mercoledì 4 febbraio 2009

Per una nuova sinistra.

di Nicola Santoro

Le ultime elezioni politiche hanno decretato per la sinistra un risultato
politico francamente disastroso per la sua portata: per la prima volta,
l'assenza nel Parlamento. Si apre così nel PRC, inaspettatamente, una fase
drammatica e lacerante di confronto/scontro che da subito (!) prende il via
quando Ferrero, ministro uscente del governo Prodi, trova nel gruppo
dirigente del partito il "capro espiatorio", si sviluppa in una guerra senza
quartiere - unilateralmente dichiarata - contro questi compagni, colpevoli
di ogni bassezza politica, ed ha il suo "naturale " epilogo nel Congresso di
Chianciano dove la mozione Vendola (maggioranza relativa del 47,3%) viene
posta in minoranza dalla singolare quanto variegata alleanza tra la mozione
Ferrero e le altre due; si giunge, in un clima da resa dei conti,
all'elezione per un soffio (142/281) a segretario del compagno Ferrero. E'
la "svolta a sinistra del PRC" (!) dichiara il neosegretario.

Il "nuovo" corso viene poi svelato da alcuni fatti: l'irrilevanza politica
assegnata ai compagni dell'area vendoliana, la volgare aggressione verbale
durante la manifestazione dell'11 ottobre e sulle pagine di Liberazione al
compagno Bertinotti, la dichiarazione di Ferrero sull'uso della storia del
partito; il fatto di certo emblematico e su cui riflettere, il licenziamento
del direttore di Liberazione, Piero Sansonetti, e la "liquidazione" di tutto
quel gruppo di lavoro perchè non in linea con la nuova maggioranza, in una
autoritaria visione di "giornale di partito", al contrario di ciò che questo
giornale era stato fino a quel momento, luogo di libero confronto aperto al
contributo di tanti; l'inopinato quanto inopportuno intervento sul
commissariamento del circolo cittadino nel quale, senza una approfondita
conoscenza dei fatti e per "motivazioni profondamente politiche", Ferrero si
avventura in una interpretazione di questi che lo porta a dare gravi giudizi
sulla Federazione provinciale, materializzando lo spettro di quella politica
- autoritaria ed autoreferenziale - che ha soffocato per anni questa
Federazione ma che è stata sconfitta con il Congresso del 2005. La semina
del germe della divisione ha dato i suoi frutti, forse da tempo attesi!.
Eppure si lanciano appelli alla "gestione unitaria" del partito sostenendo
che "è di tutti" e ci si erge a giudice degli altri. Chi intende dare
lezioni di democrazia e di correttezza deve agire di conseguenza. La verità
è che in questa maggioranza è viva una forte spinta ad operare
autisticamente piuttosto che a dialogare, ad acutizzare la contrapposizione
piuttosto che a stemperarla, a dividere piuttosto che ad aggregare.

L'aspetto di tutta questa vicenda che mi è parso insopportabile è il clima
da "resa dei conti" creato, dove il vincolo di appartenenza, elemento
necessario - tanto più in un partito comunista - per riconoscersi
"comunità", sembra non trovare più cittadinanza! Parafrasando Asor Rosa, si
può dire che siamo giunti più ad un punto di arrivo che di partenza.

Ma ciò detto. In una fase storica drammaticamente difficile, in cui la
globalizzazione selvaggia ha dilaniato la società individualizzando ogni
espressione di comunità (mondo del lavoro, città, famiglia), in cui siamo di
fronte ad un forte arretramento della società sul piano dei diritti civili,
ad una destra così aggressiva e d'altra parte così presente, ad un paese
sempre più spostato a destra, credo che il devastante risultato elettorale
imponga una profonda ed attenta riflessione. Innanzitutto sulle cause del
perchè il disagio e la protesta non ci vedono più come referenti ma prendono
altre strade (spostamento a destra del voto operaio), come se si fosse
spezzato il legame tradizionale fra sinistra e ceti sfruttati, in una sorta
di allarmante schizofrenia tra coscienza politica e sociale; anche sul fatto
che, in questi termini, non è più solo una sconfitta politica ma, come ha
notato Bertinotti "culturale....una crisi epocale" che attiene alla capacità
di cogliere le sfumature di un mondo che è cambiato, di interpretare il
disagio, i bisogni e rispetto a cui il partito rischia di essere solo
elemento di testimonianza: è a rischio la nostra stessa esistenza
politica!!. Questo terremoto epocale si può affrontare e superare con la
semplicistica ricetta dell'identitarismo, del miope arroccamento sulle
proprie posizioni chiudendosi nel fortino della propria ideologia come fa
Ferrero e la maggioranza del partito. E' pensabile che sbandierare con forza
i propri simboli, come carta d'identità, possa essere la strada per
rilanciare politicamente il PRC e "ripartire dal basso" come sostiene
Ferrero; è proponibile quale modalità per costruire una forte ed incisiva
opposizione il "ricominciare" prendendo impulso da una sorta di
preguidizialismo di chi tiene più alle proprie radici come punto di
differenza piuttosto che dal dialogo da una posizione aggregante. Eppure.

Le amministrative in Abruzzo credo diano bene il polso della reale
situazione. Il PRC ottiene solo il 2,84% e questa maggioranza, senza una
riflessione sulla evidente incapacità del PRC a intercettare voti
dell'elettorato in uscita dal PD e di quello che, in modo sempre più
massiccio, si astiene, esprime giudizi di soddisfazione! Di più, scopriamo
che è di attualità e appassiona la discussione sulla valenza del muro di
Berlino!!!! Autoconsolazione, astrattezza, semplificazione sembra che siano
l'abito politico di questa maggioranza e d'altra parte il segno di una
inadeguatezza, se non di una sorta di inconsapevolezza politica ad
affrontare i gravi e profondi problemi della società.

Penso che sia stringente per la sinistra riflettere su come sia possibile
uscire da sinistra dalla profonda crisi nella quale è precipitata perchè la
società chiede, ha bisogno di una vera e forte sinistra di opposizione in
una fase dove l'opposizione si esprime nell'inutile moderatismo del PD, nel
dannoso populismo dell'IdV - con il rischio che il risultato sia di ben
altro tipo.... - e nella marginalità evanescente di questo PRC. La scelta di
uscire dal PRC, mantenendo la propria identità politica, è fondata
innanzitutto sulla evidenza che questo partito è ormai altro
("irriconoscibile") rispetto a quello al quale abbiamo aderito per quanto
riguarda la strategia politica, tutta ripiegata su se stesso, ma anche per
il clima di rigida identificazione con la maggioranza che lo caratterizza;
due aspetti per la verità coerenti l'uno all'altro ma che riportano indietro
le lancette della storia: una visione monolitica della propria identità
politica articolata tra mito e rito. Di questo nessuno ne sente il bisogno,
tanto meno un moderno partito comunista - Vendola opportunamente ha
affermato che il comunismo dovrebbe essere difeso da alcuni comunisti -, e
tutti ne dobbiamo avere paura. Per uscire dalla crisi va ricostruito l'agire
politico e sociale, provando a dare un riferimento di vera opposizione a
quel grosso delle forze di sinistra diffuso nella società, non sempre
organizzato, che - giustamente - non si sente rappresentato da questa
opposizione ma che intende contare senza rimanere ai margini. Ecco la
necessità, l'impegno e la grande responsabilità che prende su di sè questo
progetto, il "Movimento per la sinistra"; un progetto per una nuova sinistra
aperta e plurale, che sappia ascoltare ed imparare dalle altre culture; più
forte e unitaria, che sia consapevole della propria insufficienza di fronte
a questo sommovimento; curiosa e attenta, che sappia interpretare una
società, assai più complessa e articolata di come altri la vedono; di
alternativa, che elabori e proponga un progetto credibile di cambiamento
della società; intelligente e d'impegno che non si limiti a raccogliere
consensi ma, come ha sostenuto Luciana Castellina, sia "capace di costruire
senso", per ritornare a vincere, innanzitutto, la battaglia culturale; di
passione, slancio, sogno che ricerchi un futuro migliore, perchè la politica
è tutto questo e non certo paura.

Dunque intraprendere e proporre questa strada non è, come qualcuno potrebbe
pensare, il rifugiarsi ancora una volta (ahi noi!) nella scissione, è
decisamente molto di più. Sono di fronte progetti politici sì diversi ma
francamente inconciliabili.

Dunque, mettiamoci in Movimento...

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