giovedì 12 marzo 2009

Saper immaginare.

Che succede a vivere al centro di una piattaforma logistica integrata? Non so quale risposta potrebbe offrire un comune cittadino a questa domanda. Riesco ad immaginare bene, però, il senso d’insicurezza e di precarietà che quella stessa persona potrebbe trasmettere se, proprio a lui, toccasse esporre il racconto e la narrazione dell’attuale crisi. Come spesso succede, comincerebbe col descrivere la difficoltà propria e la generale percezione relativa alla riduzione di opportunità che abita questi tempi e questi luoghi. Il due febbraio scorso, a rappresentare queste storie al governo paracadutato in Irpinia, insieme alla Cgil ed alla Sinistra, nel presidio al Gesualdo c’erano, ad esempio, i lavoratori della Cablauto e quelli della Fma. Storie di fatica, quindi, di Fiat e di automobile che solo poco più di dieci anni fa, invece che descrivere il clima dell’attuale “dismissione”, giusto per citare il romanzo di Ermanno Rea, avrebbero raccontato il senso di una battaglia “progressiva”, che, a Pratola Serra, pur nella sconfitta, pose, prima della Fiat di Melfi, il tema del salario, dell’orario e dei tempi di vita, infilando, inizialmente, di contropiede, anche il sindacato. Oggi non è così. Alla piazza dello sciopero generale dei metalmeccanici e della funzione pubblica si è sentita l’assenza del maggiore partito d’opposizione presente in parlamento, come, al Gesualdo quella del partito di maggioranza relativa in Irpinia. Bene ha fatto la Cgil, con l’intervento di Petroziello, alla conferenza programmatica del Pd a porre la questione. E, descrivendo il tentativo delle destre d’isolare la Cgil, a porre il tema dell’unità della Sinistra e del centrosinistra nella costruzione, già dalle prossime elezioni amministrative, un riferimento nel governo dei territori capace di porre al centro il tema del lavoro e della speranza. La fine dell’autosufficienza del Pd, deflagrata assieme a Veltroni all’apertura delle urne sarde, pone, dai territori, una nuova declinazione del tema delle alleanze. Non tanto o, forse, non solo, per consentire il “più uno” per battere il Pdl, quanto per cominciare a costruire un nuovo senso comune capace di contrastare quell’egemonia della destra che, popolando sogni, desideri e paure, agisce sin dal livello onirico essendo, per dirla quasi con le parole di Pasolini, avvenuta, ormai, la saldatura tra gli eredi del “fascismo archeologico” e “quella che i sociologi chiamano società dei consumi”. Occorre, per il centrosinistra, lavorare al tema del governo. Mutare l’idea stessa del potere. Sovvertire la percezione proprietaria che, troppo spesso, le istituzioni locali hanno trasmesso. Aprire, quindi, al tema della partecipazione popolare. La scelta delle primarie nella città capoluogo se, successivamente, non accompagnata da questa tensione potrebbe servire a poco. Con l’abolizione dei consigli circoscrizionali è il mutato quadro delle istituzioni comunali a necessitare di un’evoluzione, anche statutaria, verso l’inclusione e la partecipazione popolare a cominciare dai temi del bilancio a quelli dell’urbanistica verso un’apertura di sostanza alle associazioni, ai gruppi informali ed ai comitati anche nella possibilità dell’elaborazione della proposta. Confronto, vero, e decisione. Apertura e, quindi, scelta di governo, a cominciare dal piano strategico. Ad Avellino, come nella Fedora delle città invisibili di Italo Calvino, troppe cose, dal dopoterremoto ad oggi, sono state accettate come necessarie mentre non lo erano ed altre, invece, immaginate come possibili mentre un minuto dopo non lo erano più. Uno dei temi dei prossimi anni sarà quello degli spazi, della loro fruizione e della loro gestione. Il chi ed il come per la ex-Gil, per il parco del Fenestrelle, per l’ex Distretto Militare, per la Casina del Principe; ripensando la città a cominciare dall’idea dei tempi e della mobilità. Storicamente Avellino, oltre l’insediamento sulla collina della Terra, si è rivelata città sottile, nel senso di città di transito e, solo successivamente, città burocratica. Oggi, invece, senza più vocazione, quasi capoluogo “a stento”, può trovare svolta come snodo di una rete, all’interno del Piano Territoriale Regionale, valorizzando sia l’idea della connessione tra territori che il ruolo di città dei servizi. Ripensare la città, allora, elaborando il profilo di una nuova vocazione. Rappresentando, sin dalle primarie, il tema e la necessità del cambiamento. A tutti noi, quindi, il coraggio di saper immaginare.

Generoso Bruno – MpS

3 commenti:

Anonimo ha detto...

http://www.rifondazionebrescia.it/

Anonimo ha detto...

"Anche alle pulci viene la tosse, recita l’adagio popolare.
Così anche Galasso nel corso della conferenza
programmatica si è voluto esibire in un appello all’unità
del centro sinistra rivolto in particolare alla sinistra che lo
contesta. Bisogna riconoscere che porta la sua faccia di
bronzo con notevole professionalità. Non si sa in quale
altra lingua dirgli che se ne deve andare e che con lui
sindaco il centro sinistra non si farà mai. Glielo
spieghiamo per l’ultima volta. Non possiamo accettare la
sua ricandidatura per le buone ragioni già illustrate in questi mesi e soprattutto perché non si può
essere nello stesso tempo amici di 33 e di Sinistra democratica. E’ chiaro? Basta o dobbiamo
continuare?
Il Pd, che conosce perfettamente queste cose, tace o parla d’altro. In realtà lasciando la città in mano
a questi personaggi esso dimostra di avere bisogno più di complici che di alleati. Il fatto è che il Pd
non riesce a smuovere gli ostacoli che bloccano la formazione di un nuovo centro sinistra. Perché
non vi riesce? Perché Galasso è uomo di De Luca, il grande timoniere (del Titanic).
Attenti. Non stiamo parlando solo di nomi. Dietro i nomi agiscono politiche, valori, l’eterno potere
clientelare che inquina il potere e la società. La sinistra che si illude di potere cambiare questa realtà
in tale compagnia o ha seri problemi intellettuali o è in malafede". Michele D'Ambrosio

Anonimo ha detto...

Ma Michele D'Ambrosio se ne è accorto solo adesso? Non sapeva quando cinque anni fa ha "barattato", alla Provincia, la De Simone per Maselli che consegnava la città a Galasso? Oppure, quando insieme a De Mita e Mancino ha costruito "l'operazione canaglia" contro Di Nunno, non sapeva di rendere più fragile una prospettiva di cambiamento in città? Non è stato, forse, Antonello Rotondi - assessore Ds poi esponente di Sd con lo stesso D'Ambrosio - a costruire nei primi due anni della consiliatura di Galasso, gli interventi che hanno modificato - accogliendo tutti i suggerimenti di Nicola Mancino & Co - il PUC costruito da Di Nunno?
Oggi, paradossalmente, il carnefice del centrosinistra cittadino, proponendo la candidatura di Gengaro, si allea con una parte delle sue vittime...
Allora, chi è in malafede?