martedì 22 luglio 2008

Avellino: L'inchiesta de il manifesto.

di Astrit Dakli - il manifesto - sabato 19 luglio.
Quella di Astrit, credo, è una foto, volutamente, mossa, scattata al capoluogo irpino. E, come in tutti gli scatti in cui la messa a fuoco risulta, per chi conosce già il panorama, imprecisa lascia emergere con forza alcuni dettagli.
La città è quella, la gente, pure, gli spazi, anzi quegli interstizi di resistenza e di cittadinanza, a sinistra, sono proprio loro.
Il pezzo, uno scatto fotografico da "turista", agendo da un punto di vista altro riesce, comunque, a catturare alcune importanti verità, in una dimensione, se è possibile, ancora più vera, nonostante, o, forse, proprio grazie al fuori fuoco di alcuni elementi.
G.B.
IL CLUB DEGLI AVELLINESI RESISTENZE A SINISTRA NEL REGNO DI DE MITA

L'impegno politico nel cuore bianco della Campania, dove la maggioranza vuole ancora «morire democristina»: ci si ritrova in luoghi «privati», come «Zia Lidia social club», tra discussioni, film e libri per non rassegnarsi al dominio della destra e fronteggiare il declino dei partiti.
AVELLINO

Zia Lidia ha novant'anni, la voce ridotta a un mormorìo, le gambe che ormai non le permettono più di andarsene in giro. Di fatto è prigioniera del suo grande appartamento, dove un tempo abitavano in parecchi e ora invece vive lei sola, con una badante che la aiuta. «Sola», però, è un termine burocratico: in realtà zia Lidia sola non è per niente. Già da qualche anno ha scelto di aprire la sua casa e di trasformarla nella sede permanente di un club, un circolo politico-culturale fatto di amici e aperto a chiunque vi venga portato da uno dei soci. Nell'appartamento si proiettano film, si leggono poesie, si discute di politica: nel giro di tre-quattro anni, per buffo che possa parere, il Zia Lidia Social Club - e con esso la casa della signora - è diventato uno degli svincoli cruciali della sinistra avellinese, un luogo di incontro, iniziativa e comunicazione insostituibile. Non è l'unico, ovviamente: ci sono anche il bar Tony, la libreria Petrozziello, il negozio di dischi Ananas&Bananas, tutti in fila a pochi metri di distanza sul Corso principale della città, ormai pedonalizzato e teatro dello struscio serale - quando il tempo lo permette. Come la casa di zia Lidia, sono tutti luoghi di origine e perfino di aspetto vagamente «anni '70» nell'arredo semplice, un po' liso e demodé, così come nel contenuto merceologico: al bar non si ordinano cocktail alla moda ma bibite altrove quasi introvabili come il mix di aperol e cedrata, in libreria la selezione dei volumi esposti segue rigidi criteri qualitativi con poche concessioni al marketing imposto dai grandi editori, tra i dischi la parte del leone la fanno i vinili di jazz e classica. E i gestori sono tutti personaggi «importanti»: più giovani di una generazione rispetto a zia Lidia, ma come lei «a sinistra da sempre» e come lei decisi a giocare fino in fondo la partita, in sfida a ogni pensiero unico e a ogni senso comune dominante. Non è facile essere così, in una città come Avellino, da cinquant'anni feudo assoluto di Ciriaco De Mita e Nicola Mancino e democristiana nell'animo - tanto da rendere la vita complicata persino all'altrove dilagante destra berlusconica, che qui non ha mai sfondato alle amministrative. Solo nelle ultime politiche del 13-14 aprile la destra è riuscita a essere maggioritaria (non in provincia, comunque). Ma lo è stata più per le lacerazioni interne al Pd (contro il quale l'anziano don Ciriaco, escluso dalle candidature, ha presentato una lista propria, che non ha portato in parlamento nessuno però ha fatto danni seri all'elettorato) che per meriti propri. No, non è facile essere di sinistra qui, nonostante le tradizioni di lotta operaia e di impegno culturale e politico che in città risalgono ancora agli anni Cinquanta, e che in alcuni momenti hanno avuto qualche presa anche sul governo cittadino (l'ultima volta, alla fine del decennio scorso, con le giunte di centrosinistra del sindaco Di Nunno); però loro ci riescono benissimo: e anche con qualche successo commerciale, seppur faticoso. Tutti vivono il loro lavoro come una vera e propria missione educativa nei confronti dei giovani. Disobbedienza culturaleAntonio Petrozziello, per esempio, rivendica per la sua libreria (che appartiene alla sua famiglia dal '72 ma è attiva addirittura da fine '800) «un ruolo trasversale, di contatto tra aree diverse anche lontane tra loro, perché solo nella relazione con gli altri, nella comunicazione tra diversi, sta la radice dell'impegno culturale e politico». Così Antonio, che non nasconde affatto la sua vicinanza alla sinistra radicale, non ha paura di invitare per dibattiti e presentazioni di libri anche uomini di cultura vicini alla destra, purché si tratti di veri studiosi, non di personaggi da salotti tv. E cerca di coinvolgere i ragazzi che frequentano la libreria, promuovendo iniziative culturali. «A me piacciono le minoranze - dice - anche quelle interne ai diversi partiti, compresi i partitini della sinistra. E' tra queste minoranze che si trova lo spirito critico, la voglia di non essere ubbidienti...». Come lui anche Michele Campora, da 31 anni cerca di difendere il gusto per la buona musica dal diluvio commerciale che occupa le radio e le tv, e si ostina a parlare, spiegare, far ascoltare qualcosa a ogni giovane cliente. Alla porta accanto Antonio Capone, gestore del bar Tony, ricorda le lotte operaie degli anni '70-'80 - a un tiro di schioppo dalla città c'è Pratola Serra, con la fabbrica di motori Fiat, che all'epoca era la fabbrica dell'Alfa-Nissan «Arna» - e periodicamente cerca di dare lezioni di politica ai ragazzi che fanno tappa al suo bancone; «ma è inutile - brontola - sono bravi ma non possono capire cosa vuol dire far politica sul serio, come facevamo noi, ogni giorno a dar volantini ai cancelli, a lottare insieme alla gente che aveva dei bisogni seri...». E i partiti? Non dovrebbero essere loro a raccogliere e gestire le istanze politiche dei cittadini? «Qui abbiamo molti luoghi - quelli che hai visto e altri ancora - che rappresentano sacche di resistenza, spazi agibili scelti dalla gente», dice Rino De Vinco, un ragazzo già «veterano» di Genova 2001. «Purtroppo è difficile trovare questo spazio dentro Rifondazione, che pur è il partito di tutta questa gente che si ritrova altrove. E' un paradosso che delle case private siano vissute come luoghi pubblici, mentre dei luoghi pubblici come i circoli di Rifondazione sono gestiti come proprietà privata di pochi». Michela Mancusi, una delle più giovani anime del Zia Lidia Social Club, vede anche lei i partiti della sinistra - e in particolare il Prc, che in città ha la presenza maggiore - come «ambienti chiusi, dove ci si può inserire davvero solo se la pensi esattamente come loro. E per giunta ora sono anche divisi alla morte al loro interno, ognuno ha come nemico principale il suo compagno 'dell'altra mozione'. Noi siamo quasi tutti iscritti, ma è diventato davvero difficile stare lì dentro». C'è il fatto, che pesa, della marginalità istituzionale in cui le forze dell'Arcobaleno si sono ritrovate - dopo un periodo in cui nella giunta comunale c'era anche un rappresentante del Prc - adesso la giunta è tutta del Partito democratico (e di fatto in maggioranza composta di ex Dc, sotto l'incrollabile influenza di De Mita). Quella della sinistra radicale è una marginalità che produce impotenza politica e chiusura su se stessi, finendo con l'autoalimentarsi: in pratica, gli iscritti ai partiti arcobaleno finiscono col far politica altrove mentre i loro dirigenti elaborano strategie a volte discutibili, come la scelta di un giovane notabile, già in consiglio comunale con una lista civica di centrodestra, come candidato sindaco alle prossime comunali del 2009.Dentro il tunnelUn esempio tipico di questo distacco è rappresentato dalle ultime vicende urbanistiche cittadine e in particolare dalla «battaglia del tunnel», il sottovia che dovrebbe attraversare da nord a sud tutto il centro storico di Avellino, consentendone la pedonalizzazione. Un progetto che divide la stessa giunta Pd (gli assessori ex diessini ne vorrebbero una variante più lunga e completa, gli ex margheritini puntano invece a una variante con due grandi parcheggi sotterranei) e che è stato contestato rumorosamente da varie organizzazioni civiche. Tra queste in prima fila il Centro Donne, un'associazione ormai più che ventennale che ha sempre lavorato su temi culturali, più che politici o amministrativi. «Ma su questa faccenda abbiamo avuto un atteggiamento diverso», racconta Franca Troisi, una delle fondatrici. «Per la prima volta abbiamo messo le mani su una questione concreta, l'abbiamo studiata, discussa, ci siamo messe in rete con altri gruppi e associazioni, abbiamo comunicato con la città. E anche se non abbiamo ottenuto i risultati che volevamo, siamo cresciute molto. Be', su tutta questa storia abbiamo trovato sostegno e collaborazione anche a destra, mentre i partiti dell'Arcobaleno si sono distinti per assenza o, nel caso del Prc, assoluta incapacità di agire». Come che sia, i lavori del tunnel stanno andando avanti, sia pure a rilento e senza una chiara indicazione di quale sarà la variante finale.Altra vicenda che divide è quella dell'Eliseo: grande e pregevole edificio razionalista degli anni '30, già sede della Gioventù Littoria, poi cineteatro, caduto in abbandono e occupato alla fine degli anni '90 da un folto gruppo di ragazzi. Alla fine il Comune l'ha ripreso e restaurato (si trova proprio nel centro della città), ma non ha ancora deciso che farne, e l'edificio sta lì, transennato e chiuso, fra le pressioni della sinistra radicale (e in particolare dei giovani raccolti da Zia Lidia) che ne vorrebbero fare un luogo aperto e politicamente impegnato, e quelle opposte del Pd, che punta invece a trasformarlo in un museo del cinema. «Noi l'abbiamo chiesto in gestione per farne un centro multimediale - racconta Antonio Spagnuolo, presidente del circolo culturale ImmaginAzione - ma sappiamo già quel che ci diranno: prendetelo, ma non vi daremo neanche un euro di finanziamento. E senza finanziamenti, che possiamo fare?». Il circolo si considera erede dell'esperienza di Camillo Marino, intellettuale comunista avellinese fondatore nel '59, con Pasolini e D'Onofrio, del festival del cinema neorealista «Laceno d'Oro», ripreso nel 2007 dopo vent'anni di interruzione volontaria, dovuta ai tentativi di appropriarsene da parte di alcuni leader politici locali.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravo Generoso, hai ragione.
Questa foto lascia emergere con forza solo alcuni dettagli: quelli che hanno fatto comodo al “Virgilio” di questo giornalista lasciar trasparire. Solo alcuni particolari, perché il compagno Astrit Dakli si è dimenticato di inserire nella lista dei soggetti della sinistra resistente anche i ragazzi che si svegliano di buon ora la domenica mattina per montare gazebi in mezzo al corso di Avellino per parlare con la gente di salari e pensioni, diritto allo studio e cittadinanza. Si è dimenticato di inserire i ragazzi che non pranzano per trovarsi alle due del pomeriggio, al cambio del turno, davanti alle poche fabbriche di questa terra per ricucire una dolorosa frattura con i nostri operai. Si è dimenticato di inserire quei studenti che al di fuori di rifondazione comunista hanno dato vita al Comitato Studentesco Indipendente (CSI), esperienza importante per il già martoriato mondo della scuola. Si è dimenticato di inserire i gruppi di acquisto solidali. Si è dimenticato di inserire chi sta lottando da una vita per gli estimi catastali ad Avellino, opponendosi con tutte le forze a una truffa ai danni dei cittadini.
E poi l’attacco squallido nei confronti del circolo di Avellino. Ma davvero non volete mettere limiti al ridicolo. Se il circolo di Avellino mette in pratica il processo di unità delle forze della sinistra che tanto predicate voi bertinottiani non va bene. Se vanno da soli alle elezioni nemmeno va bene. Ma allora si può sapere cosa volete una volta per tutte?
E poi come spesso ripeto, quando si porta avanti una idea si deve stare anche nella posizione di portala avanti altrimenti si pone un problema di credibilità. E proprio chi da assessore uscente prende poco più di una trentina di voti non credibile.
Per dovere di cronaca la prossima volta fate scrivere anche questo.
Un abbraccio sincero nonostante mi hai deluso fortemente.
Mario

Anonimo ha detto...

La cronaca di un viaggio racconta delle emozioni... Neanch'io sono rimasto contento dal tipo di Prc che viene fuori da quell'articolo... Ma evidentemente è quello che traspare e, forse, è quello che siamo... Per la cronaca, con Astrit non credo di aver parlato per più di tre minuti.
Riguardo al resto, credo che abbia ben fotografato lo spirito di una città... Trovo eccessivo il tuo rancore e molte delle cose che dici sono il frutto dell'ascolto di una campana sola. Mi deludi... Informati meglio prima di scrivere cose poco opportune.
Trovo, ad ogni modo fuori luogo, da parte di chiunque, il poco rispetto per il lavoro e la professionalità... Non credi che magari, se gli sono state dette delle cose, di cui nell'articolo non c'è traccia, chi gli ha parlato può pure aver sbagliato la sua comunicazione?
Prima di mettere in discussione gli alri prova a porti dei dubbi su te stesso...
Quello di Astrit è un viaggio tra la sinistra diffusa nella città italiane non tra le organizzazioni dei partiti...
Il movimento studentesco, il lavoro politico ai cancelli, l'interessarsi alle questioni dell'amministrazione difendendo i cittadini... Sono la straordinaria normalità del lavoro politico di tutte e tutti noi... Non credo che ciò avvenga esclusivamente ad Avellino... Chi ti scrive lo fa da ven'anni... e chi ha scritto il pezzo per il manifesto saranno più o meno 40anni che vive la militanza a sinistra... Niente di nuovo, per nessuno, quindi... Tranne, forse, per chi adora tra una cosa e l'altra, girare le sue dita nel proprio ombelico...
La poca conoscenza, la presunzione, la supponenza, il minoritarismo a tutti i costi... distruggono i rapporti tra di noi e tra noi ed il resto del mondo. Spero presto di poter fare quattro chiacchiere insieme.
Ti abbraccio.
Generoso