandi organizzazioni politiche. La sinistra di cui c'è bisogno è perciò una sinistra di società, cioè capace di essere portatrice di una rinnovata critica del modo di produzione capitalistico e di un'alternativa di società e,
contemporaneamente, per forza organizzata, capace di influenzare il corso generale in atto e le scelte della politica: una forza politica di cambiamento e di trasformazione.
9. Ricominciare politicamente da capo per ricostruire la sinistra in Italia e in Europa non vuol dire contrarre la malattia del nuovismo che è un'apologetica dell'innovazione che ora si fa addirittura grottesca di fronte ad una realtà come quella attuale che fa dire come scriveva Gorz "Non è un capitalismo in crisi, ma è la crisi del capitalismo che scuote profondamente la realtà". Essa genera a sua volta una crisi di civiltà e un rischio per l'umanità tutta. Un'adesione all'attuale modernizzazione è semplicemente insensata. Né vuol dire essere dimentichi del passato. Il movimento operaio del '900 è il mondo da cui veniamo. Delle tre grandi direttrici su cui si è sviluppato, la prima è morta nella tragedia, ed è quella che, sulla rottura rivoluzionaria, ha fondato la costruzione dello stato e di ciò che è stato chiamato il comunismo reale; la seconda è molto, molto malata, ed è quella che, in tutta la seconda metà del secolo, specie in Europa, ha continuato a porsi il tema della trasformazione della società capitalista diventando protagonista del compromesso democratico dei 30 anni gloriosi; la terza è ancora vitale (anche per la conferma, seppur anche spiazzante, che le viene dalle grandi mutazioni di cui il capitalismo è capace per riconfermarsi) ed è il nucleo forte della critica al capitalismo proprio dell'impianto marxiano. Proprio in ragione della sua vitalità
convince ancora la tesi propagata da grandi intellettuali marxisti già alla fine del secolo scorso di andare oltre Marx, tesi che pretende una duplice opposizione, sia nei confronti di chi ne propone l'abbandono, sia di chi ne propone una acritica nuova adozione. Si può pensare di mettere a frutto la vitalità della teoria, consapevoli anche della sua maturità, proprio cercando la relazione con due contraddizioni altrettanto decisive nella critica al nuovo capitalismo totalizzante, quella tra ambiente e sviluppo e quella di genere. Un forte spirito di ricerca nella teoria critica del capitalismo dovrebbe alimentare una tendenza culturale e politica
necessaria, insieme ad altre, alla rinascita politica della sinistra.
10. Il movimento operaio del Novecento vive dal '17 agli anni '80 su ciò che è stato definita l'alleanza, o la fusione, tra la classe operaia e una teoria, quella marxista-leninista. Per averne conferma basti pensare soltanto al fatto che il partito comunista dalla storia nazionale forse più autonoma di ogni altro, il Pci, modifica, nel suo statuto, il riferimento al marxismo-leninismo solo nel 1979. Il peso dell'alleanza in questo movimento operaio, quello del '900, quand'anche in esso siano cresciute esperienze diverse, è forte e innegabile. Ma questa non è la sola storia del movimento operaio possibile. Né è stata la sola. Ce ne sono state di diverse già nel corso della storia, si pensi al ciclo che precedette la Comune di Parigi, e dunque altre ce ne potranno essere, sempreché lo sfruttamento esistente sia
considerabile politicamente significativo. Ad un nuovo movimento operaio la sinistra dovrebbe lavorare, nel tempo di una nuova rivoluzione capitalistica, anche modificando i contraenti l'alleanza e la sua stessa base teorica. A richiedere un soggetto capace di proporsi, su scala mondiale e in un processo storico, il superamento del capitalismo è la natura di questo capitalismo totalizzante, sono le forme concrete di sfruttamento e di alienazione che esso genera e la sua attuale proprietà di fare innovazione e contemporaneamente di produrre crisi di civiltà e di umanità. A questa ricerca non può essere estraneo il processo di costruzione della sinistra in Europa e in Italia che, tuttavia, deve disporre di un'autonoma fondazione
politica, quella della definizione di un programma fondamentale in cui possano riconoscersi una molteplicità di soggetti e una pluralità di culture politiche, capace di costituire, come insieme, il fatto nuovo nella politica.
11. In politica è certo importante come chiamarsi. I simboli, i segni di una comunità scelta parlano di un'identità, di un'appartenenza. In questo nostro tempo l'identità, se vuole contrastare, anche in sé, il codice dell'esclusione che è quello oggi prevalente nella società (basti pensare, per la sua presenza nefasta e corruttiva, al riemergere del razzismo), deve essere aperta e formarsi in progresso, fermo solo il punto di avvio. I grandi nomi definitori dei partiti sono indistinguibili dalla loro storia. Parlano il linguaggio della politica solo quando sono riconoscibili ai grandi numeri, alle persone comuni e sanno trasmettere il senso dell'appartenenza ad un'impresa comune, ad un campo significativo di forze. Non è la stessa cosa dichiarare di militare personalmente per una causa o fare di essa il programma di un partito. Comunista è una parola molto impegnativa, da maneggiare con cura e misura. Essa è insieme troppo e troppo poco per definire, oggi e qui, un nuovo soggetto politico. Troppo, perché se il programma del comunismo è, come è, la liberazione del e dal lavoro salariato esso non può trovare posto (seppure possa illuminarne la ricerca) nella dimensione storica concreta a cui deve rispondere il programma fondamentale della sinistra, che non può che essere, realisticamente, ma anche ambiziosamente, quella della ricerca sul socialismo del XXI secolo. Troppo poco, perché quand'anche dichiarata l'ipotesi finalistica comunista, non potrebbe dirci granché delle ragioni, concrete, sempre quelle del qui e ora, per cui deve costituirsi la sinistra oggi, dopo la distruzione. Altro è stato, e sarebbe, il caso dell'intervento sul nome di formazioni già esistenti dove il rispetto della storia, delle storie che l'hanno animato e la loro costituzione materiale, danno conto direttamente e storicamente di un percorso e delle sue aperture, basti pensare a quello del Pci. Altro è dar vita ad un nuovo progetto politico. La sinistra è stata l'origine della politica di libertà e di giustizia nella storia moderna, cosa che consente la rammemorazione sempre necessaria per prendere il nuovo slancio. Ma è contemporaneamente anche la riaffermazione, nel presente, di un clivage, senza il quale non c'è più la politica, non c'è più scelta, il clivage tra destra e sinistra. La sinistra parla di una famiglia politica potenzialmente così ampia da poter comprendere tutti coloro che vogliono costituire una forza politica capace di tornare a declinare, in Europa, nel secolo XXI, di
fronte al capitalismo totalizzante del nostro tempo, i temi di libertà e eguaglianza e che sanno che, dopo la sconfitta, si tratta di cominciare da capo. Non sarà casuale che dopo la caduta delle dittature militari in America Latina, nel rinascimento della sinistra latinoamericana, nessuna grande formazione politica che lì ha condotto alla vittoria, nei diversi paesi, la sinistra e i popoli del continente si chiami comunista, nessuna dal Ptt di Lula al Mas di Evo Morales, pur avendo tutte al loro interno socialisti e comunisti.
12. Nessuna forza politica in Italia ha in sé oggi la forza e la cultura politiche sufficienti per questo necessario big - bang da cui possa rinascere la sinistra. Il Pd non è sinistra, e non per la composizione della sua base sociale, ma per la natura intrinseca del partito e del suo progetto politico. I partiti che hanno dato vita all'arcobaleno di sinistra lo sono, ma, separati, non hanno la massa critica necessaria per l'impresa, e, dopo la sconfitta, sono imprigionati anche rispetto alla capacità di innovazione da pesanti derive neo-identitarie. Il tema del tutto inedito, nel nuovo ciclo politico e che prende forza dall'esigenza di uscire da questo quadro impotente, è quello della ristrutturazione delle forze oggi di opposizione per dar vita ad una nuova grande sinistra di alternativa, unitaria, plurale, fondata imprescindibilmente sulla democrazia della partecipazione. La
situazione, prima caratterizzata dall'esistenza di due sinistre in competizione, conflitto e possibile alleanza tra loro, è stata sostituita da una nuova situazione senza più sinistra. Sulla base dell'analisi di fatto la priorità delle priorità diventa perciò la rinascita della sinistra. Ma bisogna riconoscere che, ancora sulla base dell'analisi delle soggettività politiche in campo, quest'ipotesi, matura come grande esigenza per le forze di cambiamento e per la democrazia, è immatura soggettivamente. Ciò non toglie che debba essere indicata come meta da perseguire, non già con qualche scorciatoia politicista, per altro impossibile, ma attraverso la
messa in campo di una ambiziosa e complessa operazione sociale, culturale e politica, di cui il primo passo possa essere la rottura degli steccati per cimentarsi con realtà dure e difficili come le questioni del lavoro, della scuola e della risposta da dare alla crisi, alla recessione e all'attacco all'occupazione.
13. Per affrontare questa sfida non solo vanno evitate le scorciatoie politiciste, ma ci si deve altresì precludere la via alla ricerca di un assetto delle forze di opposizione che non solo non costituirebbe uno stadio intermedio rispetto alla ristrutturazione e alla rinascita della sinistra, ma ne contraddirebbe l'ispirazione di fondo. E' l'ipotesi secondo la quale, alla crisi del centro-sinistra degli ultimi 10 anni, si dovrebbe sostituire il rapporto tra l'attuale Pd e una forza alla sua sinistra che assuma il compito di condizionarne le politiche e per riaprire, su questa base, la prospettiva di governo. Questo esito, che rappresenterebbe nient'altro che uno sviluppo moderato dell'attuale situazione di vuoto, è da contrastare nettamente. Esso ha una sola verità interna ed è che, nella attuale
immaturità della ristrutturazione, deve essere perseguito l'obiettivo della costruzione da subito, si potrebbe dire da ieri, di una forza di sinistra. Ma questa nuova forza di sinistra per esistere deve disporre di un progetto autonomo, capace di delineare, per un intero ciclo, il suo compito nella società italiana ed europea. L'ispirazione della sua azione deve essere proiettata nel futuro (la rinascita della grande sinistra di cui costituisce la prima tappa) e non risucchiata nel passato del centro-sinistra. Il centro-sinistra è finito, ed è finito insieme alla sua tormentata, speranzosa ma, al fondo, fallimentare stagione. La cultura prevalente che
l'ha promossa - governare la globalizzazione attraverso un corpo di regole e una classe dirigente moderna - non solo è all'origine del fallimento dei due governi Prodi, ma è stata sepolta dall'esplodere della crisi del capitalismo finanziario globalizzato. Certo il tema del governo va ripensato invece che abbandonato, ma per farlo bisogna ripartire dalla sinistra, dalla sua forza nella società, dalla sua capacità di produrre egemonia, senso comune, da un progetto riformatore della società, dell'economia e della democrazia capace di essere condiviso da grandi masse.
14. La costruzione di una forza politica unitaria e plurale della sinistra, così com'è oggi possibile, mettendo insieme e portando a unità, in un'impresa da costruire insieme, le forze e le persone che sentono fortemente questa esigenza, è un passaggio difficile quanto necessario. Necessario, prima che il quadro politico del paese si chiuda nel soffocante bipartitismo che avanza. Questo processo costituente di una forza di sinistra sarebbe la prima tappa di un cammino ancor più ambizioso, ma intanto indispensabile per non morire tra moderatismo, da un lato, chiusura identitaria, da un altro, ed esodo dalla politica, da un altro ancora. La
realtà sociale del paese è ancora viva, anche se, in parte assai considerevole, drammaticamente depoliticizzata. Nei corpi intermedi della società italiana, sindacati, associazioni, centri sociali, volontariato, vive un patrimonio di esperienze e saperi che parla le lingue della sinistra, quand'anche questa sia, come oggi, muta. Nei movimenti puoi assistere a fenomeni imprevisti, del tutto imprevisti, anche fino a pochissimo tempo dal loro manifestarsi, come quello della scuola. Nell'intellettualità del paese, negli operatori di cultura, arte e
spettacolo, in alcuni giornali di sinistra c'è il deposito di resistenze, spesso condannate alla solitudine, eppure non trascurabile. Se si riuscisse a profonderle tutte e ognuna in un'impresa comune, da questa nascerebbe la sinistra di oggi e di domani. Allora questo va fatto, rompendo gli indugi. C'è una sola condizione che tutte e tutti coloro che sentono il bisogno di sinistra hanno il diritto di porre per poter prendere parte paritariamente al processo costituente ed è la certezza della democrazia. La sinistra, per esistere, deve ora essere irriducibilmente democratica. Occorre qui una discontinuità secca col suo passato lontano e anche recente. Non c'è più la legittimazione che nei precedenti gruppi dirigenti, quelli usciti dalla Resistenza, consisteva nella loro storia; ogni cooptazione diventa
arbitraria e divide; ogni intesa oligarchica diventa un ulteriore fattore di ulteriore distacco della politica dalla società e dai soggetti in essa attivi. L'impegno deve quindi, su questo terreno, essere irrevocabile: ogni funzione dirigente, ogni funzione di rappresentanza, fin dall'inizio del processo, deve essere attribuita con la partecipazione di tutti i rappresentati con voto segreto, su scheda bianca, tutte e tutti elettori ed eleggibili e tutti revocabili: inesorabilmente e rigorosamente una testa un voto.
15. La sinistra deve avere l'ambizione di essere anche una comunità scelta, un insieme di luoghi e di relazioni che fanno accoglienza e cura della persona. In essa devi poterci stare bene. Devi poter avere voglia di partecipare. La pratica della nonviolenza deve improntare le sue relazioni sia esterne che interne. La creazione di forme di autogoverno e di partecipazione deve costituire, in essa, il suo modo di essere e deve investire i vari aspetti del vivere, del produrre, del consumare, del
convivere e del fare politica. C'è, a questo fine, da conquistare una sorta di precondizione, la rottura dell'individualismo competitivo che ha investito tutte le nostre relazioni individuali e collettive per sostituirlo, se non con un comportamento altruistico, almeno con uno improntato all'"egoismo maturo", cioè alla consapevolezza che o ce la si fa insieme o non ce la si fa. Si potrebbe cominciare, nei rapporti interpersonali, nei luoghi di confronto politico e di formazione delle
decisioni, col sostituire il troppo abusato "non sono d'accordo" con il "sono d'accordo, ma...". Alla riforma della soggettività da investire nell'impresa bisogna, affinché si possa produrre e sia efficace, una altrettanto riforma strutturale del modo di essere della sinistra. Il centralismo romanocentrico, figlio non più dell'esigenza nazionale di una formazione compatta di combattimento, bensì della "governamentalità" e della centralità delle istituzioni nella politica, va spezzato in radice, dalle fondamenta. La sinistra deve saper avvolgere la dimensione nazionale in due altre dimensioni strategiche, in alto, quella europea (dove continua ad essere preziosa l'esperienza del partito della sinistra europea) e in basso, ma fondativo, il territorio. Il territorio, non già nella sua cattiva lettura basista o peggio nella sua pessima lettura populista, ma la contrario come terreno culturale, civile, di storia e di esperienza(l'Italia delle cento città) che può indurre la politica a ricominciare dalla messa in discussione dei concreti e differenziati manifestarsi di un modello di sviluppo la cui contestazione è la ragione prima della rinascita della sinistra. Perciò va fatta, nell'organizzazione della politica della sinistra, la scelta di un modello federativo partecipato, fondato sulla parificazione dei ruoli dirigenti tra autonome strutture regionali (la
sinistra sarda, campana, lombarda, toscana, pugliese, etc.) e la direzione nazionale che deve essere da esse compartecipata. La rinascita della sinistra dai territori, in un disegno nazionalmente condiviso, è la via maestra per dare vita al suo primo compito ai fini di sconfiggere l'egemonia nella società conquistata dalla nuova destra. La realizzazione della riforma della società civile mediante la produzione di culture, di pratiche sociali, di luoghi e forme di convivenza, di organizzazioni civili, sociali ed economiche che contengono una critica vissuta al primato dell'impresa e del mercato, è parte decisiva di questo compito storico. E' anche da qui, dalla rottura culturale e fattuale con ogni centralismo, che rinasce la sinistra.
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LSU: L’impegno dell’Assessore Gabriele alla stabilizzazione.
Martedì 11, presso il salone ex Eca di Calitri, si è svolta l’iniziativa organizzata dal Prc-Se in cui si sono discusse le politiche a favore dei Lavoratori socialmente utili in provincia di Avellino.
Sono intervenuti, tra gli altri, al dibattito: Gennaro Imbriano , Segretario provinciale di Rifondazione, Giuseppe Di Milia , Presidente Comunità Montana Alta Irpinia, Michele Di Cosmo , Assessore al Comune di Calitri, Mimmo Giugliano , Segretario provinciale NIDIL-Cgil, Gerardo Petracca, Segreteria provinciale UIL, Carla Malanga, Segreteria provinciale CISL, Adele Giro, Segreteria provinciale FP-Cgil. Le conclusioni sono state affidate all’on. Corrado Gabriele , Assessore regionale al Lavoro-Formazione-Istruzione.
L’Assemblea ha fatto un bilancio positivo delle stabilizzazioni fin qui operate col contributo della Regione, con particolare riferimento all’assunzione, lo scorso anno, di oltre 130 lavoratori da parte dei piccoli Comuni dell’Irpinia.
Ma si è anche discusso delle prossime iniziative a favore degli Lsu. E l’Assessore Gabriele ha anche avuto l’opportunità di chiarire molti aspetti relativi al bando in scadenza il 15 novembre, che consentirà di effettuare ulteriori 100 assunzioni da parte di comuni e comunità montane.
Ampio apprezzamento ha registrato pure la proposta di coinvolgere, in futuro, l’Ente Provincia nel processo di stabilizzazione attraverso la costituzione di una apposita società pubblica multiservizi che possa raccogliere molti di quei lavoratori che i Comuni non hanno la possibilità di assumere.
Anche rispetto a quest’ipotesi, l’Assessore Gabriele ha confermato la disponibilità e l’interessamento della Regione, analogamente a quanto è stato già fatto per la Global service che sarà attivata dal Comune capoluogo.
Sono intervenuti, tra gli altri, al dibattito: Gennaro Imbriano , Segretario provinciale di Rifondazione, Giuseppe Di Milia , Presidente Comunità Montana Alta Irpinia, Michele Di Cosmo , Assessore al Comune di Calitri, Mimmo Giugliano , Segretario provinciale NIDIL-Cgil, Gerardo Petracca, Segreteria provinciale UIL, Carla Malanga, Segreteria provinciale CISL, Adele Giro, Segreteria provinciale FP-Cgil. Le conclusioni sono state affidate all’on. Corrado Gabriele , Assessore regionale al Lavoro-Formazione-Istruzione.
L’Assemblea ha fatto un bilancio positivo delle stabilizzazioni fin qui operate col contributo della Regione, con particolare riferimento all’assunzione, lo scorso anno, di oltre 130 lavoratori da parte dei piccoli Comuni dell’Irpinia.
Ma si è anche discusso delle prossime iniziative a favore degli Lsu. E l’Assessore Gabriele ha anche avuto l’opportunità di chiarire molti aspetti relativi al bando in scadenza il 15 novembre, che consentirà di effettuare ulteriori 100 assunzioni da parte di comuni e comunità montane.
Ampio apprezzamento ha registrato pure la proposta di coinvolgere, in futuro, l’Ente Provincia nel processo di stabilizzazione attraverso la costituzione di una apposita società pubblica multiservizi che possa raccogliere molti di quei lavoratori che i Comuni non hanno la possibilità di assumere.
Anche rispetto a quest’ipotesi, l’Assessore Gabriele ha confermato la disponibilità e l’interessamento della Regione, analogamente a quanto è stato già fatto per la Global service che sarà attivata dal Comune capoluogo.
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martedì 11 novembre 2008
Piano Ganapini, forum rifiuti, assemblea con Guido Viale.
Il Forum Rifiuti della Provincia di Avellino si riunirà venerdì 14 ottobre
alle ore 16 presso la Camera di Commercio di Avellino, in Piazza Duomo.
Alla riunione parteciperà Guido Viale, strettissimo collaboratore
dell'Assessore Regionale all'Ambiente ed esperto in politiche dei rifiuti.
Il Forum si propone lo scopo di aprire una discussione nei territori sul
Piano Ganapini, attivando la partecipazione delle Istituzioni locali, dei
comitati e dei movimenti popolari, delle forze politiche e sociali.
"Fin dalla sua apertura -spiega Guido Viale- il Forum Rifiuti Campania si è
proposto di raccogliere le competenze diffuse tra i cittadini e le
amministrazioni locali, maturate in oltre un decennio di emergenza, per la
messa a punto di proposte in grado di fornire una soluzione ambientalmente
valida e tecnicamente ed economicamente praticabile. Continuiamo a farlo,
investendo sul coinvolgimento e il confronto, anche e soprattutto dopo
l'approvazione del Piano Ganapini in Giunta regionale".
alle ore 16 presso la Camera di Commercio di Avellino, in Piazza Duomo.
Alla riunione parteciperà Guido Viale, strettissimo collaboratore
dell'Assessore Regionale all'Ambiente ed esperto in politiche dei rifiuti.
Il Forum si propone lo scopo di aprire una discussione nei territori sul
Piano Ganapini, attivando la partecipazione delle Istituzioni locali, dei
comitati e dei movimenti popolari, delle forze politiche e sociali.
"Fin dalla sua apertura -spiega Guido Viale- il Forum Rifiuti Campania si è
proposto di raccogliere le competenze diffuse tra i cittadini e le
amministrazioni locali, maturate in oltre un decennio di emergenza, per la
messa a punto di proposte in grado di fornire una soluzione ambientalmente
valida e tecnicamente ed economicamente praticabile. Continuiamo a farlo,
investendo sul coinvolgimento e il confronto, anche e soprattutto dopo
l'approvazione del Piano Ganapini in Giunta regionale".
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COSTRUIRE LA SINISTRA: IL TEMPO E' ADESSO.
Nasce l'associazione Per la Sinistra
Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che la speranza di un'altra Italia è possibile. Che è possibile
reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi. Che è possibile rispondere all'insulto criminale che insanguina il Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere. Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione. Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la laicità sia un principio inviolabile. Che è possibile lavorare per un mondo di pace. Che è possibile, di fronte all'offensiva razzista nei confronti dei migranti, rispondere - come fece Einstein - che l'unica razza che conosciamo è quella umana. Che è possibile
attraverso una riconversione ecologica dell'economia contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali. Che è possibile, dunque, reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di bloccare le scelte dell'Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti interessi.
Cambiare questo paese è possibile. A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d'intensità, di farla incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre la speranza di oggi in realtà. E'questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.
Viviamo in un paese e in un tempo che hanno bisogno di un ritrovato impegno e di una nuova sinistra, ecologista, solidale e pacifista. La cronaca quotidiana dei fatti è ormai una narrazione impietosa dell'Italia e della crisi delle politiche neoliberiste su scala mondiale. Quando la condizione sociale e materiale di tanta parte della popolazione precipita verso il rischio di togliere ogni significato alla parola futuro; quando cittadinanza, convivenza, riconoscimento dell'altro diventano valori sempre più marginali; quando le donne e gli uomini di questo paese vedono crescere la propria solitudine di fronte alle istituzioni, nei luoghi di lavoro -
spesso precario, talvolta assente - come in quelli del sapere; quando tutto questo accade nessuna coscienza civile può star ferma ad aspettare. Siamo di fronte ad una crisi che segna un vero spartiacque. Crollano i dogmi del pensiero unico che hanno alimentato le forme del capitalismo di questi ultimi 20 anni. Questa crisi rende più che mai attuale il bisogno di sinistra, se essa sarà in grado di farsi portatrice di una vera alternativa di società a livello globale.
E' alla politica che tocca il compito, qui ed ora, di produrre un'idea, un progetto di società, un nuovo senso da attribuire alle nostre parole. Ed è la politica che ha il compito di dire che un'alternativa allo stato presente delle cose è necessaria ed è possibile. La destra orienta la sua pesante azione di governo - tutto è già ben chiaro in soli pochi mesi - sulla base di un'agenda che ha nell'esaltazione persino esasperata del mercato e nello smantellamento della nostra Costituzione repubblicana i capisaldi che la ispirano. Cosa saranno scuola e formazione, ambiente, sanità e welfare, livelli di reddito e qualità del lavoro, diritti di cittadinanza e autodeterminazione di donne e uomini nell'Italia di domani, quel domani che è già dietro l'angolo, quando gli effetti di questa destra ora al governo risulteranno dirompenti e colpiranno dritto al cuore le condizioni di vita, già ora così difficili, di tante donne e uomini?
E' da qui che nasce l'urgenza e lo spazio - vero, reale, possibile, crescente - di una nuova sinistra che susciti speranza e chiami all'impegno politico, che lavori ad un progetto per il paese e sappia mobilitare anche chi è deluso, distratto, distante. Una sinistra che rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla politica, l'affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci da agitare verso il presente. Una sinistra che assuma la sconfitta di aprile come un momento di verità, non solo di debolezza. E che dalle ragioni profonde di quella sconfitta vuole ripartire, senza ripercorrerne gli errori, le presunzioni, i limiti. Una sinistra che guardi all'Europa come luogo fondamentale del proprio agire e
di costruzione di un'alternativa a questa globalizzazione. Una sinistra del lavoro capace di mostrare come la sua sistematica svalorizzazione sia parte decisiva della crisi economica e sociale che viviamo.
Per far ciò pensiamo a una sinistra che riesca finalmente a mescolare i segni e i semi di più culture politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso sguardo sulle cose di questo tempo e di questo mondo. Una politica della pace, non solo come ripudio della guerra, anche come quotidiana costruzione della cultura della non violenza e della cooperazione come alternativa alla competizione. Una sinistra dei diritti civili, delle libertà, dell'uguaglianza e delle differenze. Una sinistra che non sia più ceto politico ma luogo di partecipazione, di ricerca, di responsabilità
condivise. Che sappia raccogliere la militanza civile, intellettuale e politica superando i naturali recinti dei soggetti politici tradizionali. E che si faccia carico di un'opposizione rigorosa, con l'impegno di costruire un nuovo, positivo campo di forze e di idee per il paese. La difesa del contratto nazionale di lavoro, che imprese e governo vogliono abolire per rendere più diseguali e soli i lavoratori e le lavoratrici è per noi l'immediata priorità, insieme all'affermazione del valore pubblico e universale della scuola e dell'università e alla difesa del clima che richiede una vera e propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare.
Lavorare da subito ad una fase costituente della sinistra italiana significa anche spezzare una condizione di marginalità - politica e persino democratica - e scongiurare la deriva bipartitista, avviando una riforma delle pratiche politiche novecentesche.
L'obiettivo è quello di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità: non la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico, partecipativo, inclusivo. Per operare da subito promuoviamo l'associazione politica "Per la Sinistra", uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce, ruolo e progetto alla sinistra italiana, avviando adesioni larghe e plurali.
Fin da ora si formino nei territori comitati promotori provvisori, aperti a tutti coloro che sono interessati al processo costituente , con il compito di partecipare alla realizzazione, sabato 13 dicembre, di una assemblea nazionale. Punto di partenza di un processo da sottoporre a gennaio a una consultazione di massa attorno a una carta d'intenti, un nome, un simbolo, regole condivise. Proponiamo di arrivare all'assemblea del 13 dicembre attraverso un calendario di iniziative che ci veda impegnati, già da novembre, a costruire un appuntamento nazionale sulla scuola e campagne sui temi del lavoro e dei diritti negati, dell'ambiente e contro il nucleare
civile e militare e per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Sappiamo bene che non sarà un percorso semplice né breve, che richiederà tempo, quel tempo che è il luogo vero dove si sviluppa la ricerca di altri linguaggi, la produzione di nuova cultura politica, la formazione di nuove classi dirigenti. Una sinistra che sia forza autonoma - sul piano culturale, politico, organizzativo - non può prescindere da ciò. Ma il tempo di domani è già qui ed è oggi che dobbiamo cominciare a misurarlo. Ecco perché diciamo che questo nostro incontro segna, per noi che vi abbiamo preso parte, la comune volontà di un'assunzione individuale e collettiva di responsabilità. La responsabilità di partecipare a un percorso che finalmente prende avvio e di voler contribuire ad estenderlo nelle diverse realtà del territorio, di sottoporlo ad una verifica larga, di svilupparlo lavorando sui temi più sensibili che riguardano tanta parte della popolazione e ai quali legare un
progetto politico della sinistra italiana, a cominciare dalla pace, dall'equità sociale e dal lavoro, dai diritti e dall'ambiente alla laicità.
Noi ci impegniamo oggi in questo cammino. A costruirlo nel tempo che sarà
richiesto. A cominciare ora.
Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che la speranza di un'altra Italia è possibile. Che è possibile
reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi. Che è possibile rispondere all'insulto criminale che insanguina il Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere. Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione. Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la laicità sia un principio inviolabile. Che è possibile lavorare per un mondo di pace. Che è possibile, di fronte all'offensiva razzista nei confronti dei migranti, rispondere - come fece Einstein - che l'unica razza che conosciamo è quella umana. Che è possibile
attraverso una riconversione ecologica dell'economia contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali. Che è possibile, dunque, reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di bloccare le scelte dell'Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti interessi.
Cambiare questo paese è possibile. A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d'intensità, di farla incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre la speranza di oggi in realtà. E'questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.
Viviamo in un paese e in un tempo che hanno bisogno di un ritrovato impegno e di una nuova sinistra, ecologista, solidale e pacifista. La cronaca quotidiana dei fatti è ormai una narrazione impietosa dell'Italia e della crisi delle politiche neoliberiste su scala mondiale. Quando la condizione sociale e materiale di tanta parte della popolazione precipita verso il rischio di togliere ogni significato alla parola futuro; quando cittadinanza, convivenza, riconoscimento dell'altro diventano valori sempre più marginali; quando le donne e gli uomini di questo paese vedono crescere la propria solitudine di fronte alle istituzioni, nei luoghi di lavoro -
spesso precario, talvolta assente - come in quelli del sapere; quando tutto questo accade nessuna coscienza civile può star ferma ad aspettare. Siamo di fronte ad una crisi che segna un vero spartiacque. Crollano i dogmi del pensiero unico che hanno alimentato le forme del capitalismo di questi ultimi 20 anni. Questa crisi rende più che mai attuale il bisogno di sinistra, se essa sarà in grado di farsi portatrice di una vera alternativa di società a livello globale.
E' alla politica che tocca il compito, qui ed ora, di produrre un'idea, un progetto di società, un nuovo senso da attribuire alle nostre parole. Ed è la politica che ha il compito di dire che un'alternativa allo stato presente delle cose è necessaria ed è possibile. La destra orienta la sua pesante azione di governo - tutto è già ben chiaro in soli pochi mesi - sulla base di un'agenda che ha nell'esaltazione persino esasperata del mercato e nello smantellamento della nostra Costituzione repubblicana i capisaldi che la ispirano. Cosa saranno scuola e formazione, ambiente, sanità e welfare, livelli di reddito e qualità del lavoro, diritti di cittadinanza e autodeterminazione di donne e uomini nell'Italia di domani, quel domani che è già dietro l'angolo, quando gli effetti di questa destra ora al governo risulteranno dirompenti e colpiranno dritto al cuore le condizioni di vita, già ora così difficili, di tante donne e uomini?
E' da qui che nasce l'urgenza e lo spazio - vero, reale, possibile, crescente - di una nuova sinistra che susciti speranza e chiami all'impegno politico, che lavori ad un progetto per il paese e sappia mobilitare anche chi è deluso, distratto, distante. Una sinistra che rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla politica, l'affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci da agitare verso il presente. Una sinistra che assuma la sconfitta di aprile come un momento di verità, non solo di debolezza. E che dalle ragioni profonde di quella sconfitta vuole ripartire, senza ripercorrerne gli errori, le presunzioni, i limiti. Una sinistra che guardi all'Europa come luogo fondamentale del proprio agire e
di costruzione di un'alternativa a questa globalizzazione. Una sinistra del lavoro capace di mostrare come la sua sistematica svalorizzazione sia parte decisiva della crisi economica e sociale che viviamo.
Per far ciò pensiamo a una sinistra che riesca finalmente a mescolare i segni e i semi di più culture politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso sguardo sulle cose di questo tempo e di questo mondo. Una politica della pace, non solo come ripudio della guerra, anche come quotidiana costruzione della cultura della non violenza e della cooperazione come alternativa alla competizione. Una sinistra dei diritti civili, delle libertà, dell'uguaglianza e delle differenze. Una sinistra che non sia più ceto politico ma luogo di partecipazione, di ricerca, di responsabilità
condivise. Che sappia raccogliere la militanza civile, intellettuale e politica superando i naturali recinti dei soggetti politici tradizionali. E che si faccia carico di un'opposizione rigorosa, con l'impegno di costruire un nuovo, positivo campo di forze e di idee per il paese. La difesa del contratto nazionale di lavoro, che imprese e governo vogliono abolire per rendere più diseguali e soli i lavoratori e le lavoratrici è per noi l'immediata priorità, insieme all'affermazione del valore pubblico e universale della scuola e dell'università e alla difesa del clima che richiede una vera e propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare.
Lavorare da subito ad una fase costituente della sinistra italiana significa anche spezzare una condizione di marginalità - politica e persino democratica - e scongiurare la deriva bipartitista, avviando una riforma delle pratiche politiche novecentesche.
L'obiettivo è quello di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità: non la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico, partecipativo, inclusivo. Per operare da subito promuoviamo l'associazione politica "Per la Sinistra", uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce, ruolo e progetto alla sinistra italiana, avviando adesioni larghe e plurali.
Fin da ora si formino nei territori comitati promotori provvisori, aperti a tutti coloro che sono interessati al processo costituente , con il compito di partecipare alla realizzazione, sabato 13 dicembre, di una assemblea nazionale. Punto di partenza di un processo da sottoporre a gennaio a una consultazione di massa attorno a una carta d'intenti, un nome, un simbolo, regole condivise. Proponiamo di arrivare all'assemblea del 13 dicembre attraverso un calendario di iniziative che ci veda impegnati, già da novembre, a costruire un appuntamento nazionale sulla scuola e campagne sui temi del lavoro e dei diritti negati, dell'ambiente e contro il nucleare
civile e militare e per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Sappiamo bene che non sarà un percorso semplice né breve, che richiederà tempo, quel tempo che è il luogo vero dove si sviluppa la ricerca di altri linguaggi, la produzione di nuova cultura politica, la formazione di nuove classi dirigenti. Una sinistra che sia forza autonoma - sul piano culturale, politico, organizzativo - non può prescindere da ciò. Ma il tempo di domani è già qui ed è oggi che dobbiamo cominciare a misurarlo. Ecco perché diciamo che questo nostro incontro segna, per noi che vi abbiamo preso parte, la comune volontà di un'assunzione individuale e collettiva di responsabilità. La responsabilità di partecipare a un percorso che finalmente prende avvio e di voler contribuire ad estenderlo nelle diverse realtà del territorio, di sottoporlo ad una verifica larga, di svilupparlo lavorando sui temi più sensibili che riguardano tanta parte della popolazione e ai quali legare un
progetto politico della sinistra italiana, a cominciare dalla pace, dall'equità sociale e dal lavoro, dai diritti e dall'ambiente alla laicità.
Noi ci impegniamo oggi in questo cammino. A costruirlo nel tempo che sarà
richiesto. A cominciare ora.
lunedì 10 novembre 2008
Stabilizzazione dei Lavoratori Socialmente Utili. Convegno a Calitri.
Domani, martedì 11 ottobre, presso il salone ex Eca di Calitri, si discuterà della stabilizzazione dei Lavoratori socialmente utili in provincia di Avellino.
Nell'ambito dell’iniziativa organizzata dal Prc-Se, a partire dalle 17:30, si confronteranno: Gennaro Imbriano, Segretario provinciale di Rifondazione, Giuseppe Di Milia, Presidente Comunità Montana Alta Irpinia, Michele Di Cosmo, Assessore al Comune di Calitri, Mimmo Giugliano, Segretario provinciale NIDIL-Cgil, Gerardo Petracca, Segreteria provinciale UIL,
Mario Melchionna, Segretario provinciale CISL, Marco D'Acunto, Segreteria provinciale FP-Cgil. Sono inoltre attesi per l’Assemblea Amministratori e LSU da tutta l'Irpinia.
Le conclusioni saranno affidate all’on. Corrado Gabriele, Assessore regionale al Lavoro-Formazione-Istruzione.
“Finora, grazie all’impegno dell’Assessore Gabriele, sono centinaia –dichiara Gennaro Imbriano- i Lavoratori socialmente utili stabilizzati da molti Comuni in provincia di Avellino. Recentemente, anche a seguito delle lotte dei sindacati e dei lavoratori, questo è accaduto pure nella Città Capoluogo.
Adesso –conclude il Segretario di Rifondazione- siamo ad un punto importante. Non solo occorre fare un primo bilancio sulle stabilizzazioni effettuate, certamente positivo, ma dobbiamo anche sforzarci di dare una prospettiva a quei lavoratori che vivono ancora oggi una condizione di insopportabile precarietà”.
Nell'ambito dell’iniziativa organizzata dal Prc-Se, a partire dalle 17:30, si confronteranno: Gennaro Imbriano, Segretario provinciale di Rifondazione, Giuseppe Di Milia, Presidente Comunità Montana Alta Irpinia, Michele Di Cosmo, Assessore al Comune di Calitri, Mimmo Giugliano, Segretario provinciale NIDIL-Cgil, Gerardo Petracca, Segreteria provinciale UIL,
Mario Melchionna, Segretario provinciale CISL, Marco D'Acunto, Segreteria provinciale FP-Cgil. Sono inoltre attesi per l’Assemblea Amministratori e LSU da tutta l'Irpinia.
Le conclusioni saranno affidate all’on. Corrado Gabriele, Assessore regionale al Lavoro-Formazione-Istruzione.
“Finora, grazie all’impegno dell’Assessore Gabriele, sono centinaia –dichiara Gennaro Imbriano- i Lavoratori socialmente utili stabilizzati da molti Comuni in provincia di Avellino. Recentemente, anche a seguito delle lotte dei sindacati e dei lavoratori, questo è accaduto pure nella Città Capoluogo.
Adesso –conclude il Segretario di Rifondazione- siamo ad un punto importante. Non solo occorre fare un primo bilancio sulle stabilizzazioni effettuate, certamente positivo, ma dobbiamo anche sforzarci di dare una prospettiva a quei lavoratori che vivono ancora oggi una condizione di insopportabile precarietà”.
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domenica 9 novembre 2008
Caro Vitaliano, "veniamo noi, con questa mia, a dirvi"...
Qui di seguito pubblichiamo la lettera di risposta del Segretario provinciale del Prc/Se Gennaro M. Imbriano all'intervista, al Corriere, di Don Vitaliano Della Sala e le riflessioni del Segretario del circolo di Atripalda Luca Criscuoli.
Le parole del parroco feriscono, gratuitamente, una comunità che con fatica prova ad adoperarsi nella ri-costruzione del campo largo della Sinistra senza cedere al richiamo, pur presente in parte del Prc, di quella pericolosa testimonianza a vocazione minoritaria che rischia di chiudere, forse definitivamente, a Sinistra, spazi, tempi, luoghi ed agibilità politica.
Caro Vitaliano, l'obbedienza, in certi casi, toglie forza, voce e libertà alla ricerca ed alla riflessione. Tu, qualcosa, di tutto ciò dovresti pur saperne.
Niente scherzi, da prete, quindi.
"SalutandoVi indistintamente".
Hirpinia Link(e)
Caro Don Vitaliano,
leggo con estremo stupore la tua intervista, e ferisce la superficialità delle tue argomentazioni. Anche perché di “poltrone” –lo sanno tutti- non ci siamo mai interessati e di certo, in Irpinia, non ne abbiamo mai avute.
Rifondazione è e resta il partito che era a Genova, che ha partecipato al movimento pacifista, che si batte contro la precarietà, che oggi sostiene l’onda studentesca, che propone misure contro la crisi economica e a vantaggio dei più deboli. È il partito che, in questa provincia, ha condotto e vinto la vertenza per l’acqua pubblica, che è stato al fianco delle popolazioni di Savignano e del Formicoso, che dice no alla chiusura delle scuole, ha affiancato il sindacato e i lavoratori in decine di vertenze, che ha praticato (quasi in solitudine nel panorama irpino) una ri-generazione della politica e dei suoi gruppi dirigenti.
Oggi, davanti allo tzunami che ha investito l’Arcobaleno, il tema è un po’ più complesso di quello che poni. La sfida, invece, è provare a costruire, attraverso un processo partecipato e dal basso, uno spazio politico della sinistra che superi la frantumazione, che sconfigga la marginalità e vada al di là del radicalismo parolaio. La sinistra ha senso se è utile ai povericristi, se riesce ad incidere ed a cambiare davvero la realtà in cui viviamo.
In democrazia si può non essere d’accordo, ma non si possono fare caricature che non trovano riscontro nella realtà.
Con l’affetto di sempre,
Gennaro M. Imbriano
Le parole del parroco feriscono, gratuitamente, una comunità che con fatica prova ad adoperarsi nella ri-costruzione del campo largo della Sinistra senza cedere al richiamo, pur presente in parte del Prc, di quella pericolosa testimonianza a vocazione minoritaria che rischia di chiudere, forse definitivamente, a Sinistra, spazi, tempi, luoghi ed agibilità politica.
Caro Vitaliano, l'obbedienza, in certi casi, toglie forza, voce e libertà alla ricerca ed alla riflessione. Tu, qualcosa, di tutto ciò dovresti pur saperne.
Niente scherzi, da prete, quindi.
"SalutandoVi indistintamente".
Hirpinia Link(e)
Caro Don Vitaliano,
leggo con estremo stupore la tua intervista, e ferisce la superficialità delle tue argomentazioni. Anche perché di “poltrone” –lo sanno tutti- non ci siamo mai interessati e di certo, in Irpinia, non ne abbiamo mai avute.
Rifondazione è e resta il partito che era a Genova, che ha partecipato al movimento pacifista, che si batte contro la precarietà, che oggi sostiene l’onda studentesca, che propone misure contro la crisi economica e a vantaggio dei più deboli. È il partito che, in questa provincia, ha condotto e vinto la vertenza per l’acqua pubblica, che è stato al fianco delle popolazioni di Savignano e del Formicoso, che dice no alla chiusura delle scuole, ha affiancato il sindacato e i lavoratori in decine di vertenze, che ha praticato (quasi in solitudine nel panorama irpino) una ri-generazione della politica e dei suoi gruppi dirigenti.
Oggi, davanti allo tzunami che ha investito l’Arcobaleno, il tema è un po’ più complesso di quello che poni. La sfida, invece, è provare a costruire, attraverso un processo partecipato e dal basso, uno spazio politico della sinistra che superi la frantumazione, che sconfigga la marginalità e vada al di là del radicalismo parolaio. La sinistra ha senso se è utile ai povericristi, se riesce ad incidere ed a cambiare davvero la realtà in cui viviamo.
In democrazia si può non essere d’accordo, ma non si possono fare caricature che non trovano riscontro nella realtà.
Con l’affetto di sempre,
Gennaro M. Imbriano
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Aggiusta il tiro, Don.
"Ritengo le dichiarazioni di don Vitaliano pretestuose e fuori luogo. Del resto il nostro ci ha abituato alle sorprese, alle uscite sensazionali. Ci ha abituato negli anni al suo sfrenato protagonismo che talvolta è risultato utile in certe battaglie condivise proprio con Rifondazione e con i movimenti locali e nazionali.
Strana la sua avversione, strana la tempistica, strana la sua “improvvisa” attenzione alle vicende del PRC/SE, evidentemente c'era fuoco sotto la cenere ed allora quale miglior momento per esercitare il suo diritto di critica in una fase difficile per tutta la sinistra italiana.
Oggi posso affermare senza indugio che il Don vive il suo ruolo di coscienza critica della sinistra irpina con ambiguità e scorrettezza. I suoi non sono consigli , ma invettive contro una comunità che da anni si batte per la gente, per i lavoratori, per i precari, per i diritti (che bella la candelora rossa!!), per il territorio. Egli parla di corsa alle poltrone evidenziando così una scarsa attenzione e scarsa informazione altrimenti saprebbe che in questa provincia il mio partito non ricopre incarichi istituzionali. Questo è un fatto.
Ricordo con chiarezza il periodo della campagna elettorale dell'Unione, allora don Vitaliano non mostrò particolare astio nei nostri confronti di Rifondazione né per i suoi dirigenti.
Probabilmente perchè c'era un candidato a lui gradito in quella lista: il compagno Francesco Caruso.
Ma questa è storia passata, passiamo all'attualità: dice che rinuncerebbe , se gli venisse proposto, al posto di Assessore. Ma da cosa nasce questa convinzione, perchè mai il PRC/SE dovrebbe affidarsi a lui? Forse egli crede che il partito non abbia al suo interno compagne o compagni capaci e meritevoli di tale incarico oppure il suo è un modo (originale) di proporsi.
Sono convinto che Don Vitaliano saprà riflettere e correggere il tiro, sarà capace di usare parole più gentili per noi, sarà capace di spendere parole accorate sui problemi concreti che attanagliano la nostra provincia , riconoscendo al PRC una netta distinzione dai Partiti e da quei dirigenti che da anni governano ininterrottamente gli enti locali con risultati che sono sotto gli occhi di tutti (l'Isochimica è solo un esempio). E se fossi in lui mi preoccuperei anche dell'aria fascista che si diffonde dalle nostre parti e che certamente non si contrasta attaccando una forza comunista ed antifascita che ancora sopravvive seppur tra mille difficoltà, seppur tra contrasti interni e spaccature provocate da chi in modo anarchico ed autoreferenziale intraprende avventurose alleanze nel nome di un centro sinistra alternativo , il che denota tutto il provincialismo di una mentalità politica ridotta a semplice folclore e che abbatte di colpo il senso delle scelte condivise e delle regole in un partito che ha fatto dell'innovazione della politica e dell'apertura a tutto ciò che si muove a sinistra le sue più grandi risorse".
Luca Criscuoli Segretario PRC/SE Atripalda
Strana la sua avversione, strana la tempistica, strana la sua “improvvisa” attenzione alle vicende del PRC/SE, evidentemente c'era fuoco sotto la cenere ed allora quale miglior momento per esercitare il suo diritto di critica in una fase difficile per tutta la sinistra italiana.
Oggi posso affermare senza indugio che il Don vive il suo ruolo di coscienza critica della sinistra irpina con ambiguità e scorrettezza. I suoi non sono consigli , ma invettive contro una comunità che da anni si batte per la gente, per i lavoratori, per i precari, per i diritti (che bella la candelora rossa!!), per il territorio. Egli parla di corsa alle poltrone evidenziando così una scarsa attenzione e scarsa informazione altrimenti saprebbe che in questa provincia il mio partito non ricopre incarichi istituzionali. Questo è un fatto.
Ricordo con chiarezza il periodo della campagna elettorale dell'Unione, allora don Vitaliano non mostrò particolare astio nei nostri confronti di Rifondazione né per i suoi dirigenti.
Probabilmente perchè c'era un candidato a lui gradito in quella lista: il compagno Francesco Caruso.
Ma questa è storia passata, passiamo all'attualità: dice che rinuncerebbe , se gli venisse proposto, al posto di Assessore. Ma da cosa nasce questa convinzione, perchè mai il PRC/SE dovrebbe affidarsi a lui? Forse egli crede che il partito non abbia al suo interno compagne o compagni capaci e meritevoli di tale incarico oppure il suo è un modo (originale) di proporsi.
Sono convinto che Don Vitaliano saprà riflettere e correggere il tiro, sarà capace di usare parole più gentili per noi, sarà capace di spendere parole accorate sui problemi concreti che attanagliano la nostra provincia , riconoscendo al PRC una netta distinzione dai Partiti e da quei dirigenti che da anni governano ininterrottamente gli enti locali con risultati che sono sotto gli occhi di tutti (l'Isochimica è solo un esempio). E se fossi in lui mi preoccuperei anche dell'aria fascista che si diffonde dalle nostre parti e che certamente non si contrasta attaccando una forza comunista ed antifascita che ancora sopravvive seppur tra mille difficoltà, seppur tra contrasti interni e spaccature provocate da chi in modo anarchico ed autoreferenziale intraprende avventurose alleanze nel nome di un centro sinistra alternativo , il che denota tutto il provincialismo di una mentalità politica ridotta a semplice folclore e che abbatte di colpo il senso delle scelte condivise e delle regole in un partito che ha fatto dell'innovazione della politica e dell'apertura a tutto ciò che si muove a sinistra le sue più grandi risorse".
Luca Criscuoli Segretario PRC/SE Atripalda
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sabato 8 novembre 2008
Vinicio Capossela: Tra l'Irpinia d'oriente ed il west.
di Generoso Bruno
Appuntamento speciale per il “Solo” tour di Vinicio Capossela al Carlo Gesualdo di Avellino, uno spettacolo robusto, “come il vino Taurasi”, e, quindi, con qualcosa in più. Il freak-show di Capossela profuma d’America, d’incanto e di storie di frontiera. Ed è, “sognando un western calitrano con i sottotitoli in inglese”, che, già in conferenza stampa, Vinicio difende la sua frontiera, quella dell’altipiano, quella del Formicoso, “dove dall’altra parte della sera il fieno cresce sempre al sole”, dal buco nero della discarica di Bertolaso e Berlusconi. Perché, dice Capossela durante il concerto, “la zolla di terreno dove cresci, quella, te la puoi scegliere, quella da dove vieni, no”. E, nella gabbia dorata del suo freak-show, come “lupi rancorosi”, insieme al Minotauro ed alla Medusa, ci finisce pure la “Banda della Posta” che, con l’esecuzione di “Franceschina la calitrana”, regala al pubblico del Gesualdo un assaggio in salsa “country-western” di quella ricerca delle radici che, presto, Vinicio presenterà al suo pubblico in un prossimo lavoro. Ma, quando le luci della gabbia dorata si spengono, “perche è dal ’93, da almeno quindici anni, che, come tutti, mi sento un po’ in gabbia” e, sul palco, resta Vinicio, il suo pianoforte, e l’insegna tenue e sbilenca del suo “Solo Show” che il cantautore, con “Ovunque proteggi”, compie il suo esorcismo dolce “a protezione del vento, del buio e delle cose che – nella metafisica del paesaggio – ci fanno paura”, per una terra, in cui “la notte è bella da soli”, fatta di paesi vuoti da dove, come nella scena finale del film “La donnaccia”, per nuovi motivi, “con sassi nelle scarpe e polvere sul cuore” si continua ad andar via.
Appuntamento speciale per il “Solo” tour di Vinicio Capossela al Carlo Gesualdo di Avellino, uno spettacolo robusto, “come il vino Taurasi”, e, quindi, con qualcosa in più. Il freak-show di Capossela profuma d’America, d’incanto e di storie di frontiera. Ed è, “sognando un western calitrano con i sottotitoli in inglese”, che, già in conferenza stampa, Vinicio difende la sua frontiera, quella dell’altipiano, quella del Formicoso, “dove dall’altra parte della sera il fieno cresce sempre al sole”, dal buco nero della discarica di Bertolaso e Berlusconi. Perché, dice Capossela durante il concerto, “la zolla di terreno dove cresci, quella, te la puoi scegliere, quella da dove vieni, no”. E, nella gabbia dorata del suo freak-show, come “lupi rancorosi”, insieme al Minotauro ed alla Medusa, ci finisce pure la “Banda della Posta” che, con l’esecuzione di “Franceschina la calitrana”, regala al pubblico del Gesualdo un assaggio in salsa “country-western” di quella ricerca delle radici che, presto, Vinicio presenterà al suo pubblico in un prossimo lavoro. Ma, quando le luci della gabbia dorata si spengono, “perche è dal ’93, da almeno quindici anni, che, come tutti, mi sento un po’ in gabbia” e, sul palco, resta Vinicio, il suo pianoforte, e l’insegna tenue e sbilenca del suo “Solo Show” che il cantautore, con “Ovunque proteggi”, compie il suo esorcismo dolce “a protezione del vento, del buio e delle cose che – nella metafisica del paesaggio – ci fanno paura”, per una terra, in cui “la notte è bella da soli”, fatta di paesi vuoti da dove, come nella scena finale del film “La donnaccia”, per nuovi motivi, “con sassi nelle scarpe e polvere sul cuore” si continua ad andar via.
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Imbriano: "Non si cancelli il reddito di cittadinanza in Campania".
"È incomprensibile la scelta dell'Assessore D'Antonio", così Gennaro
Imbriano, Segretario provinciale del Prc, interviene in merito alla proposta
di cancellazione del reddito di cittadinanza avanzata dall'Assessore
regionale al Bilancio.
"Sarebbe un insopportabile passo indietro. Basti pensare che solo alcuni
giorni fa, il 9 ottobre scorso, il Parlamento Europeo, quasi all´unanimità,
ha approvato una risoluzione presentata dalla deputata Gabriele Zimmer, in
cui si invitano "gli Stati membri a definire meccanismi di reddito
garantito" per combattere la povertà e l'esclusione sociale.
La mia non è la difesa d'ufficio di una misura che Rifondazione e la
sinistra hanno chiesto e ottenuto negli anni scorsi. Ma considero che
cancellare il reddito di cittadinanza sarebbe un errore, che renderebbe
ancora più difficile la vita di 18 mila famiglie campane. Soprattutto oggi,
nel pieno di una pesantissima crisi economica, che purtroppo vedrà crescere
la povertà e le diseguaglianze nel nostro Paese e segnatamente nel
Mezzogiorno".
"Non sfugge a nessuno -conclude Imbriano- la necessità di riformare, al
termine della fase di sperimentazione, il reddito di cittadinanza. Ma questo
non può significare tagliare le risorse, mentre bisognerebbe ragionare del
superamento di una serie di limiti che si sono resi evidenti a partire dalla
veridicità delle domande presentate.
Ora ognuno deve fare la sua parte: sicuramente la Regione Campania, ma
anche il Governo Berlusconi: non si può pensare di ripianare i bilanci dei
banchieri e non investire a favore della solidarietà e del welfare".
Imbriano, Segretario provinciale del Prc, interviene in merito alla proposta
di cancellazione del reddito di cittadinanza avanzata dall'Assessore
regionale al Bilancio.
"Sarebbe un insopportabile passo indietro. Basti pensare che solo alcuni
giorni fa, il 9 ottobre scorso, il Parlamento Europeo, quasi all´unanimità,
ha approvato una risoluzione presentata dalla deputata Gabriele Zimmer, in
cui si invitano "gli Stati membri a definire meccanismi di reddito
garantito" per combattere la povertà e l'esclusione sociale.
La mia non è la difesa d'ufficio di una misura che Rifondazione e la
sinistra hanno chiesto e ottenuto negli anni scorsi. Ma considero che
cancellare il reddito di cittadinanza sarebbe un errore, che renderebbe
ancora più difficile la vita di 18 mila famiglie campane. Soprattutto oggi,
nel pieno di una pesantissima crisi economica, che purtroppo vedrà crescere
la povertà e le diseguaglianze nel nostro Paese e segnatamente nel
Mezzogiorno".
"Non sfugge a nessuno -conclude Imbriano- la necessità di riformare, al
termine della fase di sperimentazione, il reddito di cittadinanza. Ma questo
non può significare tagliare le risorse, mentre bisognerebbe ragionare del
superamento di una serie di limiti che si sono resi evidenti a partire dalla
veridicità delle domande presentate.
Ora ognuno deve fare la sua parte: sicuramente la Regione Campania, ma
anche il Governo Berlusconi: non si può pensare di ripianare i bilanci dei
banchieri e non investire a favore della solidarietà e del welfare".
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Rinviata di un giorno l'assemblea degli LSU, a Calitri.
Lavoratori Socialmente Utili per la stabilizzazione contro la precarietà
CALITRI
Sala ex Eca
ore 17:30
Martedì 11/11
ASSEMBLEA PROVINCIALE
Introduce:
G. Imbriano / Segretario provinciale Prc-Se
Intervengono:
G. Di Milia / Presidente CM Alta Irpinia
M. Di Cosmo / Assessore Comune di Calitri
M. Giugliano / Segretario NIDIL-Cgil
G. Petracca / Segreteria UIL
M. Melchionna / Segretario CISL
M. D'Acunto/ Segreteria FP-Cgil
Amministratori e LSU dell'Irpinia
on. Corrado Gabriele / Assessore regionale al Lavoro
CALITRI
Sala ex Eca
ore 17:30
Martedì 11/11
ASSEMBLEA PROVINCIALE
Introduce:
G. Imbriano / Segretario provinciale Prc-Se
Intervengono:
G. Di Milia / Presidente CM Alta Irpinia
M. Di Cosmo / Assessore Comune di Calitri
M. Giugliano / Segretario NIDIL-Cgil
G. Petracca / Segreteria UIL
M. Melchionna / Segretario CISL
M. D'Acunto/ Segreteria FP-Cgil
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on. Corrado Gabriele / Assessore regionale al Lavoro
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venerdì 7 novembre 2008
Non aver paura, è arrivato l'uomo nero...
di Michele De Palma - Liberazione
L'attesa è finita che cominciava ad albeggiare. Siamo rimasti ad aspettare l'annuncio davanti alla Tv per tutta la notte. Su facebook scambi in bacheca e chat intasate, fino alle cinque, quando la Cnn ufficializza che l'uomo nero e giovane è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Sì, è successo, mentre nei mesi scorsi in molti, malati di ipermetropia, vedevano così lontano da sapere che quel sogno sarebbe caduto in terra nell'aritmetica concreta e realista della democrazia pragmatica americana. Saccenti e cattedratici non guardavano o non volevano vedere neri, donne, giovani, passare il tempo a studiare e scrivere una poesia collettiva. Volontari della speranza che sapevano che una poesia è emozioni ma anche il calcolo della metrica, geometrie di rime, speranze al quadrato. Rima baciata di persone in fila davanti ai seggi elettorali. Obama non è merce da supermarket. È anche una buona operazione di marketing elettorale, ma è prima di tutta la spinta di una lunga marcia per i diritti civili, le azioni di disobbedienza dei neri, l'occupazione e le lotte nelle università, il movimento noglobal, fino a quello pacifista. Non è un uomo che cambia la storia, ma ne simboleggia la svolta. Il sogno degli afroamericani è diventato sogno collettivo, generale e sorrido nel pensare a chi aspetta la dichiarazione poco di sinistra o la scelta poco socialdemocratica. Oggi quello che conta è che l'impossibile è diventato una realtà collettiva: "Yes, we can". Il resto è chiacchiere e rincorse per salire sul carro del vincitore e ce n'sono per tutti i gusti: conservatori italici convertiti e democratici liberisti della prima ora, con sempre in mano la bandiera a stelle e strisce. Nel secolo post - americano, troveremo anche antiamericani armati di vecchi occhiali a cui se si indica la luna, loro ostinatamente continuano a guardare il dito. Gli americani non hanno mandato a casa i repubblicani e eletto Barak Obama. Hanno compiuto un atto di coraggio. Gli americani hanno cominciato a vincere la paura. La bestia che abitava la pancia del popolo e che aveva eletto Bush per due volte e sostenuto la guerra unilaterale, Guantanamo, le leggi antiterrorismo, il taglio delle spese sociali, ecc è uscita sconfitta dalla battaglia elettorale con una mobilitazione generale e una affluenza alle urne incredibile.
Forse tutto questo è spiegato meglio da mia madre, che mi ha chiamato alle otto stamane. "Hai visto - mi ha detto - abbiamo vinto" e poi ha aggiunto: "da domani, alla nipotina, quando avrà paura le dirò: non preoccuparti, piccola, è arrivato l'uomo nero".
06/11/2008
L'attesa è finita che cominciava ad albeggiare. Siamo rimasti ad aspettare l'annuncio davanti alla Tv per tutta la notte. Su facebook scambi in bacheca e chat intasate, fino alle cinque, quando la Cnn ufficializza che l'uomo nero e giovane è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Sì, è successo, mentre nei mesi scorsi in molti, malati di ipermetropia, vedevano così lontano da sapere che quel sogno sarebbe caduto in terra nell'aritmetica concreta e realista della democrazia pragmatica americana. Saccenti e cattedratici non guardavano o non volevano vedere neri, donne, giovani, passare il tempo a studiare e scrivere una poesia collettiva. Volontari della speranza che sapevano che una poesia è emozioni ma anche il calcolo della metrica, geometrie di rime, speranze al quadrato. Rima baciata di persone in fila davanti ai seggi elettorali. Obama non è merce da supermarket. È anche una buona operazione di marketing elettorale, ma è prima di tutta la spinta di una lunga marcia per i diritti civili, le azioni di disobbedienza dei neri, l'occupazione e le lotte nelle università, il movimento noglobal, fino a quello pacifista. Non è un uomo che cambia la storia, ma ne simboleggia la svolta. Il sogno degli afroamericani è diventato sogno collettivo, generale e sorrido nel pensare a chi aspetta la dichiarazione poco di sinistra o la scelta poco socialdemocratica. Oggi quello che conta è che l'impossibile è diventato una realtà collettiva: "Yes, we can". Il resto è chiacchiere e rincorse per salire sul carro del vincitore e ce n'sono per tutti i gusti: conservatori italici convertiti e democratici liberisti della prima ora, con sempre in mano la bandiera a stelle e strisce. Nel secolo post - americano, troveremo anche antiamericani armati di vecchi occhiali a cui se si indica la luna, loro ostinatamente continuano a guardare il dito. Gli americani non hanno mandato a casa i repubblicani e eletto Barak Obama. Hanno compiuto un atto di coraggio. Gli americani hanno cominciato a vincere la paura. La bestia che abitava la pancia del popolo e che aveva eletto Bush per due volte e sostenuto la guerra unilaterale, Guantanamo, le leggi antiterrorismo, il taglio delle spese sociali, ecc è uscita sconfitta dalla battaglia elettorale con una mobilitazione generale e una affluenza alle urne incredibile.
Forse tutto questo è spiegato meglio da mia madre, che mi ha chiamato alle otto stamane. "Hai visto - mi ha detto - abbiamo vinto" e poi ha aggiunto: "da domani, alla nipotina, quando avrà paura le dirò: non preoccuparti, piccola, è arrivato l'uomo nero".
06/11/2008
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