Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Generoso Bruno, inviata al quotidiano Ottopagine, in risposta all'intervento di Sandro Feola (Udc) in merito alla presenza di Oreste Scalzone in Irpinia.Gentilissimo Direttore,
sollecitato dall’intervento, di alcuni giorni fa, sul suo giornale, a firma di Sandro Feola e, ancor di più, da uno scambio di opinioni con alcuni amici e compagni le invio queste poche righe sperando che possano trovare pubblicazione.
Con piacere, dopo quasi un anno, la scorsa settimana ho rivisto Oreste Scalzone. Arrivava in Irpinia su invito dei Giovani Comunisti e di Rifondazione per una prima iniziativa, a Villamaina, legata alla mostra dei manifesti del maggio francese del ‘68. Di Oreste mi stupisce la ferma volontà di attraversare e di voler vedere da vicino le cose, i fatti, gli avvenimenti. Ed è, così, solo in questa maniera, che riesco a spiegarmi le notti passate ai presidii di Chiaiano o quella voglia di costruire relazioni e nuovi punti di connessione con i mutati scenari.
Scalzone è, quindi, persona vitale, curiosa, colta e, nonostante tutto, non è un reduce. Non offre la sua storia, ma, al contrario, sembra, disperatamente, volerne apprenderne di altre.
Non è l’uomo delle ricorrenze o degli anniversari, se non, forse, per una suonata di fisarmonica. Eppure, quel 16 marzo del ’68, a Roma, alla Sapienza, fu la storia, rompendogli la colonna vertebrale, a precipitargli addosso: il movimento, gli studenti, l’autunno caldo, Potere Operaio, l’Autonomia, il lungo attraversamento dal ’68 al ’77, il suggestivo quanto falso teorema accusatorio del Pm padovano Pietro Calogero, la fuga e l’esilio in Francia.
L’intera parabola di quel lungo sessantotto italiano, il “vogliamo tutto” come risposta di una generazione, o almeno di una larga parte di essa, rispetto ad una fortissima domanda di trasformazione capace di mutare in maniera radicale ed irreversibile le vite dei singoli e l’intera società. Si tentò, come Icaro, l’assalto al cielo, pur sapendo che era difficile, quasi impossibile. Così in alto e così vicino al sole.
E’ vero. Non tutto fu così romantico. La contiguità di certi ambienti con il terrorismo, sconfitto sia dalla fermezza del Pci ma anche, e, sicuramente, per motivi diversi – né con lo Stato né con le Br - dal movimento e dalla stessa Autonomia. Furono anni difficili. Inaugurati dalla violenza della repressione di piazza, il rischio concreto della svolta autoritaria, di tipo cileno, - Ankara, Atene, adesso Roma viene, scandivano i neofascisti nei loro cortei - i servizi deviati e le stragi di stato. Il quotidiano “bodycount” dei ragazzi morti ammazzati, rossi e neri, nel “gioco” di una giovane guerra civile per le strade d’Italia.
Sandro Feola, nel suo intervento ospitato da Ottopagine, pur tra diverse ed allusive imprecisioni sulla vita di Oreste Scalzone, cita un fatto, l’aiuto dato da Scalzone, per sua stessa ammissione, alla fuga degli autori del rogo di Primavalle. Su questa vicenda, tristissima, spero che le parole scritte da Lanfranco Pace, pochi anni fa, su Il Foglio, possano rappresentare il sentimento di quelli che c’erano: “Avremmo potuto consegnarli alla magistratura… Chiedere perdono alla famiglia Mattei… Avremmo potuto farlo, ma non lo facemmo. Ci sarebbe voluta tanta grandezza… Non ricordo tanta comprensione né tanta solidale vicinanza come quella volta che predicammo il falso”.
A parlare di quegli anni, quindi, occorre, comunque, prima di tutto, rispetto. Per le vite di chi non c’è più e per quelle di chi, invece, continua ad esserci. E’ troppo facile compiere l’esercizio di lettura, con le lenti che oggi ci ritroviamo sul naso, di una realtà lontana, gli ultimi decenni del secolo breve, e così profondamente diversa da quella odierna.
Una realtà, quella attuale, modulata e scandita dalla progressione della sconfitta iniziata nella Torino operaia con la marcia dei quarantamila e proseguita con gli effetti della riorganizzazione del capitale, dalla stessa produzione delle merci, dalla mutazione del luogo, la fabbrica, e dei soggetti, la molecolarizzazione della classe, in quello che è stato l’allineamento alle politiche della nuova stagione del neoliberismo su scala globale. La politica di oggi galleggia, per decenza ometto di dire cosa mi ricorda, sul limaccioso acquitrino prodotto dall’onda lunga del riflusso degli anni ’80, è lì che risiede la vittoria culturale della destra ed il “farepolitica” mutato. Sarebbe, quindi, interessantissimo ascoltare Franco Piperno, docente di fisica all’università di Cosenza, ex di Potere Operaio, tenere una lezione sul galleggiamento di un corpo in un liquido. Chissà se non finiremmo, addirittura, col capirne di più.
Generoso Bruno