venerdì 24 aprile 2009

Buonventicinqueaprile.


Nel discorso di Torino sulla democrazia, alla vigilia del 25 aprile, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ci ha ricordato che le principali istituzioni della democrazia , concepite in antitesi a ogni dispotismo, sono “la garanzia di diritti di libertà (in primis libertà di pensiero e di stampa), la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti e la tutela delle minoranze politiche“. Citando Norberto Bobbio, il presidente ha anche rammentato l’importanza della rappresentatività del Parlamento, dell’indipendenza della magistratura e del principio della legalità.

Non a caso il monito del garante della Costituzione arriva in un momento in cui sempre più spesso assistiamo all’arroganza di un esecutivo che, continuamente, a colpi di decreti, si appropria di prerogative legislative in nome della “governabilità”, spogliando di fatto il Parlamento delle proprie funzioni.

Il Capo dello Stato, che si è rivolto a Berlusconi pur senza citarlo direttamente, ha affermato che “oggi il governo dispone già di molto potere rispetto al Parlamento, essendo passato il tempo in cui le Camere prevalevano sull’esecutivo, e mette in guardia dalla continua richiesta di maggiori poteri che perviene dai vincitori delle elezioni, ammonendo che “la denuncia dell’ingovernabilità tende a suggerire soluzioni autoritarie“.

Il Presidente della Repubblica non poteva essere più netto nel bocciare il “berlusconismo” nella parte più incisiva e politica del suo intervento, che probabilmente è stato anche il più impegnativo dal suo insediamento al Quirinale.

La denuncia di Napolitano arriva dopo un periodo di duro scontro istituzionale, cominciato diversi mesi fa, e che ha visto nelle dichiarazioni del premier sul “caso Eluana”, il momento più critico. Proprio in quell’occasione Berlusconi aveva manifestato minacciosamente l’intenzione di svuotare i poteri del Capo dello Stato e di cambiare la Carta fondamentale che, secondo il premier, era nata “sotto l’influsso della fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione sovietica come un modello”.

In quelle dichiarazioni si condensa l’idea di fondo della democrazia secondo Berlusconi: governare senza alcun contrappeso, trasformare il Parlamento in una mera sede di ratifica delle decisioni governative, concentrare tutto il potere nelle proprie mani di una sola persona.

Un’idea plebiscitaria e autoritaria della democrazia nella quale, come afferma Stefano Rodotà si entra in ”una terra incognita” in cui “i diritti fondamentali delle persone non sono più affidati alla garanzia della legge, ma alle pulsioni delle maggioranze” con l’effetto di sconvolgere la stessa democrazia costituzionale che sulla Carta si fonda e che induce il Capo dello stato a ribadire che “la Costituzione repubblicana non è una specie di residuato bellico come da qualche parte si verrebbe talvolta fare intendere e che poggia sui valori maturati nell’opposizione al fascismo, nella Resistenza“.

Per questo non si può non essere d’accordo con Napolitano quando dice: “Rispettare la Costituzione significa anche riconoscere il ruolo fondamentale del controllo di costituzionalità, e dunque l’autorità di istituzioni di garanzia. Queste non dovrebbero formare mai oggetto di attacchi politici e di giudizi sprezzanti, al di là dell’espressione di responsabili riserve su loro specifiche decisioni”.

“La Costituzione non è una semplice carta dei valori. È legge fondamentale e legge suprema anche e innanzitutto nel segnare i limiti entro cui può svolgersi ogni potere costituito e viene disciplinata la stessa volontà sovrana del popolo”.

Potere costituito di cui il Parlamento è espressione, secondo una logica di rappresentatività della volontà popolare messa a dura prova da quelle norme che, concepite per evitare un’eccessiva frammentazione politica, hanno indebolito la rappresentanza stessa e messo in discussione la libertà di voto e che, in assenza di valide procedure di formazione delle candidature e di meccanismi di ancoraggio fra eletti, territorio ed elettori, hanno contribuito a indebolire la nostra democrazia.

Un vulnus che con la sciagurata richiesta di un “voto utile” ha menomato quel pluralismo, sociale, politico e istituzionale che costituisce la sostanza della democrazia, causando l’estromissione di alcune componenti politiche dal Parlamento e che la soglia di sbarramento europea, imposta dalla maggioranza con l’assenso di tutta l’attuale opposizione parlamentare , rischia di aggravare.

Per questo la ricorrenza del 25 aprile non è soltanto occasione di celebrazioni e di ricordi, ma, oggi più che mai, deve diventare occasione di riflessione sui rischi autoritari verso i quali può scivolare la nostra democrazia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Siete ancora in ferie?fregiove